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Coprire la cassa di un condominio con i soldi di un altro determina il reato di appropriazione indebita.

Deve restituire la somma sottratta indebitamente al condominio, oltre il risarcimento dei danni, l'amministratore che ha tenuto una contabilità caotica.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

La vicenda. La Corte di appello di Bologna aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di Tizio per i reati di truffa e appropriazione indebita perché estinti per prescrizione; inoltre, la Corte territoriale aveva confermato la sua condanna alla restituzione della somma pari a circa 30 mila euro in favore del Condominio costituito parte civile nonché al risarcimento del danno da questi subito.

Secondo l'ipotesi accusatoria accolta dai giudici di merito, l'imputato, nella sua qualità di amministratore del condominio, si era appropriato indebitamente delle somme di denaro del condominio, attuando altresì artifici consistiti nell'addebito di spese non riferibili al Condominio ovvero per importi maggiori di quelli dovuti, così che i condomini, indotti in errore, gli corrispondevano le somme richieste ma non dovute.

Avverso la predetta pronuncia, Tizio ha proposto ricorso in cassazione eccependo che all'epoca dei fatti (periodo ante riforma) era vigente il principio della tendenziale libertà dell'amministrazione condominiale, che conduceva alla prassi di utilizzare diversi conti correnti, anche appartenenti ad altri condomini o anche personali, per l'amministrazione degli stabili; mentre, la riforma del condominio ha espressamente previsto l'obbligo per l'amministratore di condominio di far transitare le somme ricevute su uno specifico conto corrente intestato al condominio, che all'epoca dei fatti non era previsto l'obbligo per gli amministratori di tenuta di scritture contabili, cosi che non era possibile configurare l'appropriazione indebita sulla base della mancata consegna della documentazione contabile.

Amministratore di condominio e appropriazione indebita, guida al panorama giurisprudenziale

Il ragionamento della Corte di Cassazione. Secondo la Corte di legittimità, Tizio aveva il denaro versato dai condomini e aveva l'obbligo di gestirlo con trasparenza; pertanto, gli era precluso finalizzare le casse condominiali a una destinazione incompatibile con il titolo giustificativo del loro possesso.

Difatti, tale titolo implicava il divieto di utilizzare il denaro per scopi differenti da quello cui era destinato, ossia le spese del Condominio.

Del resto, l'utilizzo, da parte dell'Amministratore, delle risorse di un Condominio, per far fronte ad una propria esposizione debitoria personale od a quella di un altro condominio, integra appropriazione indebita, anche se l'ammanco, che in tal modo viene a crearsi per primo, è solo temporaneo grazie a una sorta di processo osmotico tra diverse casse condominiali; processo che Tizio cercò di fare senza riuscirvi, posto che in contemporanea non teneva una contabilità regolare idonea alla ricostruzione postuma di tutti i movimenti e pagamenti.

Invero, la caotica contabilità di Tizio, il disordine documentale con cui espletava il proprio incarico e le non causali omissioni nelle registrazioni delle singole operazioni e dei singoli pagamenti non erano dovuti alla sua scarsa professionalità, ma erano il mezzo, elaborato e seguito nel tempo con intento fraudolento, per creare confusione ed incertezza, funzionali a coprire la graduale appropriazione del denaro che, proprio per poter essere più lucrativa, doveva protrarsi nel tempo e pertanto non doveva creare evidenti voragini debitorie che avrebbero smascherato II suo reale intento illecito.

Scatta l'appropriazione indebita aggravata per l'amministratore di condominio che compensa i conti tra i diversi condomini amministrati

Quanto alle eccezioni svolte da parte di Tizio, secondo i giudici di legittimità, la condotta dell'imputato violava il principio di trasparenza nella contabilità, vigente anche all'epoca dei fatti, con conseguente ininfluenza del sopravvenuto obbligo di istituire un conto corrente per ogni condominio.

L'assunto perpetuato dalla difesa, dunque, rimane puntato sulla individuazione delle norme civilistiche vigenti all'epoca dei fatti, nonostante la Corte territoriale ne abbia spiegato l'ininfluenza, cosi mostrando come i motivi in esame siano avulsi dal risultato processuale con cui avrebbero dovuto confrontarsi. Infine, come già precisato dalla Corte di appello, non erano riconoscibili circostanze attenuanti generiche «in ragione della spregiudicatezza dell'imputato che senza remore e con allarmante sistematicità, si era appropriato del denaro altrui, sfruttando il ruolo e la qualità rivestita e tradendo la fiducia accordatagli dai condomini che lo avevano nominato amministratore, fiducia che egli sfruttò per commettere il reato di appropriazione indebita -con conseguente sussistenza dell'aggravante dell'art. 61 n. 11 cp- e fiducia che, al contrario, era tenuto a rispettare proprio in ragione del ruolo rivestito e dello specifico obbligo giuridico che derivava e in ragione della mancata resipiscenza e della indifferente condotta post factum.

In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il ricorso dell'amministratore è stato dichiarato inammissibile.

TABELLA RIEPILOGATIVA

OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Appropriazione indebita

RIFERIMENTI NORMATIVI

art. 646 c.p.

PROBLEMA

Secondo l'amministratore, all'epoca dei fatti (periodo ante riforma) era vigente il principio della tendenziale libertà dell'amministrazione condominiale, che conduceva alla prassi di utilizzare diversi conti correnti; mentre, la riforma del condominio ha espressamente previsto l'obbligo per l'amministratore di condominio di far transitare le somme ricevute su uno specifico conto corrente intestato al condominio, che all'epoca dei fatti non era previsto l'obbligo per gli amministratori.

LA SOLUZIONE

La Corte di cassazione, nel rigettare il ricorso, sottolinea che il la «caotica contabilità e il disordine documentale» con cui l'amministratore svolgeva il proprio incarico e le non causali omissioni nelle registrazioni delle singole operazioni e dei singoli pagamenti non erano dovuti alla sua scarsa professionalità ma «erano il veicolo, elaborato e seguito nel tempo con intento fraudolento, per creare confusione e incertezza, funzionali a coprire la graduale appropriazione del denaro che, proprio per poter essere più lucrativa, doveva protrarsi nel tempo e pertanto non doveva creare evidenti voragini debitorie che avrebbero smascherato il suo reale intento illecito».

LA MASSIMA

Compie appropriazione indebita l'amministratore del condominio che finalizza le casse condominiali a una destinazione incompatibile con il titolo giustificativo del loro possesso, laddove il titolo implica il divieto di utilizzare il denaro per scopi differenti da quello cui era destinato, ossia le spese dell'ente di gestione, dovendosi ritenere che l'amministratore abbia l'obbligo di gestire con trasparenza il denaro dei singoli proprietari esclusivi (Cass. civ.., sez. II., 14 aprile 2019n. 17471).

Sentenza
Scarica Cass. pen sez. II 14 aprile 2019 n.17471
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