L'amministratore che si veda ingiustamente revocato, ovvero che veda esperita una ingiusta azione di revoca giudiziale può esperire azione risarcitoria contro i condòmini.
Qualora l'azione di revoca giudiziale sia legittimamente proposta, al di là dell'esito, cioè anche se questo è negativo per i condòmini ricorrenti, l'amministratore non ha diritto al risarcimento.
Questa in breve sintesi la conclusione cui possiamo giungere leggendo l'ordinanza n. 16426 resa dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione mediante deposito in cancelleria avvenuto il 30 luglio 2020.
Una pronuncia interessante che se da un lato lascia intendere che l'amministratore di condominio non possa essere attaccato per qualunque ragione, perseguito ingiustamente verrebbe da dire, dall'altro ribadisce il diritto di critica del condòmino, diritto di critica che può anche sostanziarsi in azioni giudiziarie date da situazioni poco chiare, anche se non tale da comportare la revoca giudiziale.
Come dire: ha sbagliato, non era un errore grave tale da comportare la tua revoca, ma non per questo non avevo diritto a fartelo notare.
Il discorso è diverso in relazione alla revoca assembleare, ma solamente in ragione del fatto il ricorso giudiziale cui non segua la revoca lascia l'amministratore al posto, salvo il diritto al risarcimento, mentre la revoca assembleare gli lascia solo il diritto al risarcimento, non esistendo diritto alla reintegrazione nell'incarico.
Andiamo per ordine, partiamo dai fatti di causa.
Amministratore, revoca e danno all'immagine, il caso
Il Tribunale di Pesaro adito da alcuni condòmini disponeva la revoca giudiziale dell'amministratore da questi richiesta; revoca poi annullata dalla Corte di Appello di Ancona in data 14 dicembre 2005, che su reclamo proposto dall'amministratore pur avendo riscontrato delle irregolarità contabili giungeva poi alla conclusione che le stesse non erano così gravi da giustificare la revoca.
L'Amministratore, sempre dinanzi al medesimo Tribunale, citava in giudizio i condòmini fautori dell'iniziativa di revoca giudiziale, ottenendone la condanna al risarcimento in ragione delle molteplici iniziative giudiziali assunte dai convenuti, rigettando la domanda riconvenzionale di risarcimento avanzata da questi ultimi per i danni conseguenti all'operato dell'amministratore medesimo.
Morale della favola: l'amministratore era stato ingiustamente perseguitato per via giudiziale.
La Corte di appello di Ancona adita dagli originari convenuti, riformando parzialmente la sentenza impugnata, accoglieva l'appello limitatamente all'originaria domanda attorea.
Il giudice del gravame, nella sostanza, escludeva che le azioni giudiziarie dei condòmini fossero mosse da un intento persecutorio da parte in ragione del fatto che essi davano adeguata contezza delle ragioni delle loro iniziative processuale.
Come dire: l'azione dei condòmini contro l'amministratore, suffragata da elementi di opacità nella gestione del condominio non è mai persecutoria.
Da qui il ricorso in Cassazione dell'amministratore, originario attore.
Danno all’immagine e revoca: il responso della Cassazione
I giudici di legittimità, in sostanza, si sono visti richiedere il vaglio della legittimità della sentenza che aveva escluso il risarcimento dell'amministratore per mancato guadagno e danno all'immagine che gli era stato cagionato dalle iniziative giudiziarie, secondo lui improvvide, dei condòmini.
Non è stato dello stesso avviso la Corte nomofilattica che ha rigettato il ricorso.
La Cassazione ha ripercorso le argomentazioni che, oramai da anni, la portano ad affermare la natura non contenziosa, ma di volontaria giurisdizione del procedimento di revoca e del susseguente provvedimento reso al suo esito.
In considerazione di ciò, ossia la natura del provvedimento di revoca, dice la Corte, "non preclude all'amministratore di chiedere tutela giurisdizionale piena del suo diritto ad esercitare il mandato legittimamente conferito, inciso dall'attivazione della procedura, in forma risarcitoria o per equivalente" (Cass. 30 luglio 2020 n. 16426).
Come dire: se anche c'è stata revoca giudiziale, il provvedimento del Tribunale o quello della Corte di Appello in sede di reclamo non mettono la parola fine alla querelle che può essere approfondita, ai fini risarcitori, in sede contenziosa ordinaria.
Si badi: come ha detto la Cassazione nell'ordinanza in esame, il giudizio di merito che ne segue non "può risolversi in un sindacato del provvedimento camerale, per diversità dell'oggetto e delle finalità dei procedimenti" (Cass. 30 luglio 2020 n. 16426).
Può sembrare ostico da comprendere, ma è così: un conto è valutare le irregolarità ai fini della revoca, altro un risarcimento per la lesione di un diritto. I contorni del confine tra le due ipotesi possono essere spesso sfumati, magari difficili da distinguere; nel nostro caso, però, non lo sono.
Nella causa risolta dall'ordinanza n. 16426 del 30 luglio 2020 l'amministratore non era stato revocato giudizialmente e da questa sua posizione pretendeva di essere risarcito.
In sostanza qui i giudici erano chiamati a valutare se l'azione giudiziaria di revoca fosse stata persecutoria.
No, dice la Cassazione: nella sentenza impugnate e ben evidenziato e motivato che "il contrasto fra amministratore e taluni condomini, constatando l'esistenza comunque di irregolarità contabili nell'amministrazione del condominio ed ha concluso per l'esclusione di un intento persecutorio da parte degli appellanti avverso l'amministratore, per l'adeguata contezza delle ragioni delle loro iniziative processuali" (Cass. 30 luglio 2020 n. 16426).
Come dire: i presupposti per la revoca non c'erano, ma quell'azione non era campata in aria, persecutoria, sbagliata.