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Messa a norma dell'impianto elettrico condominiale: può decidere l'amministratore

La messa a norma dell'impianto elettrico condominiale va considerata intervento di manutenzione straordinaria urgente.
Avv. Alessandro Gallucci 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14300, pubblicata mediante deposito in cancelleria l'8 luglio 2020, ha espresso un principio particolarmente interessante in materia di messa a norma degli impianti condominiali, qui nello specifico dell'impianto elettrico.

Un principio a memoria nostra innovativo: in effetti la stessa pronuncia enunciandolo non cita a supporto precedenti.

La portata della decisione può essere sicuramente utile e di supporto per l'amministratore, che spesso ha le armi spuntate dinanzi all'inerzia dell'assemblea.

Eppure, lo vedremo qui di seguito, avventurarsi su questo terreno rischia di avere ripercussioni non chiaramente delineate in termini di responsabilità, tanto per l'amministratore quanto per i condòmini stessi.

Il punto cruciale, come sempre quando parliamo di condominio e manutenzione/conservazione/messa a norma delle parti comuni, è l'entità della spesa inerente agli interventi manutentivi.

Messa a norma dell'impianto elettrico condominiale, il caso

Dei condòmini impugnavano una delibera assembleare adottata nel 1997 (sic!) che tra le altre cose aveva approvato la spesa di adeguamento dell'impianto elettrico condominiale alle disposizioni di cui alla legge n. 46/1990 (oggi sostituita nel contenuto dal d.m. n. 37/08).

Le contestazioni sul punto erano 2 e riguardavano sia la spesa in sé considerata, in quanto non preventivamente disposto dall'assise, ma con quella delibera solamente ratificata e poi la ripartizione per quote millesimali di parte della spesa che secondo loro, invece, riguardava parti di proprietà esclusiva dell'impianto.

Si è arrivati in Cassazione dopo che in primo grado l'impugnativa era stata respinta, mentre l'appello degli originari attori trova minimo e parziale accoglimento, giungendo all'invalidazione della delibera «nella parte in cui, in sede di approvazione dei lavori di adeguamento a legge dell'impianto elettrico, aveva ripartito in base ai millesimi anche le spese relative ad interventi su parti di proprietà esclusiva» (Cass. 8 luglio 2020 n. 14300).

Un dettaglio, sul quale torneremo poi: i lavori di messa a norma dell'impianto elettrico condominiale avevano un costo di circa duemila e ottocento euro.

Messa a norma dell'impianto elettrico condominiale, la soluzione

Tra i motivi del ricorso in Cassazione v'era la censura all'impugnata sentenza di appello consistente nell'avere considerato legittima di approvazione della spesa di messa a norma dell'impianto elettrico condominiale, in quanto fino ad allora mai deliberata dall'assemblea.

Qui arriviamo all'elemento d'interesse e novità.

Il ricorso sul punto è stato rigettato.

Motivo? Si legge in sentenza che «è innegabile che l'adeguamento dell'impianto elettrico condominiale alle prescrizioni di cui alla legge n. 46/1990 costituisse intervento urgente di straordinaria manutenzione».

Manutenzione straordinaria urgente e amministratore condominio

Un'enunciazione di principio asciutta e non motivata con un ragionamento di supporto, fondata quindi essenzialmente sull'auto evidente considerazione che un impianto non può essere non conforme alla legge e che dunque è urgente, in quanto necessario, adeguarlo al disposto normativo.

Data questa considerazione, che riteniamo porre come presupposto dal principio, la Corte ne fa discendere una conseguenza: si legge in sentenza che «a nulla rileva che i relativi lavori non fossero stati preventivamente deliberati dall'assemblea condominiale.

Soccorre difatti il disposto dell'art. 1135, u.c., cod. civ. (nel testo applicabile ratione temporis), secondo cui "l'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne alla prima assemblea"».

Nel caso di specie chiude la Corte non vi sono ragioni di considerare illegittima la delibera condominiale in quanto a seguito dell'esecuzione del lavori, all'occorrenza disposti in via urgente dall'amministratore, l'assemblea si era limitata a ratificarli «e a farli propri, allorché, con la deliberazione assunta in data 20.9.1997 ed impugnata con l'originario atto di citazione, ha comunque "approvato il rendiconto e riparto relativi all'esercizio 1996/97, che prevede tra le voci «Spese Generali» la adeguamento legge n. 46/1990 per complessivi € 2.859,60"».

A rigore la ratifica, se si tratta di spese straordinarie urgenti, non è necessaria: ai sensi dell'art. 1135 c.c., infatti, l'amministratore deve comunicare quanto fatto in relazione agli interventi straordinari urgenti e l'assemblea prenderne atto. Al più l'assise potrebbe contestarne l'urgenza e quindi la competenza dell'amministratore, ma non è stato questo il caso di specie.

Messa a norma degli impianti condominiali, le prospettive

Il principio, inedito per certi versi, apre delle prospettive interessanti per quelle opere di necessario ammodernamento di beni ed impianti comuni, ma anche grandi interrogativi in termini di rischi, responsabilità e spese.

Nel caso di specie l'intervento di messa a norma dell'impianto elettrico condominiale costava poco meno di tre mila euro e la quota dell'impugnante non superava trecento euro.

In altri casi, però, pensiamo alla messa a norma delle autorimesse condominiali in relazione alle norme antincendio, il costo degli interventi è molto, molto più esoso e proprio la notevole entità delle opere congela ogni prerogativa dell'amministratore.

È stata opinione comune e unanime fino ad oggi, infatti, che a fronte dell'inerzia dell'assemblea, ove la spesa sia ingente, l'amministratore non possa agire d'ufficio per l'adeguamento normativo, ma debba limitarsi a riproporre ogni volta l'argomento in discussione, al fine di adempiere al proprio compiuto.

Il principio espresso, cioè che l'adeguamento dell'impianto condominiale alle norme di legge rappresenta intervento urgente di straordinaria manutenzione ex art. 1135 c.c. rappresenta un'indubbia novità.

Sempre? Che l'opera abbia un costo di tremila o trentamila euro?

Così fosse, cioè se quello che stiamo commentando fosse un nuovo orientamento dei giudici di legittimità, non v'è dubbio che la prospettiva che si aprirebbe potrebbe velocizzare l'ammodernamento del patrimonio immobiliare condominiale, ma rappresenterebbe anche un'incognita in relazione all'individuazione dell'esatta responsabilità dell'amministratore, alla ridefinizione del limite dei suoi poteri ed anche alla trasparente gestione di appalti di notevole entità.

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Sentenza
Scarica Cass. 8 luglio 2020 n. 14300
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