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L'amministratore di condominio che mente all'assemblea è passibile di revoca

È contrario ai doveri di diligenza e correttezza affermare il falso ai condòmini. Il fatto che la maggioranza confermi la fiducia non incide sulla possibilità di chiedere la revoca giudiziale.
Avv. Alessandro Gallucci 

È balzata agli onori delle cronache la decisione della Corte di Appello di Torino della revoca giudiziale di un amministratore in ragione dell'accertata inesistenza di un'ordinanza comunale che avrebbe imposto l'esecuzione di lavori.(https://torinocronaca.it/news/provincia/305424/ordinanza-fantasma-per-il-cantiere-amministratore-di-condominio-nei-guai.html)

Il decreto della Corte sabauda, al di là delle folkloristiche connotazioni critiche delle opposte tifoserie (condòmini vs. amministratori), è meritevole di attenzione perché delinea chiaramente e con vocazione di principi generali gli obblighi elementari derivanti per l'amministratore dall'assunzione dell'incarico.

Il provvedimento in esame arriva a seguito dell'impugnazione del decreto di revoca pronunciato in primo grado dal Tribunale di Torino. Era stato l'amministratore-resistente, nel contestare le conclusioni del collegio di prime cure, a chiedere l'intervento della Corte di appello "anche al fine di dare un più serio indirizzo alla carenza legislativa in punto, onde evitare che la poca specifica chiarezza possa creare le oscillazioni estremizzanti della fattispecie.

Ciò anche perché l'assenza di pronunciamenti in sede di legittimità, dovuta alla natura di volontaria giurisdizione del procedimento di revoca che esclude il ricorso in Cassazione, causa un'assenza di omogeneità nell'interpretazione della legge, che invece è decisamente fondamentale in una materia così delicata".

L'esito del giudizio di secondo grado, si può supporre, non sarà stato gradito al reclamante; cionondimeno il contenuto del decreto è sicuramente foriero del più serio indirizzo auspicato.

Per comprendere al meglio la questione è utile ripercorrere sinteticamente l'iter giudiziario ed i suoi esiti.

Ordinanza fantasma, giusta la revoca dell'amministratore

La vicenda processuale che ha dato la stura alla decisione in commento è articolata, prende le mosse da una complessiva congerie di rapporti litigiosi tra i condòmini ricorrenti e l'amministratore.

V'era stato, infatti, un giudizio di impugnazione di una delibera su fatti affini, giudizio sfavorevole agli impugnanti.

Pur in questo contesto, tuttavia, il Tribunale, prima, e la Corte di Appello, poi, sono stati chiari: un conto è il vaglio di legittimità della delibera assembleare, altro lo scrutinio della condotta dell'amministratore.

Nel caso de quo i ricorrenti contestavano al mandatario, tra le altre cose, di aver affermato in sede assembleare che il comune di Torino aveva emesso un'ordinanza per la esecuzione di opere urgenti: ordinanza della quale era stata appurata l'inesistenza.

Per il Tribunale tanto bastava, anche a fronte della sostanziale non contestazione dell'amministratore in merito a tale affermazione, per decretarne la revoca. Da qui il reclamo avverso questa decisione da parte del mandatario.

Nelle proprie difese, come si legge nel decreto della Corte di Appello, l'amministratore lamentava la scorrettezza delle conclusioni del Tribunale circa l'assenza di contestazione da parte sua della ricostruzione dei fatti afferenti all'ordinanza, evidenziando altresì che il giudizio di impugnazione della delibera era di per sé sufficiente a sgombrare il campo da ogni dubbio, a favore della correttezza del suo operato.

La Corte di Appello di Torino, pur correggendo parzialmente la ricostruzione in fatto e diritto cui era giunto il Tribunale, ne ha confermato le conclusioni di fondo: costituisce grave irregolarità affermare falsamente l'esistenza di un provvedimento amministrativo indipendentemente dalle reali conseguenze derivatene e al di là delle conclusioni cui è giunta l'assemblea.

Per mutuare una definizione nota ai penalisti: quella della revoca per gravi irregolarità viene considerata fattispecie di pericolo e non di danno, bastando per la sua realizzazione l'esposizione a rischio del bene tutelato e non la sua concreta lesione.

La ratio decidendi si incentra sulla natura giuridica del rapporto tra amministratore e condominio (e quindi condòmini), i doveri di diligenza e le conseguenze della violazione dei medesimi, non in un'ottica meramente formale, ma di personale e concreta responsabilità nell'agire quotidiano della gestione.

Amministratore, contratto di mandato e collaborazione nell'altrui sfera giuridica

Per comprendere le conclusioni dei magistrati torinesi è utile rammentare, com'è fatto nel decreto in esame, che il rapporto tra amministratore e condominio è un rapporto di mandato (o quanto meno ad esso assimilabile).

È pacifico che il contratto di mandato rientri nell'ambito dei contratti di collaborazione nell'altrui sfera giuridica. Tizio incarica Caio di compiere atti giuridicamente rilevanti per suo conto ed in suo nome (ove, come nel caso del condominio, si tratti di mandato con rappresentanza).

È di tutta evidenza che la natura dell'accordo impone un comportamento improntato alla massima correttezza e diligenza (da valutarsi più severamente se il debitore è un professionista), sia per i normali obblighi posti in capo alle parti nei rapporti giuridici obbligatori (artt. 1175-1176 c.c.), sia più nello specifico per la tipologia di incarico (art. 1710 c.c.).

Il mandante deve agire nell'esclusivo interesse del mandatario: corollario di ciò è quello di non travisare i fatti.

Revoca giudiziale per gravi irregolarità: corretto decretarla se l'amministratore non ha detto la verità anche se l'assemblea ha rivotato la nomina

Alla luce di questa breve specificazione sulla natura del rapporto giuridico intercorrente tra amministratore e condominio va letto il seguente passaggio della decisione della Corte di Appello: "il riferire, nel corso di un'assemblea condominiale, un fatto non corrispondente al vero, in specie l'assunzione, da parte del Comune, di un'ordinanza al cui rispetto il Condominio sarebbe stato tenuto, in riferimento a una questione posta all'ordine del giorno e possibile oggetto di delibera assembleare, è condotta che, anche ove tenuta in una sola occasione e senza che dalla stessa ne siano derivati in concreto dei danni, risulta oggettivamente in contrasto, oltre che con il dovere di diligenza nell'adempimento del mandato, di cui agli artt. 1176 e 1710 c.c., richiamati dal Tribunale, anche con l'obbligo di comportarsi secondo le regole della correttezza, di cui all'art. 1175 c.c., e mina il rapporto fiduciario che deve sussistere fra condomini e amministratore".

Tanto premesso, la chiosa è consequenziale: "Correttamente, pertanto, tale condotta è stata qualificata dal Tribunale come grave irregolarità di rilievo ex art. 1129 c.c.".

È evidente, quindi, il "più serio indirizzo", anche auspicato nel ricorso, espresso dalla Corte di Appello di Torino: l'amministratore di condominio è obbligato a non mentire ai condòmini, essendo tale condotta ex se contraria ai doveri di correttezza e diligenza nell'adempimento del mandato previsti dalla legge, indipendentemente dai danni concreti, configurandosi quale fattispecie di pericolo.

Non solo: tra le doglianze mosse dal ricorrente verso il decreto del Tribunale v'era quella riguardante il rigetto della richiesta di revoca e la sua nuova nomina ad amministratore da parte dell'assemblea, la quale nella sostanza equivaleva a rinnovo del rapporto fiduciario, ergo a superamento (e sanatoria) di eventuali irregolarità. Per la Corte la censura mossa non coglie nel segno.

La ragione è esposta in questo passaggio della decisione: "Il fatto che la maggioranza dei condomini non l'abbia ritenuta una condotta costituente ragione di revoca dell'amministratore, respingendo la domanda avanzata in questo senso da alcuni condomini e anzi poi rinnovando il mandato allo stesso amministratore, sia a immediato seguito dei fatti in causa, sia ulteriormente nel 2021, mentre, per converso, questa sarebbe la "terza causa nell'arco di un anno" instaurata contro l'amministratore da parte dei Ricorrenti (le due precedenti conclusesi con reiezione delle domande dagli stessi presentati), non può essere considerato di rilievo sul punto: la revoca giudiziaria è strumento che consente a ciascun condomino, anche se in minoranza o del tutto isolato rispetto alla diversa volontà degli altri condomini, di sottoporre a giudizio la ritenuta sussistenza di irregolarità di gestione.

L'incarico di amministratore di condominio è qualificabile come un mandato con rappresentanza, certo conferito collettivamente dall'assemblea dei condomini, con decisione maggioritaria, ma questo non esclude che ogni condomino mantenga individualmente il diritto, scaturente da tale rapporto di mandato, di cui comunque è parte, a che la gestione dei beni comuni avvenga in maniera pienamente corretta e regolare, sussistendo in capo a ciascun condomino/mandante un potere di controllo sull'esecuzione del mandato gestorio".

Il passaggio è chiaramente espressivo di un principio avente carattere generale: il principio maggioritario cui è improntato il sistema di gestione condominiale non trasmoda nell'imposizione della volontà della maggioranza sulla minoranza.

I singoli, infatti, tramite i rimedi previsti dalla legge - nella specie il ricorso per revoca giudiziale - possono sempre contestare chiedere una verifica giudiziale della correttezza dell'operato del loro mandatario.

L'amministratore che omette di effettuare i lavori di manutenzione può essere condannato

Lavori, responsabilità dell'amministratore e pragmatismo: alcune considerazioni

Non sfugge a chi scrive il senso del ragionamento svolto da molti addetti ai lavori dinanzi alla notizia di cronaca che ha riguardato il caso oggetto del decreto in commento.

Questo, in breve, ciò che in tanti hanno detto e scritto: l'amministratore è una barca, una barchino per meglio dire, solo in mezzo alla tempesta. Il mandatario è posto alla mercé dei venti e delle tempeste, sprovvisto di idonei mezzi di tutela e di efficaci strumenti di lavoro.

Gioco forza, allora, dinanzi a situazioni complicate deve fare di necessità virtù, arrabattandosi alla bell'e meglio; e per fare ciò anche una bugia può essere utile, anzi, di più, necessaria, per salvaguardare la propria responsabilità e quella dei condòmini.

Poteri e doveri dell'amministratore di condominio

Questo ragionamento può apparire suggestivo ed animato da spirito di servizio e puro pragmatismo dinanzi a situazioni complicate da gestire e rispetto alle quali il rischio anche personale non è aprioristicamente determinabile. In realtà è dozzinale e paga un errore di fondo che può essere così sintetizzato: il fine non giustifica i mezzi, ma sono i mezzi che prefigurano i fini. D'altra parte, che cosa penserebbe un amministratore se il suo avvocato gli mentisse su un aspetto centrale della sua personale vicenda giudiziaria, a modo di dire del legale a fin di bene, pur se informandolo correttamente avrebbe fatto lo stesso? Ad esempio affermando il falso prima della decisione in merito alla firma di una transazione.

E se un medico gli somministrasse con un artificio un farmaco che avrebbe comunque assunto? Ad esempio dicendogli che è efficace contro quello specifico virus, mentre si tratta di un farmaco ad ampio spettro che l'amministratore avrebbe comunque assunto.

Pare difficile pensare che il rapporto di fiducia possa rimanere immutato; d'altronde ognuno di quei professionisti andrebbe incontro a responsabilità, anche disciplinari.

E se un amministratore dicesse nell'assemblea di un condominio abitato anche da un altro amministratore che c'è un'ordinanza del comune che impone di eseguire lavori che quell'assemblea avrebbe comunque deliberato? Cosa farebbe il condòmino-amministratore: giustificherebbe la condotta per spirito corporativo?

Si badi: non è falso (anzi per molti aspetti è vero) che la figura dell'amministratore, con le sue peculiarità date anche dalla moderna complessità del ruolo, debba essere nuovamente, con urgenza e meglio disciplinata con riferimento a prerogative, poteri, delineamento di più chiare e precise responsabilità e molto più elevata qualificazione professionale, ma il rimedio che si vorrebbe praticare in concreto (uno sfunnapedi, per dirla alla Camilleri) è peggio del male che si vuole contrastare. Mentire non è mai la soluzione, se si gestiscono gli affari altrui: pare che in ambito condominiale ciò assurga a rango di serio indirizzo interpretativo.

Sentenza
Scarica TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 17/11/2021 R.G. 20350/2021
Scarica Corte di Appello Torino 17 novembre 2022 R.G. 602/2021
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