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Norme sul risparmio energetico e ripartizione costi in condominio

La normativa sul risparmio energetico, nello specifico in tema di termovalvole, può subire deroghe? Il verdetto del Tribunale di Brescia.
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

Com'è noto, uno dei temi di grande dibattito degli ultimi anni attiene al risparmio energetico in condominio.

Normativa di riferimento

In argomento occorre fare riferimento al D. Lgs. 102/2014, poi modificato dal D. Lgs. 141/2016, che, recependo la Direttiva Europea 2012/27, ha introdotto l'obbligo di adeguare gli impianti condominiali centralizzati con l'installazione di un sistema di contabilizzazione e termoregolazione, salvo alcune condizioni di dimostrata inconvenienza, entro il 31 dicembre del 2016.

Anteriormente a questa disposizione normativa, la spesa relativa al riscaldamento veniva suddivisa tra i condomini in ragione delle tabelle millesimali, o ai metri cubi consumati di vettore energetico, però senza mai considerare i cd. "effettivi consumi".

Il decreto legislativo 102/2014 (articolo 9, comma 5, lettera d) stabilisce - una volta installati i sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore - che le spese di riscaldamento fra i singoli condòmini siano ripartite in base ai criteri stabiliti dalla norma Uni 10200, attualmente in fase di revisione.

Tale norma, elaborata dalla Commissione tecnica del Comitato termotecnico italiano, si basa su un principio cardine presente anche nell'articolo 26, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, "Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia".

Il principio è che ciascun utente paga in base all'effettivo consumo registrato.

Poiché è una norma inderogabile, essa non può subire deroghe dal regolamento condominiale, neppure di natura contrattuale così come non può essere modificata dall'assemblea di condominio, anche se con voto unanime. In termini generali si ricorda che l'art. 1418 c.c. sanziona con la nullità i contratti o le singole clausole contrarie a norme imperative.

Quota volontaria e involontaria

Come detto, con la nuova normativa si applica la norma UNI 10200:2015, sulla cui base l'onere economico per il servizio di riscaldamento è dato dalla somma di una quota di consumo e una quota legata alla "potenza termica impegnata". Si parla in proposito di quota volontaria ed involontaria.

Con l'installazione dei ripartitori e valvole termostatiche nei singoli corpi scaldanti, il consumo per singola unità immobiliare è legata al prelievo di calore volontario proporzionale alla quota rilevata in ciascun ambiente riscaldato.

Ciò dipende dal livello di temperatura ambientale mantenuto dalla termovalvola, dalla dispersione termica dell'unità immobiliare (principalmente al livello di isolamento termico, al tipo di serramenti installati), dagli apporti solari e infine dalle abitudini degli abitanti l'alloggio. La lettura è nulla quando non viene prelevato calore.

L'altra quota da contabilizzare è in considerazione della potenza termica impegnata poiché è legata al consumo involontario (dovuto alle dispersioni dell'impianto) e alla spesa per la gestione della centrale termica, la manutenzione ordinaria e la gestione del servizio di contabilizzazione del calore.

Definito l'importo a livello condominiale, questa spesa viene ripartita sulla base dei millesimi di fabbisogno di energia termica utile per il riscaldamento (che sostituiscono le vecchie tabelle di metri cubi).

Questa quota serve per coprire i costi fissi del servizio di riscaldamento e non può essere azzerata; contribuiscono ad incrementarla gli appartamenti maggiormente disperdenti.

La proporzione tra le due voci di spesa non è definita dall'Assemblea, ma è determinata tramite un calcolo effettuato da un tecnico che considera le peculiarità del sistema edificio-impianto, distinguendosi pertanto da edificio a edificio.

La norma UNI 10200:2015 non prevede correzioni che tengano conto ad esempio della posizione dell'alloggio e delle sue superfici disperdenti.

Proprio su quest'ultimo aspetto è intervenuto il Tribunale di Brescia con la decisione del 8 aprile 2020.

La decisione del Tribunale Brescia 8 aprile 2020

Nel caso di specie una condomina con alloggio sito al primo piano sopra l'androne condominiale aperto e non coibentato, aveva impugnato la deliberazione assemblare di approvazione della diagnosi energetica e delle nuove tabelle per il riparto delle spese di riscaldamento e di acqua calda asserendo che una precedente decisione condominiale aveva autorizzato l'aggiunta di elementi radianti al proprio appartamento, ma a spese di tutti i condomini sulla cui base avrebbe conseguito un diritto quesito nei confronti dello stabile e che la delibera impugnata avrebbe di fatto illegittimamente revocato questo diritto.

Inoltre sosteneva che a seguito della normativa delle termovalvole, con le nuove tabelle approvate e applicate in ragione di essa, per avere la medesima temperatura ambientale interna, doveva sostenere una spesa ben superiore, tanto per i consumi volontari quanto per i consumi involontari, perché basati sulle termo valvole che misurano il riscaldamento in concreto erogato nel suo appartamento.

Da qui domandava se il nuovo sistema di riparto approvato a maggioranza dall'assemblea fosse obbligatorio ex lege e, soprattutto, se possa derogare ai diritti quesiti attribuiti dalla precedente assemblea, asserendo che il D. lgs n. 102/2014 non costituirebbe norma imperativa ed inderogabile e che quindi non avrebbe efficacia retroattiva.

Sviluppo dei sistemi di autoconsumo energetico.

Si costituiva il condominio chiedendo il rigetto delle domande attoree.

Il Tribunale, effettuato un excursus sul susseguirsi della normativa, ha concluso che, come rilevato dal tecnico, i coefficienti correttivi sono vietati dalla norma: la ratio è quella di favorire un minor o più oculato consumo delle energie atte a procurare la fonte calorica per il riscaldamento da cui discende l'imperatività del principio stesso.

La relazione tecnica

"… nella redazione del progetto di contabilizzazione e ripartizione delle spese di consumo del riscaldamento, è necessario tenere conto delle dispersioni di calore. Non sarebbe conforme alla normativa vigente e alla Uni 10200 non attribuire un valore - ancorché ipotetico e forfetario - alle dispersioni dell'impianto centrale che vadano a vantaggio di proprietà esclusive.

Come nel caso in cui i tubi di un impianto di riscaldamento centralizzato, attraversando gli appartamenti di proprietà esclusiva, apportino in favore degli stessi un vantaggio termico….

Nel calcolare il fabbisogno, il tecnico deve considerare solo le parti comuni ed eventualmente consigliare qualche modifica alle stesse (la realizzazione di un cappotto termico, la coibentazione del tetto, ecc.).

Sono invece escluse le migliorie che riguardano gli interni delle singole unità immobiliari (sostituzione degli infissi, isolamento delle pareti, ecc.), considerati ai fini della redazione della tabella interventi irrilevanti.

Esistono comunque dei casi in cui non è possibile tecnicamente applicare la norma Uni 10200 o non è proporzionato in termini di costi rispetto all'obiettivo del risparmio energetico.

Se le dispersioni di calore possono configurare un indebito vantaggio delle unità immobiliari. Analisi di una curiosa sentenza.

In tema, il dlgs 141/2016 - che ha modificato sul punto il Dlgs 102 - ha chiarito che ciò si verifica (anche, ma non solo), quando "... siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento".

In casi simili, in presenza di una relazione tecnica che attesti la differenza di fabbisogno termico, l'assemblea può decidere di suddividere le spese calcolando almeno il 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentuale in proporzione ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà.

Ora appare evidente che la suddivisione degli oneri dell'impianto di riscaldamento avvenga o per millesimi ed ai sensi della legge 102/14, con quel criterio dei consumi volontari ed involontari.

Salvo le differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, anzidette"…"

Conclusioni del Tribunale di Brescia

Affermati questi principi, si è ritenuto di escludere che la fattispecie in esame potesse rientrare in questa tipologia, mancandone i presupposti.

Partendo dal presupposto che la perizia tecnica deve essere fatta con riferimento a tutto il condominio o edificio polifunzionale, "la condizione di inefficienza in termini di costi indicata nella legge non può riferirsi ad una singola unità immobiliare e quindi esimere eventualmente tale unità dall'installazione dei dispositivi previsti e dalla conseguente suddivisione dei costi secondo i consumi individuali e non prevede la normativa fattori di compensazione.

Si deve avere riguardo per le dispersioni di calore dell'impianto, ossia perdite della rete di distribuzione, cioè le dispersioni del calore che avvengono dalle tubature prima che raggiungano gli appartamenti".

Date queste considerazioni, la questione sollevata dalla condomina impugnante riguarda la pretesa di un diritto quesito di riparto delle spese di riscaldamento da sostenere sostanzialmente (ritiene) a causa dell'androne.

La conclusione dell'autorità giudiziaria adita è che la situazione dell'immobile in proprietà esclusiva della condomina non può essere rapportata all'applicazione della norma (tecnico che verifica il complesso e stabilisce i fabbisogni anche individuali): essa deve trovare applicazione integrale nella sua ratio, essendo unica eccezione quella sopra riportata in termini di differenze del 50%.

Non può inoltre essere imputata al condominio la collocazione dell'immobile sopra l'androne e quindi un conseguente maggior costo di riscaldamento.

Essendo vero che il Condominio ha contribuito ad aumentare i radiatori della condomina, questo diritto quesito attiene a fatti anteriori alla normativa in questione che attiene al fabbisogno calorico calcolato che prescinde da quanti radiatori possa avere ogni singolo immobile esclusivo.

Ciò non significa che la maggior esposizione dell'immobile nel condominio, rispetto a quelli invece posti in piani superiori al primo e comunque non ultimi piani, debba o possa essere addebitata al complesso dei condomini.

Sentenza
Scarica Trib. Brescia 8 aprile 2020 n. 723
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