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Appropriazione indebita aggravata e truffa dell'amministratore

Truffa o appropriazione indebita: facciamo chiarezza.
Prof.ssa Maria Beatrice Magro 

L'amministratore di Condominio detiene e gestisce beni e servizi per il Condominio. E' suo compito, a norma dell'art. 1130 n.4. c.c., riscuotere dai condomini i contributi economici necessari per garantire il funzionamento delle cose comuni e per sostenere le spese comuni.

Inoltre, a seguito della riforma del 2012, tutte le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle erogate a qualsiasi titolo per conto del condominio debbono necessariamente transitare su un apposito conto corrente bancario o postale intestato al condominio, onde evitare.

Si tratta di una previsione volta non solo a fugare ogni rischio di possibili "confusioni" tra patrimonio personali dell'amministratore e patrimonio del condominio, ma anche a garantire una maggiore trasparenza ed accessibilità della gestione economica del condominio che consente a ciascun condomino di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica

Tuttavia, malgrado le precauzioni introdotte con la recente normativa, i rischi di commissione di reato non sono del tutto dissolti e l'amministratore ben può essere autore di uno dei reati patrimoniali a danno dei singoli condomini, primo tra tutti il reato di appropriazione indebita, il quale presuppone che l'autore del reato sia nella disponibilità della cosa mobile.

Ciò può accadere in quanto l'amministratore dispone ope legis dei contributi versati dai condomini. Perciò egli può disporre diversamente delle somme di danaro di proprietà del condomini per finalità sue personali o anche non inerenti alla gestione e all'amministrazione delle cose comuni.

Fulcro infatti del reato di appropriazione indebita è la condizione di disponibilità della res in capo all'autore, il quale si comporta da proprietario, così mutando il titolo del suo possesso, con la volontà di realizzare un profitto ingiusto. Il delitto di appropriazione indebita è integrato dalla interversione del possesso che si manifesta nel momento in cui l'autore si comporti uti dominus non restituendo il bene di cui aveva la disponibilità senza darne una giustificazione, mentre la truffa può dunque dirsi consumata nel momento in cui si verifica la perdita definitiva del bene che costituisce danno per il raggirato e ingiusto profitto dell'agente.

Il possesso infatti rappresenta non solo l'elemento che differenzia l'appropriazione indebita dalle limitrofe fattispecie del furto e della truffa, ma inoltre svolge una particolare funzione specializzante che consente di individuare sempre l'appropriazione indebita qualora l'autore del reato contro il patrimonio abbia con la res una relazione funzionale, che nasce dal ricoprire un ufficio o un compito anche temporaneo.

Perciò, la condizione di preesistenza del possesso/ disponibilità della cosa non consente di tipizzare il fatto come truffa, nemmeno nel caso in cui l'amministratore abbia posto in essere comportamenti artificiosi o simulazioni, così inducendo in errore i condomini circa l'ammontare dei contributi dovuti o persino simulando la sussistenza di spese in realtà inesistenti.

La corte di cassazione ha infatti qualificato come appropriazione indebita e non come truffa la condotta di un amministratore di condominio che aveva indotto i condomini in errore sull'entità delle spese di gestione dell'immobile da sostenere al fine di appropriarsi delle somme versate da quest'ultimi (Cassazione penale, sez. II, 21/04/2017, n. 25444).

infatti l'appropriazione indebita è un reato plurioffensivo, nel senso che ad essere leso non è solamente il diritto di proprietà, ma anche il rapporto fiduciario tra proprietario e soggetto sul quale incombe l'obbligo di fare un qualcosa, come ad esempio restituire la cosa, o disporne in un certo modo, o per determinate finalità.

In poche parole, la detenzione della cosa è funzionalizzata all'assolvimento di un determinato compito da parte dell'autore, cosicché qualora questi ponga in essere una condotta incompatibile con detto compito, si realizza il reato.

Non è un caso infatti che l'appropriazione indebita abbia come corrispondente il delitto di peculato (art. 314 c.p.), qualora soggetto attivo del reato sia un pubblico ufficiale e la cosa appartenga alla pubblica amministrazione, o il reato di infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.), che non è altro che una appropriazione indebita commessa dall'amministratore, direttore generale o liquidatore di società, nei casi di uso improprio dei beni sociali.

In ultimo, si evidenzia che ben può ricorre la circostanza aggravante comune prevista dall'art. 61 n.11 c.p., qualora il reato sia commesso con abuso della prestazione d'opera.

L'ufficio può essere sia pubblico che privato e la relazione d'ufficio può avere carattere permanente o temporaneo, gratuito o retribuito.

Quanto alla rilevanza del momento in cui sorge il rapporto di prestazione d'opera, è sufficiente che sia intervenuto contemporaneamente all'appropriazione, mentre se è cessato il vincolo formale, l'aggravante potrebbe non poter essere contestata, se il rapporto si è concretamente interrotto prima della consumazione del reato.

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