Con la pronuncia che esamineremo, il Tribunale di Ravenna si inserisce nell'annosa vicenda della istituzione di un fondo - cassa 'straordinario' per far fronte ai debiti che il Condominio ha maturato verso terzi a causa della morosità di alcuni condòmini, argomento che da oggi in avanti tornerà - ahimè tristemente - alla ribalta, data la grave crisi economica derivante dall'emergenza epidemiologica.
Fondo cassa straordinario per debiti condominiali
Due condòmini impugnano una delibera del proprio Condominio, con la quale era stato deciso di istituire un fondo - cassa straordinario di € 23.000,00 per far fronte alla morosità derivante da un credito verso un terzo fornitore del Condominio.
In particolare, il terzo aveva ottenuto un Decreto ingiuntivo verso il Condominio e, immaginiamo, lo aveva notificato al Condominio presso il suo Amministratore.
Al fondo - cassa approvato dall'Assemblea dovevano partecipare, in virtù del riparto anch'esso approvato, anche i condòmini 'virtuosi', cioè che avevano già pagato la loro quota del debito verso il terzo.
Il Tribunale censura la delibera impugnata, rilevando che la stessa è affetta da invalidità in quanto la decisione di imporre il pagamento della quota di fondo - cassa straordinario per morosità anche ai condòmini virtuosi doveva essere adottata all'unanimità dei condòmini e non con la maggioranza dei partecipanti all'Assemblea.
Afferma il Giudice ravennate che, prima della riforma, si era affermato che fosse possibile istituire il fondo - cassa per morosità, imponendo il pagamento delle quote anche ai condòmini virtuosi con il voto a maggioranza, nonché nei casi di effettiva e dimostrabile urgenza, ma, dopo la riforma del 2012, causa la modifica dell'art. 63 disp. att. c.c., dato l'obbligo di preventiva escussione (cioè, esecuzione) verso i condòmini morosi imposto ai terzi creditori, non è più possibile imporre anche ai virtuosi il ripianamento del debito, a meno che anche i virtuosi, insieme ai morosi, approvino detto riparto - questo, in poche parole, il significato di 'unanimità' dei condòmini.
Si stava meglio quando si stava… in solidarietà?
Cerchiamo di ricordare a noi stessi ed al lettore il cammino della giurisprudenza di legittimità e di merito sul punto, prima che il Legislatore approvasse la riforma del diritto condominiale con la Legge 11 dicembre 2012, n. 220, entrata in vigore il 18 giugno 2013.
In seguito ad un montante di pronunce diviso e distino, tra coloro che ritenevano i condòmini come coobbligati in solido e per l'intero per i debiti del Condominio e chi invece ne predicava la parziarietà, ovvero ognuno paga il suo, le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 9148 dell'08 aprile 2008, tentarono di risolvere il contrasto affermando che il terzo creditore dovesse riscuotere solamente il condòmino moroso e solamente per la sua quota di debito.
Affermare che i condòmini sono tutti solidalmente esposti verso il terzo creditore per i debiti condominiali, significa che:
- è il terzo creditore a scegliere su chi rivalersi, anche per l'intero debito che egli vanti verso il Condominio - se il terzo vanta un debito di € 10.000,00, a prescindere da quote millesimali e riparti, può agire in esecuzione per l'intera somma verso anche un solo condòmino;
- pertanto, ogni singolo condòmino è esposto, con il suo intero patrimonio (stipendio, pensione, proprietà immobiliare, valori, conti correnti, partecipazioni societarie, auto e motoveicoli, canoni di locazione di suoi beni affittati, etc.), all'azione esecutiva del terzo;
- è allora coerente sostenere che, per tutelarsi, i partecipanti tendano ad istituire un fondo - cassa per far fronte al debito, onde evitare conseguenze così pesanti ed aleatorie a carico dei singoli condòmini.
Affermare invece che il terzo debba escutere (cioè, eseguire verso) i condòmini morosi e solamente questi, nel limite della loro quota e non per l'intero debito, significa che:
- il terzo creditore deve agire solamente verso il condòmino moroso e solamente per la sua quota di debito - se il terzo vanta un debito di € 10.000,00, ma il Sig. Tizio, moroso, era tenuto a pagare, in virtù dei millesimi posseduti e del riparto approvato, €. 100,00, il terzo può agire in esecuzione verso Tizio solamente per € 100,00;
- pertanto, ogni singolo condòmino è esposto all'azione esecutiva del terzo, con il suo intero patrimonio, ma solamente in relazione alla quota che deve, non anche alle quote dovute dagli altri condòmini e da questi non pagate;
- è allora coerente sostenere che, in una situazione simile, non sussistesse l'interesse ad istituire un fondo - cassa straordinario.
Tanto è vero questo che, dopo le Sezioni Unite, la giurisprudenza di merito iniziò a dichiarare la nullità (per eccesso di potere) delle delibere assembleari che istituivano un fondo - cassa ponendolo a carico anche dei condòmini virtuosi, perché, essendo vigente la parziarietà delle obbligazioni condominiali, i condòmini virtuosi non avevano un vincolo di solidarietà con i morosi per il debito verso il terzo e, pertanto, l'Assemblea, deliberando in merito, sconfinava nei diritti del condòmino come privato, confezionando così una delibera nulla per aver statuito oltre le sue attribuzioni.
Escussione dei morosi prima di coinvolgere i virtuosi
Come noto, dopo la riforma, l'art. 63 disp. att. c.c. fu modificato come segue: «i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condòmini».
Cosa significa?
Il terzo creditore del Condominio dovrà agire in giudizio per l'intero solamente verso il Condominio - con ciò intendendosi innanzitutto che dovrà ottenere, ove già non l'abbia, un titolo esecutivo (l'elenco di ciò che lo è dato dall'art. 474 c.p.c.), ad esempio un Decreto ingiuntivo, CONTRO IL CONDOMINIO.
Successivamente, il terzo dovrà richiedere all'Amministratore l'elenco dei condòmini morosi - rammentiamo che, laddove l'Amministratore non consegni detto elenco (o lo consegni incompleto o errato), il terzo potrà agire ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., cioè con procedura 'accelerata', per ottenere la condanna alla consegna dell'elenco, potendo anche chiedere al Giudice la condanna ad una somma di denaro per ogni giorno di ritardo (art. 615 bis c.p.c.). Rammentiamo, ad abundantiam, che non sussiste violazione della privacy dei condòmini morosi e che, anzi, siamo di fronte ad un trattamento che l'Amministratore deve eseguire per obbligo di legge, ai sensi dell'art. 6 (1), lett. c) Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR).
Chi sono i morosi? Sembra ormai consolidato, salvo qualche sporadica pronuncia di merito, che per «moroso» si debba intendere colui che non ha pagato la quota condominiale nella quale era inserito il debito verso il terzo che chiede l'elenco.
Facciamo un esempio per chiarire. Se l'impresa appaltatrice che ha eseguito la manutenzione della facciata non è stata pagata e chiede all'Amministratore l'elenco dei morosi, costui non dovrà consegnare un elenco dove è indicata la Sig. ra Caia, morosa della 3° rata di riscaldamento 2019 - 2020 oppure il Sig. Sempronio che è moroso della 12° rata del fondo - cassa TFR portiere - peraltro, in questo caso avremmo sì violazione della privacy dei Sigg.ri Caia e Sempronio, perché il loro stato di morosità è stato comunicato ad un soggetto (il terzo creditore) che non doveva saperne nulla, in quanto non si trattava della morosità nei suoi confronti.
Ottenuto l'elenco dei morosi, il terzo creditore dovrà agire nei confronti dei condòmini indicati in quell'elenco - e solamente di quelli, in prima battuta - notificando loro l'atto di precetto, che costituisce il primo atto da cui prende le mosse l'esecuzione forzata.
Quale somma andrà indicata nell'atto di precetto come dovuta? La somma che l'Amministratore avrà indicato nell'elenco come spettante al condòmino in virtù della quota millesimale o del bilancio approvato e relativo riparto.
Cosa accade se il terzo, escussi i morosi, non riesce a soddisfarsi, cioè non riesce a recuperare il suo credito - in tutto o in parte?
In questo caso, si attiva la garanzia sussidiaria nei confronti dei condòmini virtuosi: il terzo potrà chiedere a loro di pagare le quote che non è riuscito a riscuotere nei confronti dei morosi.
Perché, in quel momento, avremo una somma che rimane in capo ai condòmini virtuosi e tra loro va suddivisa; con quale criterio?
Si ritiene che il criterio di riparto della spesa da adottare sia sempre quello che stava alla base del debito originario; ad esempio, se si era deliberato di affrontare una spesa ripartendola per millesimi di proprietà, la somma che il terzo creditore, insoddisfatto verso i morosi, andrà a chiedere ai virtuosi, andrà tra loro sopportata in ragione dei millesimi di ciascuno.
Morosi, paganti, Condominio: questo è il dilemma
Tuttavia, qui è l'inghippo, a modesto avviso di chi scrive: se quanto detto sopra è vero, perché ci preoccupiamo di costituire un fondo per la morosità?
Nel caso portato all'attenzione del Tribunale ravennate, il terzo, avendo notificato il Decreto ingiuntivo al Condominio, avrebbe comunque dovuto escutere preventivamente i morosi, quindi perché si è corsi 'in avanti' istituendo un fondo per pagarlo?
E, anche laddove, in seguito all'escussione, il terzo si fosse trovato con nulla di fatto - essendo i morosi incapienti - egli avrebbe comunque dovuto rivolgersi ai condòmini virtuosi, ma sempre pro quota.
Ma allora, queste obbligazioni condominiali sono di tutti, di ciascuno o di nessuno?
Perché è il Condominio a dover deliberare se il terzo, come scritto a chiare lettere nella legge, deve prendersela con i SINGOLI condòmini, morosi prima e paganti poi?
Non solo: il punto deciso dalla sentenza in commento può andare bene laddove il debito per il quale si istituisce il fondo sia ancora recuperabile, ma laddove, per le più svariate ragioni, non ci sia possibilità di soddisfo, i condòmini paganti dovranno accollarsi giocoforza il residuo da pagare, che non sia stato possibile - e che non sia più possibile - escutere dai morosi, in tal caso ancora riteniamo che sia necessaria l'unanimità dei consensi?
A ciò si aggiunga che, con giurisprudenza recentissima (sentenza 25 giugno 2020, n. 12638 della Sezione II, estensore Criscuolo), la Cassazione ha ribadito che:
- non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condòmini non morosi il debito delle quote condominiali dei condòmini morosi,
- è invece consentito farlo - così dovremmo interpretare la locuzione «fatta salva l'eccezione rappresentata da» premessa dalla Cassazione - laddove sussista un'effettiva, improrogabile urgenza di avere a disposizione determinate somme, come nel caso di esecuzione forzata da parte del creditore del Condominio, in danno di parti comuni dell'edificio - al fine di dover sopperire all'inadempimento del condòmino moroso con la costituzione di un fondo - cassa ad hoc, tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condòmini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva;
- in tale caso, secondo la Cassazione. sorge in capo al Condominio e non ai singoli condòmini morosi, l'obbligazione di restituire ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri.
Ma allora il problema nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Ravenna era forse risolvibile, affermando che il Giudice non aveva rilevato, a fronte della sola notifica del Decreto ingiuntivo del fornitore, quella 'improrogabile ed effettiva urgenza' di avere a disposizione le somme necessarie per pagare il fornitore, dato che non ci si trovava ancora nella fase esecutiva vera e propria?
Tuttavia, ci permettiamo di rilevare che un Decreto ingiuntivo non immediatamente esecutivo lo diviene, se non opposto, nei 40 giorni successivi alla notifica, quindi il Condominio ha un mese e 10 giorni, in ogni caso, per reperire i fondi per pagare in seguito alla notifica del Decreto.
E ancora, la Cassazione cita un'azione forzata su beni comuni, ma sappiamo che oggi questo tipo di procedura è relegata a casi sporadici e da motivare più che attentamente, dato il beneficio della preventiva escussione dei morosi, onde non rischiare opposizioni strumentali da parte del Condominio al quale sia stato pignorato il conto corrente o altri beni o rendite comuni senza aver bussato alla porta dei morosi; insomma, come possiamo dire che i beni comuni sono sottoposti ad esecuzione, se il terzo deve escutere i morosi?
Insomma, lo stato dell'arte ci restituisce un quadro che rivela la necessità di chiarimenti autorevoli in materia di morosità condominiale.