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Il condomino che si stacca dal riscaldamento centralizzato continua a pagare le spese del carburante

Paga ancora la spese del centralizzato il condomino che non “fotografa” la situazione quando si stacca.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

"Il condomino continua a pagare le spese del carburante se manca la prova che il passaggio all'impianto autonomo non ha creato squilibri nel servizio per gli altri appartamenti e l'omissione risulta imputabile al proprietario esclusivo che ha voluto diventare termoautonomo: prima di realizzare l'intervento, infatti, ben avrebbe potuto commissionare una relazione tecnica che fotografasse la situazione esistente, in modo da precostituirsi una prova da spendere nel giudizio contro gli altri condomini".

Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23756 del 22 novembre 2016 in merito al distacco dall'impianto centralizzato.

I fatti di causa. Con atto di citazione, Tizio e Caio (condomini) convenivano in giudizio il proprio condominio e l'amministratore Sempronio (anch'esso condominio e proprietario con la maggior parte delle quote condominiali).

Gli attori, nel 1993, avevano comunicato all'amministratore il distacco del loro appartamento dall'impianto di riscaldamento centralizzato.

Il tutto avveniva previo consenso verbale dell'amministratore; tuttavia, nonostante ciò, il condominio pretendeva il pagamento dell'intera quota condominiale (comprensiva dei consumi di carburante).

Ciò premesso, gli attori chiedevano al giudice il loro diritto di utilizzare l'impianto autonomo di riscaldamento seguito dal distacco dall'impianto centralizzato con conseguente esonero della contribuzione alle spese di consumo (dal 1993); inoltre, la condanna di Sempronio al risarcimento danni subiti in conseguenza del distacco dal medesimo autorizzato (danni pari agli esborsi per i consumi di carburante).

In primo grado, il tribunale adito dichiarava inammissibile la domanda relativa all'accertamento del diritto al distacco.

In secondo grado, la corte di appello affermava l'erroneità della sentenza del tribunale in quanto fondata sul convincimento della necessità di una previa deliberazione assembleare (secondo i criteri di legge); tuttavia, rigettava la domanda attorea in quanto non vi era stata la prova dello status dei lavori e della condizione degli impianti al momento del distacco avvenuto nel 1993. Avverso tale pronuncia gli attori adivano la corte di cassazione.

Distacco dall'impianto centralizzato prima della riforma del condominio. La rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale da parte del singolo condomino, mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato, è da ritenersi pienamente legittima, purché l'interessato dimostri che dal suo operato non derivino né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né, tanto meno, squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio (In tal senso Cass. n. 5974/2004 Cass. n. 6923/2001 Cass. n. 1775/98; Cass. n. 1597/95; Cass.n. 4653/90).

Il distacco è dunque da ritenersi giuridicamente possibile: il condomino può, pertanto, legittimamente, rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, e, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell'impianto, è tenuto a partecipare a quelle di gestione, se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolva in un aumento degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini.

La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Cass. Sentenza n. 7518/2006).

Il distacco dal riscaldamento centralizzato in assenza di una delibera autorizzativa

L'esonero dalla contribuzione della spese di gestione.

In tal senso, la costante giurisprudenza della Corte ha, infatti, affermato che il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto comune, ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano né un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall'obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti dal regolamento condominiale.

Pertanto, è legittima la delibera condominiale che pone a carico anche dei condomini che si siano distaccati dall'impianto di riscaldamento le spese occorrenti per la sostituzione della caldaia, posto che l'impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale i predetti potranno comunque riallacciare la propria unità immobiliare (cfr. Cass. n. 7708/2007; Cass. n. 15079/2006; Cass. n. 5974/2004).

Distacco dall'impianto centralizzato a seguito della riforma del condominio.

La legge n. 220/2012 (la riforma del condominio) è intervenuta sull'argomento del distacco dall'impianto di riscaldamento condominiale modificando l'art. 1118 c.c.

In particolare, il quarto comma della norma attualmente in vigore prevede che: "Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.

In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma".

Nella sostanza, si è inserito nel codice civile l'elaborazione giurisprudenziale degli anni precedenti.

Secondo una sentenza resa dal Tribunale di Monza (del 26 agosto 2014 n. 2347), la portata del precetto in esame non può essere estesa fino al punto da ricollegare a priori qualunque anomalia del funzionamento a un avvenuto distacco.

Si tratta di un principio molto importante perché pone a carico di chi lamenta problemi (ergo, quasi sempre il condominio) l'onere di provare chiaramente che il distacco ha causato problemi notevoli (squilibri nel funzionamento).

In particolare, i condomini che intendono distaccarsi dall'impianto centralizzato possono farlo a condizione che il distacco non danneggi il funzionamento dell'impianto centralizzato; che se il distacco provoca aumenti delle spese per gli altri condomini, la percentuale d'aumento viene da loro sostenuta (Cass. n. 11152/97; Cass. n. 1775/98).

Da ultimo, in condominio è da escludere la necessità di una delibera condominiale in tutti quei casi in cui il distacco dal riscaldamento centralizzato risulti non influire sulla funzionalità o sui costi dell'impianto anche se il condomino distaccato è comunque tenuto a contribuire alle spese ordinarie e straordinarie di manutenzione, nonché a quelle di gestione se, e nei limiti in cui, il distacco non porti con sé una diminuzione degli oneri del servizio (Corte di Cassazione con l'ordinanza del 16 settembre 2016 n. 18170).

Ecco quando la delibera sul distacco dall'impianto centralizzato è da considerarsi nulla

Il ragionamento della Corte di Cassazione.

Secondo i giudici di legittimità, correttamente era stata invocata dal giudice di merito la regola di giudizio di cui all'art. 2697 c.c., ponendo quindi a carico degli attori le conseguenze negative derivanti dal mancato raggiungimento della prova circa la ricorrenza delle condizioni che legittimano il richiesto esonero.

In particolare,avendo la Corte rilevato la necessità di attestare quale fosse la condizione dell'impianto anche prima dell'intervento di distacco operato dai ricorrenti, l'omessa attestazione di tali circostanze ben potrebbe risultare imputabile alla stessa condotta degli attori, quali avrebbero, proprio nella prospettiva di documentare la sussistenza delle condizioni per l'esonero, potuto far precedere il distacco da una relazione tecnica che fotografasse la situazione precedente il loro intervento, onde precostituirsi la prova da spendere nel presente giudizio.

Difatti, a seguito dell'istruttoria, in merito al distacco degli attori, la CTU aveva evidenziato una diminuzione dei consumi per combustibile; tuttavia, non hanno però saputo quantificare in termini percentuali il pregiudizio subito dai condomini rimasti allacciati all'impianto centralizzato, come in precedenza individuato, non risultando quindi possibile effettuare una comparizione tra il risparmio di spesa per i consumi, il pregiudizio patito dall'appartamento posto all'ultimo piano (i cui radiatori sono maggiormente distanti dalla caldaia e che usufruiscono quindi di una minore temperatura dell'acqua calda), ed il vantaggio dell'immobile degli attori che riceve tuttora calore dall'impianto comune.

Soprattutto non vi erano elementi che consentivano di escludere i disagi negli altri appartamenti: "non basta che i termosifoni siano abbastanza caldi, se emerge che i radiatori più lontani dalla caldaia, quelli dell'ultimo piano, sono raggiunti da acqua calda a una temperatura inferiore al dovuto".

Di conseguenza, data l'impossibilità di poter tecnicamente stabilire in maniera obiettiva la ricorrenza dei presupposti legittimanti la richiesta di esonero, il condomino con il riscaldamento autonomo deve rassegnarsi a pagare le spese di carburante.

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso di Tizio e Caio con contestuale condanna alle spese di causa.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione n. 23756 del 22 novembre 2016
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