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Decoro architettonico: l'amministratore è responsabile?

La tutela del decoro architettonico degli edifici condominiali, il ruolo dell'amministratore.
Avv. Eliana Messineo 

Il concetto di decoro architettonico non si rinviene in una specifica definizione normativa. Il codice civile fa riferimento al decoro dello stabile condominiale solamente quando disciplina le innovazioni (art. 1120, secondo comma, c.c.: sono vietate le innovazioni che alterino il decoro architettonico) ed il contenuto che deve avere contenute il regolamento condominiale (art. 1138 primo comma c.c.: il regolamento di condominio deve contenere le norme per la tutela del decoro dell'edificio).

In mancanza di una definizione specifica, la giurisprudenza ha tracciato il concetto di decoro architettonico facendolo coincidere con l'estetica del fabbricato "data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e che gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità".

L'estetica, inoltre, non è propria dei soli edifici di particolare pregio storico-artistico, ma di ogni fabbricato nel quale possa individuarsi "una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia" (così, ex multis, Cass. 4 aprile 2008, n. 8830).

Prima di esaminare il ruolo dell'amministratore nella tutela del decoro architettonico dello stabile e se e quando è responsabile per le alterazioni architettoniche dello stabile condominiale, occorre partire dalla nozione di decoro architettonico.

Decoro architettonico: definizione e casistica

Il decoro architettonico, che caratterizzi la fisionomia dell'edificio condominiale, è un bene comune, ai sensi dell'articolo 1117 c.c., il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare (Cass. Sez. 2, 04/04/2008, n. 8830).

La giurisprudenza distingue il "decoro" architettonico dall' "aspetto" architettonico.

Il decoro architettonico è dato dalla particolare struttura e dalla complessiva armonia, che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità, involgendo anche l'estetica del fabbricato, vale a dire la bellezza dello stesso, la piacevolezza nel vederlo, e prescinde dal pregio estetico che possa avere l'edificio (Cass., sent. 11 maggio 2011, n. 10350).

Per "aspetto architettonico", cui si riferisce l'art. 1127, comma 3, cod. civ., quale limite alle sopraelevazioni, si deve intendere, invece, la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio; di conseguenza l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo, percepibile da qualunque osservatore.

"L'aspetto architettonico, cui si riferisce l'art. 1127, comma 3, cod. civ., quale limite alle sopraelevazioni, sottende, peraltro, una nozione sicuramente diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dagli artt. 1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis cod. civ., dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore" ( cfr. ex multis, Cass. n. 12644 del 2023).

La nozione contenuta nell'art. 1127 cod. civ., relativo alla facoltà dei condomini di costruire in sopraelevazione, coinvolge una serie di valutazioni connesse alla compatibilità con lo stile architettonico; diversamente il decoro dell'immobile, come richiamato dall'art. 1120 cod. civ., si esprime nell'omogeneità delle linee e delle strutture architettoniche, ossia nell'armonia estetica dell'edificio.

Le nozioni in questione quindi non coincidono, sebbene l'una non possa prescindere dall'altra, dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia e alterare le linee impresse dal progettista (Cass. 24 aprile 2013, n. 10048).

Chiarito ciò, ledere il decoro architettonico vuol dire quindi apportare un danno all'estetica dello stabile, ossia alterarla a tal punto da cagionare un deprezzamento dell'edificio (Cass. n. 1286/2010).

Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio.

La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione (Cass. n. 7870 del 2021)

È dunque il giudice l'unico soggetto legittimato a decidere, caso pe r caso, se vi sia stata una lesione del decoro architettonico.

Non è possibile, dunque, generalizzare, ogni caso va valutato secondo il prudente apprezzamento del giudice; tuttavia è possibile ricavare, dalla casistica giurisprudenziale, elementi utili a contestualizzare la materia.

  • lo stravolgimento architettonico delle facciate, con il pregiudizio arrecato all'aspetto estetico dell'edificio, costituisce in sè un chiaro indice del nocumento arrecato al decoro architettonico, rilevante anche per i fabbricati che non rivestano particolare pregio artistico ed estetico; in tal senso, di recente, la Cassazione con ordinanza n. 17920/2023 ha considerato fondamentale il rispetto dell'aspetto estetico del fabbricato anche di fronte ad opere importanti quali quelle di contenimento energetico della struttura (una condòmina aveva fatto installare un cappotto termico, ma un condòmino aveva contestato la lesione del decoro architettonico).
  • Il regolamento di condominio può vietare quegli interventi modificatori delle porzioni di proprietà individuale che, riflettendosi su strutture comuni, siano passibili di comportare pregiudizio per il decoro architettonico; è il caso, ad esempio, della chiusura a vetri di balconi o terrazzi di pertinenza esclusiva;
  • Non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico: costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico dell'edificio condominiale anche quella che si riflette negativamente sull'aspetto armonico prescindendo dal pregio estetico che può avere l'edificio, ( principio di recente ribadito dalla Corte di Appello di Roma mediante sentenza n. 2384 del 31 marzo 2023 che ha considerato lesione del decoro architettonico la creazione di un varco d'accesso nell'area condominiale comportante l'arretramento dell' aiuola condominiale).
  • Sull'incidenza sul decoro architettonico di pregresse modifiche non autorizzate si segnalano orientamenti contrastanti: 1) secondo l'orientamento prevalente, quando esistono preesistenti interventi modificativi tali da inficiare negli anni il decoro architettonico dell'edificio, la nuova opera modificativa compiuta da un condòmino non ha incidenza lesiva del decoro; 2) secondo altro orientamento, le modifiche pregresse non incidono ( o comunque da sole non hanno rilevanza) sulla lesione del decoro architettonico arrecata da una nuova opera.

In relazione al primo orientamento si segnalano: Trib. di Napoli, sent. n. 8436/2023, "se l'estetica ed il decoro architettonico dell'edificio siano già stati inficiati nel corso degli anni a causa di una serie di lavori pregressi, laddove venga apportata una nuova modifica ad una unità immobiliare, essa non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico, attesa la preesistenza di menomazioni estetiche"; Cass. n. 10583/2019, "non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un'opera modificativa compiuta da un condomino, quando sussista degrado di detto decoro a causa di preesistenti interventi modificativi di cui non sia stato preteso il ripristino"; Cass. n. 11177/2017 ed altre)

In relazione al secondo orientamento si segnalano: Cass. n. 16518/2023, "non può conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un'attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni"; Cass. n. 24073 del 2022 "la lesione al decoro architettonico dell'edificio non può ritenersi normalmente esclusa da interventi precedenti sull'immobile, a meno che essi non abbiano arrecato un degrado tale da rendere ininfluente e nemmeno percepibile l'intervento successivo"; Cass. n. 851/2007, "nessuna influenza, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 cod. civ., può essere attribuita al grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell'edificio, ovvero alla presenza di altre pregresse modifiche non autorizzate".

Decoro architettonico e interpretazione del regolamento

Il ruolo dell'amministratore di condominio nella tutela del decoro architettonico

L'amministratore di condominio deve garantire il rispetto del decoro architettonico controllando che la realizzazione di nuove opere non comporti un'alterazione estetica del fabbricato.

L'amministratore ha una legittimazione processuale attiva ossia può agire contro in condòmini che violino il decoro architettonico, ma non può essere convenuto in giudizio per rispondere degli effetti pregiudizievoli derivanti all'edificio da interventi realizzati dai singoli condomini.

La Suprema Corte di Cassazione, sez. 2, ordinanza n. 29905 del 20 novembre 2018, in un caso in cui una condòmina, comproprietaria del bene comune asseritamente pregiudicato per ipotetiche lesioni al decoro architettonico, aveva citato in giudizio il condominio svolgendo nei suoi confronti sia la domanda di rimessione in pristino sia la domanda condannatoria, ha avuto modo di statuire che la condomina, avrebbe dovuto evocare in giudizio singolarmente i condòmini responsabili delle rispettive violazioni e non l'amministratore di condominio che non ha alcuna legittimazione passiva a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivanti all'edificio da interventi realizzati dai singoli condomini.

Al massimo il rappresentante del condominio potrebbe essere passivamente legittimato ad un'azione volta all'accertamento dell'illiceità della sua inerzia nell'agire a tutela del decoro dell'edificio.

A tale orientamento si è conformata di recente la Corte d'Appello di Bari con la sentenza n. 1344 del 20 settembre 2023. Nella specie, un condòmino aveva chiamato in giudizio l'amministratore per ottenere il risarcimento del danno estetico arrecato alla facciata dagli infissi sostituiti da alcuni condòmini.

Per la Corte territoriale, l'amministratore non aveva alcuna legittimazione passiva in relazione agli effetti pregiudizievoli derivati al decoro architettonico dagli interventi realizzati da taluni condòmini.

Anche la Corte d'Appello di Messina, con una recente pronuncia, sent. 535 del 14 giugno 2023ha chiarito che il rappresentante dell'ente di gestione è passivamente legittimato in relazione all'azione volta all'accertamento dell'illiceità della sua inerzia nell'agire a tutela del decoro dell'edificio, cui conseguono effetti risarcitori, e non demolitori.

L'unica domanda che può fondare una legittimazione passiva in capo al condominio è quella per inadempimento ai doveri di diligenza ex art. 1710 e per il colpevole comportamento omissivo tenuto dall'amministratore nell'agire a tutela del decoro architettonico del fabbricato condominiale.

L'amministratore di condominio è, dunque, privo di legittimazione passiva relativamente alla domanda volta all'eliminazione dei manufatti ritenuti lesivi del decoro dell'edificio condominiale.

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