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Distacco riscaldamento condominiale, le sentenze in materia

Riscaldamento condominiale, distacco, problemi e spese.
Avv. Eliana Messineo - Foro di Reggio Calabria 

Il problema del distacco di un'unità immobiliare dall'impianto di riscaldamento condominiale è sempre stato oggetto di orientamenti giurisprudenziali contrastanti ed anche l'introduzione della specifica previsione normativa nell'art. 1118 c.c., ad opera della Legge 220/2012 di Riforma del Condominio, non ha risolto tutti i problemi derivanti dall'applicazione pratica della disciplina.

Non sono mancate critiche all'attuale testo dell'art. 1118 comma 4 c.c. in virtù della sua peculiare formulazione che da un lato prevede (al comma 2) che il condòmino non può rinunciare al suo diritto sulle parti comuni, dall'altro (comma 4) può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini e, in tal caso, il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

Nel presente articolo passeremo in rassegna le principali pronunce in materia che offrono soluzioni alle diverse problematiche che a volte si registrano nell'esercizio del diritto di distacco del singolo condòmino dall'impianto comune.

Il primo quesito a cui occorre dar risposta è se sia legittimo il distacco del singolo condòmino dall'impianto di riscaldamento condominiale.

La giurisprudenza è univoca sul punto: in materia condominiale la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata da parte del singolo condòmino, mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, è da ritenersi pienamente legittima, purché l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né, tanto meno, squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio (ex multis, tra le più recenti: Trib. Roma n. 2787/2021; Trib. di Roma n. 8296/2020; Corte d'Appello Roma n. 787/2021).

I presupposti per il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato.

Quali sono i presupposti che legittimano il distacco dall'impianto comune di riscaldamento secondo l'attuale disciplina dettata dall'art. 1118 comma 4 c.c.?

Per rispondere a tale quesito che appare di preliminare importanza, vi sono due pronunce della Corte di Cassazione che offrono un quadro riassuntivo dei principi vigenti in materia.

  1. il condomino che intende distaccarsi deve fornire la prova che dal suo distacco non derivino notevoli squilibri all'impianto di riscaldamento o aggravi di spesa per gli altri condomini; e inoltre la preventiva informazione deve essere corredata dalla documentazione tecnica che provi l'assenza di "notevoli squilibri" e di "assenza di aggravi" per gli altri condomini che continuano a servirsi dell'impianto condominiale (Cass., sent. 3 novembre 2016, n. 22285);
  2. il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune oppure abbia offerto la prova che dal distacco non derivano un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, restando in tal caso esonerato solo dall'obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, a meno che il contrario non sia previsto dal regolamento condominiale;
  3. Pertanto è legittima la delibera condominiale che pone a carico anche dei condomini che si siano distaccati dall'impianto di riscaldamento le spese occorrenti per la sostituzione della caldaia, dato che l'impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale i distaccati possono comunque riallacciare la propria unità immobiliare;
  4. Inoltre il distaccante deve attestare la condizione dell'impianto precedente all'intervento di distacco e l'omessa attestazione di tali circostanze va imputata alla stessa condotta degli attori, i quali, proprio nella prospettiva di documentare la sussistenza delle condizioni per l'esonero, devono far precedere il distacco da una relazione tecnica che fotografi la situazione precedente il loro intervento (Cass., sent. 22 novembre 2016, n. 23756).

Vediamo di approfondire gli aspetti più salienti della materia di cui ai superiori punti, con l'ausilio della più recente giurisprudenza che offre le risposte ai quesiti più frequenti.

Il condòmino che si distacca paga le spese?

Anche a tale interrogativo la giurisprudenza ha dato risposta chiarendo le ragioni che giustificano la previsione normativa di cui all'art. 1118 comma 4 c.c. secondo cui "Il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma".

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6157 del 12 aprile 2021 ha infatti spiegato che soltanto le spese per la conservazione della cosa comune costituiscono obbligazioni propter rem per le quali il condomino non vi si può sottrarre, mentre quelle sostenute per il godimento delle cose comuni, avendo natura diversa, possono legittimamente essere unilateralmente rinunciate.

Così, in seguito a rinuncia al riscaldamento condominiale, operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, può venire meno l'obbligo di contribuzione alle spese per l'uso purché l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto né squilibri termici pregiudizievoli per la regolare erogazione del servizio.

Il distacco dal riscaldamento centralizzato in assenza di una delibera autorizzativa

In tal senso, anche il Tribunale di Roma che con sentenza n. 2787 del 16 febbraio 2021 ha chiarito che devono distinguersi le spese di conservazione dell'impianto da quelle dovute in relazione al suo uso e solo queste ultime non sono dovute se l'impianto non è utilizzato.

La ratio di tale distinzione, secondo il Tribunale sta nel fatto che l'art. 1118 c.c., secondo cui il condomino non può rinunciare al diritto sul bene comune per sottrarsi al contributo nelle spese, riguarda soltanto la prima tipologia di spese, quelle relative alla conservazione del bene; le c.d. spese di servizio, invece, non possono essere imputate ai condòmini che non utilizzano il bene comune.

Queste ultime, difatti, scaturendo dall'utilizzazione, ovvero da un fatto soggettivo e mutevole, distinto dalla misura di proprietà individuale, si differenziano dalle spese relative alla conservazione degli impianti in parola, che, appunto, costituiscono delle obbligazioni propter rem, per cui restano sempre proporzionate alla quota di proprietà individuale. L'esonero, tuttavia, non deve andare a discapito degli altri condomini.

Distacco dall'impianto comune: Clausola del regolamento contrattuale e spese per l'uso

Cosa accade invece nel caso in cui una clausola del regolamento condominiale ponga a carico del condòmino distaccatosi anche il contributo alle spese per il relativo uso (in aggiunta a quelle comunque dovute per la sua conservazione)? Tale clausola è legittima o è nulla?

Sul punto si segnala un contrasto di giurisprudenza delle Sezioni semplici della Corte di Cassazione.

In particolare, con ordinanza n. 11970 del 12 maggio 2017, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha deciso che nel condominio è nulla la clausola del regolamento che, in caso di legittimo distacco (in quanto non ne pregiudica il funzionamento) dall'impianto di riscaldamento centralizzato, ponga, a carico del condòmino distaccatosi, l'obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione.

Ove si ritenesse legittima tale clausola si vanificherebbe quello che è il principale ed auspicato beneficio che il condomino intende trarre dalla decisione di distaccarsi dal predetto impianto comune ossia quello di non pagare le spese di consumo sicché la clausola sarebbe in contrasto con l'intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all'effettivo consumo, come emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c. (nel testo successivo alla novella apportata dalla l. n. 220 del 2012), 26, comma 5, della l. n. 10 del 1991 e 9, comma 5, del d.lgs. n. 102 del 2014.

L'impianto di riscaldamento e il distacco del singolo

Di diverso avviso, la Sezione VI, Sottosezione II della Cassazione che con ordinanza n. 11970 del 12 maggio 2017, ha invece dichiarato valida nel condominio una clausola contenuta nel regolamento contrattuale che pone a carico del condòmino rinunciante o distaccatosi, l'obbligo di contribuire alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle che sono comunque dovute per la sua conservazione.

La Corte ha infatti spiegato che i condòmini possono regolare mediante un'espressa convenzione adottata all'unanimità, il contenuto dei loro diritti ed obblighi e, dunque, ferma l'indisponibilità del diritto al distacco, suddividere le spese relative all'impianto anche in deroga agli artt. 1123 e 1118 c.c., a ciò non ostando alcun vincolo pubblicistico di distribuzione di tali oneri condominiali dettato dall'esigenza dell'uso razionale delle risorse energetiche e del miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva affermato la legittimità di una deliberazione assembleare recettiva di una specifica clausola del regolamento contrattuale ed impositiva, a carico dei condomini distaccatisi dall'impianto centralizzato di riscaldamento, dell'obbligo di pagare la metà del contributo per l'uso dell'impianto medesimo).

In maniera conforme a quest'ultimo orientamento, anche l'ordinanza n. 32441 del 2019 che nel ribadire la nullità delle clausole dei regolamenti condominiali che vietano il distacco, precisa che invece è legittima la clausola del regolamento che obbliga il condomino rinunciante a concorrere alle spese per l'uso del servizio, poiché il criterio legale di ripartizione delle spese di gestione per la prestazione dei servizi resi nell'interesse comune, di cui all'art. 1123, co. 1, cod. civ., è derogabile. In senso conforme anche l'ordinanza n. 3060 del 10 febbraio 2020, n. 9387 del 2020.

Distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato: La quota fissa ed il consumo involontario

La giurisprudenza di merito ha chiarito il principio secondo il quale il condomino che rinuncia all'uso dell'impianto centralizzato di riscaldamento paga anche il c.d. consumo involontario, essendo peraltro ben possibile che una quota dei consumi venga addebitata in misura fissa.

Ed invero, mentre i consumi volontari, addebitati a quota variabile, sono quelli dovuti all'azione volontaria dell'utente e vanno ripartiti in base ai consumi effettivi, i consumi cd. involontari, addebitati a quota fissa, sono quelli indipendenti dall'azione dell'utente e, cioè, legati principalmente alle dispersioni di calore della rete di distribuzione, ai consumi relativi alle parti comuni ed ai costi per la manutenzione e gestione dell'impianto (ex multis, Tribunale di Savona, n. 111/2019, Tribunale Roma sez. V, 02/01/2019, n. 8; Tribunale Roma sez. V, 03/03/2020, n. 4652; Tribunale Savona, 03/05/2018, n. 502).

Più di recente, il Tribunale di Genova, sez. III, con sentenza del 02/02/2021, n. 221, ha ribadito che "La circostanza che alcuni condomini non siano collegati all'impianto termico e di produzione dell'acqua calda non vale ad escludere il loro obbligo di partecipare, quali comproprietari dell'impianto e potenziali fruitori, alle spese di manutenzione dello stesso, nonché alle spese relative al consumo involontario come previsto dalla normativa vigente".

Distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato: L'impossibilità tecnica di allaccio

La giurisprudenza ha individuato una specifica ipotesi di distacco dall'impianto comune che consente l'esenzione completa, per il condòmino distaccato, da qualunque spese compresa quella di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma, in deroga quindi a quanto dispone l'art. 1118 comma 4 c.c.

In particolare, la Corte di Cassazione con sentenza n. 18131 del 31 agosto 2020, richiamando precedenti pronunce di legittimità, ha ribadito che il mancato allaccio di un'unità immobiliare al nuovo impianto di riscaldamento condominiale, dipendente da impossibilità tecnica, non equivale al distacco di cui all'articolo 1118, quarto comma, del codice civile ed esonera l'unità da ogni contribuzione nelle spese dell'impianto comune.

Ed invero, la Suprema Corte ha rilevato che: "se in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia dell'impianto termico centralizzato, il mancato allaccio di un singolo condomino non si intenda quale volontà unilaterale dello stesso di rinuncia o distacco, ma appaia quale conseguenza della impossibilita' tecnica di fruizione del nuovo impianto condominiale a vantaggio di una unità immobiliare, restando impedito altresì un eventuale futuro riallaccio, deve ritenersi che tale condomino non sia più titolare di alcun diritto di comproprietà sull'impianto, e non debba perciò nemmeno più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa, essendo nulla la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali cui non sia comune l'impianto centralizzato, né siano serviti da esso" (Cass. Sez. 2, 03/10/2013, n. 22634; Cass. Sez. 2, 10/05/2012, n. 7182).

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