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L'amministratore che omette di effettuare i lavori di manutenzione può essere condannato

Lo prevede l'art. 677 del Codice Penale, ma solo se si tratta di “costruzioni che minacciano rovina”, ovvero di pericoli concreti e permanenti.
Ing. Cristian Angeli 

A volte, per concretizzare una situazione di pericolo per la pubblica incolumità non è necessario che il palazzo sia a rischio crollo. È sufficiente un cornicione fatiscente, una facciata con l'intonaco che si stacca o un balcone con parti di calcestruzzo che, per l'ossidazione dei ferri di armatura sottostanti, cadono a terra.

In questi casi, soprattutto se segnalati e documentati, è doveroso intervenire con opere di manutenzione che, se avviate per tempo, non è detto che abbiano costi proibitivi per le finanze del condominio, soprattutto oggi, che sono disponibili i bonus fiscali per la ristrutturazione edilizia, per il miglioramento strutturale e per l'efficientamento energetico.

Al contrario, se di fronte al pericolo l'amministratore resta indifferente, può essere chiamato a rispondere delle proprie responsabilità sia in ambito civile sia penale.

La responsabilità omissiva dell'amministratore.

Gli obblighi e i doveri dell'amministratore sono, in genere, di natura civilistica. È infatti il Codice Civile a regolarli, disciplinando anche il processo di nomina, conferma e revoca dell'organo "esecutivo" del condominio. Il motivo riguarda la natura del rapporto tra l'amministratore e i singoli condòmini.

Il condominio è cioè di per sé privo di personalità giuridica (non è un ente, un'azienda o una persona fisica) e il legame si instaura quindi tra i condòmini e l'amministratore sulla base di un mandato (art. 1129 c.c.), in forza del quale egli opera nel loro interesse.

Nonostante la natura contrattuale del rapporto le faccia ricadere sotto l'ombrello civilistico, le attribuzioni dell'amministratore possono avere un risvolto penale. L'art. 1130 co. 4 del c.c., infatti, affida all'amministratore il compito di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio, con la conseguenza che questo ha un obbligo giuridico di attivarsi.

Tale obbligo può fare scattare la responsabilità penale dell'amministratore che non lo rispetta, in quanto l'art. 40 c.p. prevede la responsabilità penale omissiva, in base alla quale "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo". L'amministratore che non si occupi di conservare in buono stato le parti comuni del condominio, insomma, è responsabile dei danni da ciò derivati come se li avesse prodotti egli stesso.

I fatti per cui risponde penalmente.

La giurisprudenza ha individuato almeno due casi specifici nei quali non v'è dubbio che l'amministratore risponde penalmente del suo operato. Si tratta del reato di "omissioni di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina" (art. 677 c.p.) e del reato di "lesioni personali colpose" (art. 590 c.p.). Vediamoli nel dettaglio.

Omissione di lavori edilizi.

Quando un edificio minaccia la rovina, il proprietario o chi per lui è obbligato alla conservazione dello stesso risponde penalmente se omette di provvedere ai lavori necessari a rimuovere il pericolo e gli effetti dell'eventuale già avvenuta rovina.

È evidente che l'amministratore, avendo come detto l'obbligo di conservare il bene, ricade tra i soggetti dell'art. 677 c.p.. La norma, però, inquadra un reato c.d. di pericolo, sul quale la giurisprudenza si è espressa chiaramente (Cass. Pen. 27/03/2007, n. 12721).

L'illecito in esame, cioè, esiste fin quando esiste il pericolo per la pubblica incolumità che la legge mira a rimuovere, che deve essere concreto e permanente affinché l'amministratore possa risponderne, con la conseguenza che l'omissione va denunciata tempestivamente e che se l'immobile viene riportato in uno stato adeguato (che non minaccia più la rovina) il reato non sussiste.

Le vicende giuridiche relativa al rapporto amministratore - condominio non restano confinate nell'ambito delle questioni civilistiche.

Tanto che la Cassazione, con sentenza n. 25221 del 2012 ha precisato che nel caso dei condomìni, l'amministratore può andare esente da responsabilità penale se interviene "sugli effetti anziché sulla causa della rovina, prevenendo la specifica situazione di pericolo indicata dalla norma incriminatrice con opere provvisorie ed urgenti oppure interdicendo, ove ciò sia possibile, l'accesso o il transito nelle zone pericolanti".

Lesioni personali colpose.

Se dall'omissione deriva una lesione personale, ad esempio qualcuno rimane ferito dalla caduta di un detrito del balcone, il reato configurabile e ben più grave, anche perché l'art. 590 c.p. regola un reato non più di pericolo, ma di evento.

Nel momento in cui, cioè, avvengono le lesioni, scatta inevitabilmente la responsabilità penale per chi l'ha provocata, tramite un'azione o (come nel nostro caso) un'omissione colposa, un non fare ciò che si sarebbe dovuto in base alle leggi o alla diligenza.

La Cassazione, perciò, ha condannato l'amministratore che non ha ripristinato l'avvallamento tra il pavimento e il tombino all'ingresso della farmacia al piano terra dello stabile, perché un uomo era inciampato, riportando lesioni (sentenza n. 34147/2012).

A nulla è valsa la difesa di non aver ricevuto nessuna segnalazione del pericolo o autorizzazione dell'assemblea a procedere con l'intervento, perché "sull'amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio, a prescindere da specifica autorizzazione dei condòmini ed a prescindere che si versi nel caso di atti cautelativi ed urgenti".

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