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La revoca anticipata senza giusta causa: onere della prova e risarcimento del danno

La revoca anticipata, se non supportata da motivi che la giustifichino, espone il condominio alla richiesta risarcitoria dell'amministratore.
Avv. Alessandro Gallucci 

La deliberazione di nomina seguita dall'accettazione dell'incarico fa sorgere il contratto di mandato che lega la compagine all'amministratore. L'incarico, per espressa previsione legislativa, ha durata annuale e si rinnova automatica per un altro anno (art. 1129 c.c.).

Di fatto, secondo una delle letture preferibili della norma - che di letture ne ha avute varie e non univoche - si tratta di una sorta di contratto 1+1, alla stregua del più noto 4+4 per le locazioni. Ciò significa che al termine del periodo di gestione il mandatario decade ex lege dal proprio incarico.

La giurisprudenza ha chiarito che fino alla successiva assemblea di conferma o revoca, l'amministratore prosegue il proprio incarico nel regime così detto di prorogatio imperii (cfr. Cass. n. 1445 del 1993).

L'indicazione giurisprudenziale è stata tradotta in legge ad opera della così detta riforma (cfr. art. 1129, ottavo comma, c.c.).

Si tratta di una sorta di mandato ad interim necessario a garantire la continuità amministrativa del condominio.

Ciò detto è ben possibile che il rapporto giuridico venga interrotto dal condominio prima del termine naturale.

Al riguardo è chiarissimo l'inciso iniziale dell'undicesimo comma dell'art. 1129 c.c. allorquando ricorda che la revoca del mandatario del condominio "​può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio".

Revoca assembleare sempre deliberabile

Stando al disposto della norma citata, per assurdo, quindi, l'amministratore potrebbe essere revocato anche subito dopo la nomina. È sufficiente farne richiesta nei modi e nei termini di cui all'art. 66 disp. att. c.c. e successivamente deliberarne la revoca con le maggioranze previste dalla legge (art. 1136 c.c.).

In questo contesto il riferimento alle modalità regolamentari dev'essere inteso come individuazione di specifiche modalità attinenti al procedimento di convocazione, ma non ai quorum o alla possibilità stessa di revocare in ogni tempo il mandatario in quanto l'art. 1129 c.c. è tra quelli assolutamente inderogabili ai sensi dell'art. 1138 c.c.

Res sic stantibus, ci si è domandati: la revoca assembleare, il cui effetto sostanziale è quello del recesso anticipato dal contratto, è esercitabile ad nutum o, comunque, dev'essere giustificata per evitare una richiesta di risarcimento del danno? S'è detto che tale rapporto contrattuale è disciplinato dagli artt. 1129-1130 c.c. e dalle norme sul mandato Ebbene, il codice civile parla chiaramente: "la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa" (art. 1725, primo comma, c.c.).

Revoca assembleare anticipata e risarcimento del danno

In sostanza se è vero che l'assemblea può revocare l'amministratore in qualsiasi momento, è altrettanto vero che la mancanza di una giusta causa alla base deliberazione de quo consente all'amministratore revocato di agire per ottenere il risarcimento del danno. Questa impostazione ha trovato riscontro in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Era il 2004 quando è stato affermato che "se la revoca interviene prima della scadenza dell'incarico, l'amministratore avrà diritto alla tutela risarcitoria, esclusa solo in presenza di una giusta causa a fondamento della revoca (art. 1725, co. 1°, cod. civ.).

E deve ritenersi che le tre ipotesi di revoca giudiziale previste dall'art. 1129, co. 3°, cod. civ. configurino altrettante ipotesi di giusta causa per la risoluzione ante tempus del rapporto" (così Cass. SS.UU. 29 ottobre 2004 n. 20957).

Sulla stessa lunghezza d'onda s'è espressa, in passato, autorevole dottrina. In sostanza una lettura coordinata di due norme, ossia gli artt. 1129, undicesimo comma, c.c. e 1725, primo comma, c.c., consente di affermare che l'amministratore, che sia retribuito per l'opera svolta, può ottenere il risarcimento del danno per inadempimento.

È bene ricordare che "sulla base della tradizione manualistica costituisce principio reiterato che l'art. 1218 c.c. stabilisce a favore del creditore un'inversione dell'onus probandi, sostanzialmente basata su una presunzione di colpa in capo al debitore inadempiente" (Cendon, 2008, 466 e conf. Cass. SS.UU. 30 ottobre 2001 n. 13533).

Revoca assembleare anticipata, risarcimento del danno e onere della prova

In sostanza aderendo a questa impostazione che presenta un chiaro favor per l'amministratore revocato (sulla scorta del genere principio del favor creditoris qui declinato con riferimento al mandatario del condominio), quest'ultimo, nei fatti, avrà il diritto a non essere revocato senza giusta causa o, qualora ciò accadesse, avrebbe la possibilità di ottenere il risarcimento del danno.

La misura di tale risarcimento è icto oculi quella corrispondente quanto meno alla mancata percezione della retribuzione fino alla cessazione naturale dell'incarico. Per fare ciò gli basterebbe dimostrare d'essere l'amministratore e di essere stato revocato anticipatamente affermando la mancanza di una giusta causa e quantificando il danno.

Considerando il così detto contratto 1+1, secondo la tesi che vede nella seconda annualità la normale prosecuzione del rapporto contrattuale, l'amministratore potrebbe quindi domandare il risarcimento per tutti i mesi mancanti al compimento di ventiquattro mesi di incarico e non solo dei restanti riferibili all'anno di gestione.

Nulla vieta che il medesimo amministratore possa chiedere un danno in misura maggiore di quella riferibile al mancato compenso che avrebbe percepito in costanza di contratto. In tal caso egli avrebbe l'onere di fornire prova concreta di questo maggior pregiudizio.

È bene ricordare, infatti, che all'alleggerimento dell'onere probatorio con riferimento alla causalità materiale (nesso tra revoca e danno evento, ossia aver perso l'incarico) non segue un alleggerimento dell'onere probatorio afferente alla così detta causalità giuridica, cioè il nesso tra evento lesivo del diritto e pregiudizio concretamente risarcibile. Ragionando per assurdo, un amministratore revocato un giorno prima della scadenza naturale del mandato avrebbe sì subito una revoca ingiusta (ove chiaramente non ricorrano i presupposti della giustezza), ma probabilmente nessun reale pregiudizio concreto.

Per dire che l'amministratore usa per sé i soldi del condominio ci vogliono le prove

Revoca assembleare anticipata e onere della prova a carico del condominio

In questo contesto spetta al condominio fornire prova della presenza di una giusta causa rintracciabile anche tra quelle elencate dall'art. 1129, undicesimo comma, c.c. Se ne converrà che se dimostrare l'omessa presentazione del rendiconto nei termini di legge non è cosa difficile, farlo con riferimento alle generiche "gravi irregolarità" di cui parla la norma testé citata (e diverse da quelle elencate nel successivo comma dodicesimo) è cosa tutt'altro che agevole.

È bene tenere presente che parte della dottrina non è d'accordo con questa impostazione. In particolare è stato detto che "il terzo comma dello stesso articolo (vale a dire l'art. 1129 c.c., con la normativa attuale il riferimento corretto sarebbe l'undicesimo comma n.d.A.), allorché conferisce all'autorità giudiziaria, su istanza di ciascun condominio, il potere di revoca dell'amministratore, specifica i casi nei quali codesto potere può essere esercitato, contrapponendo, quindi, tale ipotesi a quella disciplinata nel comma precedente, in cui come si è detto nessun limite è posto dalla legge.

Se dunque non vi sono condizioni cui è subordinata la legittimità della revoca, non è ipotizzabile un risarcimento del danno, che nella specie conseguirebbe ad un comportamento legittimo, essendo evidente che una responsabilità per comportamento legittimo, in tanto può essere ipotizzata, in quanto sia espressamente prevista dalla legge" (Terzago, Il condominio, Giuffrè,1985).

V'è di più: se è vero com'è vero che le norme sul mandato si applicano al rapporto amministratore-condominio in quanto compatibili, si potrebbe affermare che l'art. 1725 c.c. è incompatibile con l'art. 1129 c.c. in quanto quest'ultimo prevede un'ipotesi di revoca ad nutum del mandatario. Non si rintracciano sentenze a sostegno di questa impostazione.

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