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Una clausola di natura contrattuale del regolamento può derogare al criterio di ripartizione delle spese previsto dalle norme sulla contabilizzazione di calore?

Il riparto degli oneri di riscaldamento nei caseggiati “contabilizzati” va fatto per legge in base al consumo effettivamente registrato.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

La spesa annua di combustibile connessa al consumo di calore per il riscaldamento va suddivisa in due quote: la quota volontaria, riconducibile all'azione del singolo utente che decide di utilizzare (o non utilizzare) il servizio di riscaldamento mediante l'apposita valvola presente in ogni radiatore; la quota involontaria, dovuta (principalmente anche se non esclusivamente) alle dispersioni dell'impianto.

Prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 73 del 2020, il calcolo delle spese per consumi involontari, secondo quanto previsto dall'articolo 9, comma 5 del Dlgs n. 102/14 doveva essere fatto secondo le regole della Uni 10200 (modificata nel tempo), determinando la percentuale di consumi addebitabile all'edificio (c.d. quota involontaria) per poi frazionarla secondo la tabella di fabbisogno calore tra tutti i condomini.

L'obbligo di ripartizione così come previsto dalla UNI 10200 poteva essere derogato dall'assemblea condominiale se, tramite relazione tecnica asseverata, fossero state certificate differenze di fabbisogno termico per metro quadro superiori al 50% tra due appartamenti.

Tale condizione autorizzava gli utenti a ripartire le spese attribuendo almeno il 70% al consumo volontario e il resto a quello involontario (D.Lgs. n. 141/2016).

Tale normativa poteva essere derogata da una clausola del regolamento di natura contrattuale? Una recente decisione del Tribunale di Milano ha recentemente fornito una risposta alla domanda (sentenza n. 8306 del 25 ottobre 2023).

Contabilizzazione di calore, criterio di ripartizione delle spese e norma di natura contrattuale del regolamento. Fatto e decisione

Una condomina citava in giudizio il condominio per ottenere la dichiarazione di nullità/annullabilità di una delibera relativamente ai punti 1 e 2 dell'ordine del giorno; in particolare l'attrice lamentava la difformità del criterio di riparto, previsto dal regolamento condominiale per le spese di riscaldamento, rispetto all'art. 9 D. Lgs n. 102/2014; scarsa intelligibilità di voci di bilancio; mancata contabilizzazione di un versamento di € 630,00; previsione di spesa per revisione contabile in assenza di un incarico.

Dagli atti e documenti prodotti emergeva che, in riferimento alle spese di riscaldamento/raffreddamento, l'art. 26 del regolamento condominiale contrattuale prevedeva quanto segue: "Le spese per il consumo del combustibile saranno ripartite al 20% in base ai metri cubi riscaldati dall'intero complesso e per l'80% in base alle letture dei misuratori di consumo rilevate ogni anno a fine gestione: Le spese di manutenzione della Centrale termica/condizionamento e relativi impianti saranno ripartite in base ai metri cubi riscaldati dall'intero complesso". Il condominio si costituiva chiedendo il rigetto delle domande.

Il Tribunale ha dato ragione ai condomini. Secondo il giudicante la norma del regolamento sopra detta non è in contrasto con l'art. 9 comma 5 lettera d), D. Lgs n. 102/2014, né con l'art. 16 D. Lgs n. 102/2014, di cui si è lamentata l'attrice.

Il Tribunale ha notato che il condominio - che ha ripartito le spese di riscaldamento secondo le indicazioni contenute nell'articolo 26 del regolamento - non ha mai ricevuto alcuna sanzione amministrativa, in quanto il caseggiato è dotato di valvole termostatiche nei singoli appartamenti.

Il giudice milanese ha affermato che il condominio si è adeguato alla norma tecnica UNI 10200 (al tempo dei fatti norma di carattere inderogabile), nel calcolare le spese di riscaldamento.

In ogni caso, lo stesso Tribunale ha precisato che allorquando vi è un regolamento di natura contrattuale, come nel caso in questione, l'autonomia negoziale può superare il vincolo pubblicistico.

Inoltre ha evidenziato che nel caso in oggetto, comunque, gli interessi pubblicistici al risparmio energetico (D. Lgs n. 102/2014), coincidono con il criterio di ripartizione degli oneri di riscaldamento, in base al consumo registrato (art. 26). Il giudicante ha notato infatti che l'art. 26 del regolamento di condominio prevede una ripartizione che privilegia il consumo effettivo ma prevede anche una minima percentuale di consumo per dispersione (consumo involontario).

La domanda dell'attrice perciò è stata rigettata.

Illegittima la suddivisione delle spese di riscaldamento operata secondo i criteri di una delibera regionale.

Considerazioni conclusive

Il D.Lgs. n. 73 del 2020 - che non è applicabile però al caso di specie per essere intervenuta la norma successivamente alla delibera impugnata - ha eliminato ogni riferimento alla norma UNI 10200.

Quando però era obbligatorio il ricorso all'UNI 10200, nel caso di contrasto tra l'interesse particolare del condomino a non vedere modificare i criteri di riparto previsti dal regolamento e l'interesse generale a favorire il risparmio energetico, quest'ultimo era destinato a prevalere.

Ne consegue che il diverso criterio eventualmente previsto dal regolamento avente origine contrattuale avrebbe dovuto essere considerato quale clausola nulla: unico criterio applicabile di doveva essere quello previsto dalla norma UNI 10200.

Lo stesso Tribunale di Milano ha affermato che la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 102/2014 riveste una finalità pubblicistica ed assurge quindi a norma imperativa vincolante e inderogabile, in quanto posta a tutela di un interesse generale e non meramente privatistico.

Di conseguenza il nuovo criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento ha carattere imperativo e, pertanto, non può essere derogato né da una delibera assembleare né da una norma di natura contrattuale del regolamento di condominio.

Pertanto, tutti i regolamenti contrattuali che dispongono diversamente sono, sul punto, contrari a legge (Trib. Milano, sez. XIII, 22 ottobre 2018, n.10703).

Dunque, ancorché il regolamento condominiale sia contrattuale, ovvero frutto dell'accordo originario delle parti, esso avrebbe dovuto essere superato da norme portatrici di un superiore interesse pubblico al contenimento dei consumi e all'utilizzo razionale dell'energia.

Sentenza
Scarica Trib. Milano 25 ottobre 2023 n. 8306
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