La vicenda. Tizio chiedeva l'annullamento della delibera asserendo che l'assemblea del Condominio convenuto, con il proprio voto contrario, avrebbe approvato un progetto gravemente erroneo in merito alla contabilizzazione e ripartizione delle spese di riscaldamento.
Secondo l'attore il progetto redatto dal tecnico (ingegnere) incaricato dal Condominio non avrebbe fatto corretta applicazione delle previsioni contenute nel D. Lgs. n. 102/2014 e delle norme UNI 10200/2015. A parere del condomino, le norme UNI 10200 prevedono che la contabilizzazione indiretta del calore vada effettuata con ripartitori applicati a tutti i radiatori delle unità immobiliari e che l'energia termica consumata debba essere suddivisa in base al tipo di consumo, ossia per riscaldamento comune o per le unità immobiliari. Il condominio convenuto, contestava l'avversa domanda.
Le contestazioni tecniche dell'attore. Secondo le motivazioni del condomino, il progetto del Tecnico incaricato non teneva conto del punto 11.6.1.1 della normativa UNI, in quanto non avrebbe adeguatamene considerato il calore erogato alle singole unità immobiliari dalle tubazioni a vista verticali, costituenti appunto i montanti verticali di alimentazione dei radiatori.
E ciò sul presupposto che l'impianto di cui trattasi rientri nelle previsioni di cui all'art. 9, comma 5, lett. c) e d), del citato D. Lgs. e che, dato il tipo di impianto, che presenta tubature a vista all'interno delle singole unità immobiliari, si sarebbe imposta l'applicazione di detta normativa UNI.
Pertanto, a parere della difesa dell'attore, occorreva, nella predisposizione del progetto, che "l'energia termica erogata dalle tubazioni a vista venisse convenzionalmente calcolata e rapportata in base alle temperature medie stagionali, determinando una quota fissa per ogni unità immobiliare; in particolare, per il tipo di impianto, e per le caratteristiche dei tubi esterni attraversanti le singole unità immobiliari, anche se in alcune unità immobiliari schermate o protette con strutture coprenti dai singoli, la dispersione avrebbe dovuto essere quantificata nella misura forfettaria, orientativamente, del 20%, da ripartire in base ai millesimi di proprietà".
La tesi contraria del CTU. A seguito di tali censure, il giudice adito autorizzava la CTU. Con la relazione tecnica d'ufficio, il tecnico incaricato dal giudice non condivideva la tesi dell'attore.
Secondo il CTU "era corretta l'indicazione dell'Ing. (incaricato dal condominio) in cui quantificava il consumo involontario pari a circa il 20%, ma errata era la considerazione secondo la quale la quota involontaria di consumo dovrebbe essere suddivisa in base ai millesimi di proprietà; la stessa, infatti, deve essere suddivisa in base ai millesimi di fabbisogno energetico di ciascuna unità immobiliare costituente il condominio, con espressa esclusione delle parti comuni… Il punto 11.6.1.1 della norma, alla quale l'Ing. del condominio fa riferimento, è inerente a impianti con tubi a vista con circolazione a gravità, ma nella fattispecie l'impianto è da considerarsi totalmente diverso, in quanto non a gravità, bensì a circolazione forzata garantita dalle pompe installate nel vano tecnologico …Si ribadisce pertanto che l'energia fornita dalle colonne montanti verticali del condominio in oggetto non deve essere considerata come apporto termico agli appartamenti, ma inglobata nella quota involontaria e ripartita tra i condomini secondo i millesimi di fabbisogno energetico di pertinenza calcolati dal progettista, in quanto l'impianto di specie è a circolazione forzata e non a gravità a circolazione naturale, come, invece, considerato dall'odierno attore".