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Rovina di edifici e responsabilità dei proprietari

Ecco quando i proprietari sono obbligati ad eseguire i lavori necessari per rimuovere il pericolo per la pubblica incolumità.
Prof.ssa Maria Beatrice Magro 

Le condizioni di deterioramento delle facciate esterne degli immobili, soprattutto nei centri storici italiani, ove la vetustà dell'immobile rende maggiormente onerose le opere di straordinaria amministrazione, danno luogo ad una casistica corposa in tema di rovina di edifici e conseguenti responsabilità penale.

In proposito, viene in rilevo l'art. 677 comma 3 del codice penale il quale pone a carico del proprietario dell'immobile o di colui che è obbligato alla vigilanza dell'edificio l'obbligo di provvedere ad eseguire i lavori necessari per rimuovere il pericolo per la pubblica incolumità.

Trattasi di fattispecie omissiva propria che si qualifica come contravvenzione nella sola ipotesi in cui lo stato di degrado dell'immobile determini una condizione di pericolo per l'incolumità pubblica.

Diversamente qualora non vi sia pericolo per le persone, o le condizioni di degrado della costruzione non siano affatto pericolose, l'obbligo penalmente sanzionato non sussiste.

Trattandosi di fattispecie di pericolo, il reato si configura a prescindere dal fatto che la vi sia stata o meno caduta di materiali edili, purchè però le condizioni dell'immobile determinino un pericolo per l'incolumità pubblica, così come anche nel caso in cui vi sia stata la caduta di parti di costruzioni ma non vi siano state persone ferite.

La responsabilità penale dell'amministratore di condominio verso l'incolumità pubblica nei luoghi di lavoro.

Pertanto, nel caso in cui la caduta di calcinacci, frammenti di intonaco o parti di costruzioni determinino lesioni personali, alla contravvenzione di cui all'art. 677 comma 3 c.p. Verrà contestata, con il vincolo di continuazione, anche eventuali reati contro la persona come l'omicidio o le lesioni personali.

In merito alla sussistenza dell'obbligo di provvedere alla realizzazione delle opere necessarie che rimuovere le condizioni di pericolo, occorre evidenziare che esso si configura anche nel caso in cui l'immobile sia disabitato o adibito a residenza saltuaria o vacanziera.

L'obbligo di attivarsi presuppone però la conoscenza delle condizioni di degrado dell'immobile. Tale conoscenza si desume soprattutto quando l'immobile è vetusto e lo stato di abbandono visibile all'esterno a chiunque a prescindere da una particolare perizia.

Il condominio è responsabile per lo stato di abbandono delle parti comuni condominiali.

Ne segue quindi che non può negare la conoscenza delle condizioni dell'immobile il proprietario che si rechi anche solo saltuariamente presso l'abitazione secondaria o vacanziera.

Altra questione concerne l'individuazione del soggetto diverso dal proprietario, gravato dall'obbligo di manutenere e vigilare sull'immobile.

Non c'è dubbio che il reato si configuri anche a carico dell'amministratore del condominio legittimamente nominato dall'assemblea condominiale. Dalla nomina dell'amministratore di codominio ex art. 1392 c.c., che può anche derivare da un comportamento concludente dei codomini indipendentemente da una formale investitura, discendono poteri e doveri rilevanti anche sotto il profilo penalistico e che derivano dalla particolare condizione di prossimità con l'immobile.

La giurisprudenza, infatti, per consolidato orientamento, afferma come vi sia una posizione di garanzia dell'amministratore di condominio, tenuto, in quanto tale, ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza con specifico obbligo di riferirne ai condomini nella prima assemblea ai sensi dell'art. 1135 II comma c.c. (Cass., 25 febbraio 2003 n. 9027 ).

Tuttavia, qualora l'amministratore abbia convocato l'assemblea straordinaria condominiale per l'approvazione di lavori urgenti ed effettui i lavori in modo da rimuovere la situazione di pericolo, egli non risponde della contravvenzione de quo, anche se la realizzazione di tali opere non è stata tempestiva rispetto i termini indicati nell'ordinanza comunale che imponeva l'adozione di opere si (Tribunale sez. I - Napoli, 27/11/2018, n. 13613).

Ciò che rileva, infatti, non è il mero inadempimento dell'obbligo di attivarsi, ma l'effettiva rimozione delle condizioni di pericolosità per l'incolumità pubblica.

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