Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Non è possibile “cappottare” quella parte della facciata condominiale corrispondente al proprio appartamento

Il favore del legislatore per tale l'intervento non deve far dimenticare l'impatto sul decoro del palazzo.
Dott. Giuseppe Bordolli Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Nonostante le difficoltà di delimitare tale concetto, è ormai, però, giurisprudenza costante che per decoro architettonico debba intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia ed un particolare pregio estetico.

Si noti che il decoro architettonico, inteso come sopra, va valutato con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato) e non rispetto all'impatto con l'ambiente circostante.

Bisogna considerare che vi è decoro per tutti gli edifici e non solo per quelli stabili che rivestano un particolare valore di interesse storico o artistico: anche l'edificio popolare è dotato di decoro architettonico perché anche la più modesta costruzione ha pur sempre caratteristiche strutturali tali da conferire all'immobile una particolare fisionomia suscettibile di essere danneggiata da innovazioni su porzioni di proprietà esclusiva o sulle parti comuni che determinano una modifica, ancorché tali nuove opere apportino particolari utilità al singolo condomino o al condominio.

In altre parole, il cambiamento dell'identità estetica di un edificio costituisce una alterazione del suo decoro architettonico; non importa se il cambiamento sia migliorativo o peggiorativo (che costituisce una valutazione opinabile per sua natura), ma è il fatto che un cambiamento ci sia a costituire una alterazione del decoro architettonico.

A proposito di opere migliorative si può osservare come, nella maggior parte delle ipotesi, l'intervento di cappottatura di un caseggiato comporti un mero aumento dello spessore esterno dell'edificio (del tutto ininfluente per ritenere leso il decoro architettonico); l'installazione del cappotto, però, può, in alcuni casi, comportare una vera e propria modifica dei tratti tipici condominiali della facciata.

A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione della Suprema Corte (ordinanza del 22 giugno 2023 n. 17920).

Non è possibile "cappottare" quella parte della facciata condominiale corrispondente al proprio appartamento. Fatto e decisione

Una condomina, titolare del piano primo e del sottotetto di un piccolo caseggiato, citava davanti al Tribunale il condomino proprietario del piano seminterrato, chiedendo che fosse disposta la rimessione in pristino, a cura del convenuto, in relazione ad alcune opere abusivamente realizzate (trasformazione di luci in vedute; abusiva eliminazione di una colonna fognaria a servizio dell'immobile dell'attrice; abusivo allargamento di uno spazio di isolamento in danno dell'attrice).

Il convenuto negava quanto sostenuto dall'attrice, affermando che era stata invece la stessa condomina a realizzare opere abusive e, in particolare, a stravolgere sul piano architettonico la facciata, attraverso la copertura con intonaco dell'originario stato con pietre a vista e il cambiamento degli infissi, opere di cui richiedeva, in via riconvenzionale, la riduzione in pristino.

Il Tribunale accoglieva la domanda dell'attrice e rigettava la domanda riconvenzionale, poiché le modifiche apportate all'edificio erano state autorizzate in via amministrativa. La Corte di Appello riformava parzialmente la sentenza, ordinando all'attrice la riduzione in pristino dell'esterno del fabbricato, con la rimozione della copertura con intonaco e il ripristino dell'originario stato con pietre a vista.

I giudici di secondo grado notavano che la copertura con intonaco della metà superiore della facciata del caseggiato integrava sicuramente gli estremi dell'innovazione vietata, essendo tale da alterare il decoro architettonico dell'edificio, atteso che il risultato finale appariva antiestetico, caratterizzandosi per una rilevante e immediatamente percepibile differenza di finitura tra le due parti dell'edificio, la cui parte inferiore continuava ad avere le pietre a vista, mentre quella superiore presentava, invece, l'intonaco bianco.

La condomina soccombente ricorreva in cassazione rilevando, tra l'altro, che il rifacimento dell'intonaco aveva riguardato le sole pareti del fabbricato su cui insisteva la sua abitazione, con la costituzione di un rivestimento mediante apposito cappotto termico per il contenimento energetico della struttura. La Suprema Corte ha condiviso la posizione espressa dai giudici di secondo grado.

Secondo la Cassazione, nonostante l'attrice avesse sottolineato che le facciate dei due piani dell'immobile erano sin dall'origine non omogenee, il pregiudizio arrecato all'aspetto estetico dell'edificio era evidente.

La cappottatura parziale aveva quindi compromesso l'unità di linee e di stile del caseggiato, rilevante anche per i fabbricati che non rivestano particolare pregio artistico ed estetico, suscettibile di compromissione o turbativa e tale da determinare un deprezzamento del bene.

Considerazioni conclusive

Secondo la Corte Suprema, a fronte dello stravolgimento del decoro architettonico delle facciate causata dall'opera dell'attrice, perde rilevanza il fatto che l'intervento realizzato sia un cappotto termico giustificato dalla necessità di efficientare a livello energetico l'edificio o parte di esso. Lungo questa linea di pensiero il Tribunale di Milano con (discutibile) ordinanza del 30 settembre 2021, in sede di reclamo, ha sospeso una delibera condominiale che riteneva lesiva del decoro in quanto prevedeva di sostituire il vecchio e ammalorato klinker con nuovo e più efficiente grès porcellanato, garantendo sempre l'alternanza di due colori, ma con tinte molto lontane da quelle originarie.

Del resto una delibera che disponga un'innovazione diretta al miglioramento dell'efficienza energetica del fabbricato, non deve essere volta necessariamente anche al miglioramento del decoro architettonico della facciata, ma l'eventuale alterazione del decoro architettonico costituisce un limite imposto alla legittimità dell'innovazione (Cass. civ., sez. II, 20/04/2021, n. 10371).

Sentenza
Scarica Cass. 22 giugno 2023 n. 17920
  1. in evidenza

Dello stesso argomento