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Trasformare un balcone in veranda vuol dire andare incontro a contestazioni per la violazione del decoro architettonico

Opere modificative del decoro architettonico dell'edificio: la trasformazione di un balcone in veranda.
Avv. Alessandro Gallucci 

La trasformazione di un balcone in veranda rientra tra quegli interventi che, per nozione di comune esperienza, possono essere annoverabili tra le opere modificative del decoro architettonico dell'edificio.

Insomma se si trasforma quella parte accessoria aperta dell'unità immobiliare, in un vero e proprio vano aggiuntivo della medesima, oltre alle eventuali sanzioni per gli illeciti penali ed amministrativi, il condomino andrà quasi certamente incontro ad un'azione condominiale per lesione del decoro dell'edificio.

Si badi: ciò può avvenire anche se l'opera edilizia è supportata dalle necessarie autorizzazioni comunali.

leggi anche (L'installazione di una veranda sopra l'ultimo piano di un edificio condominiale.)

Il motivo è semplice: le pubbliche amministrazioni, solitamente, rilasciano questo genere di autorizzazioni (o atti comunque nominati) mantenendo salvi i diritti di terzi. Insomma l'autorità pubblica verifica se dal suo punto di vista è tutto regolare, ma non può limitare i diritti degli altri, in questo caso degli altri condomini.

Ma che cosa vuol dire esattamente "decoro architettonico" dell'edificio.

Quando il decoro di un edificio può dirsi leso?

Quali sono gli elementi da portare in giudizio per dimostrare l'avvenuta lesione del decoro architettonico dello stabile?

Sul decoro la giurisprudenza si è espressa varie volte e in maniera costantemente uniforme.

Nel vasto repertorio di pronunce sul punto, citiamo la sentenza n. 27224 del 4 dicembre 2013. Le pronunce giurisprudenziali in merito assumono sempre interesse in quanto il codice, nemmeno con l'approvazione della riforma (legge n. 220/2012), fornisce una definizione di decoro.

Decoro architettonico, sua definizione e concetto di alterazione

La sentenza n. 27224, s'inserisce nel solco dei precedenti pronunciamenti.

Si legge nella pronuncia: "per decoro architettonico del fabbricato, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia.

L'alterazione di tale decoro può ben correlarsi alla realizzazione di opere che immutino l'originario aspetto anche, soltanto, di singoli elementi o punti del fabbricato tutte le volte che la immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile.

Va anche osservato che l'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno l'alterazione del decoro di un determinato fabbricato è demandata al giudice di merito il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato" (Cass. 4 dicembre 2013 n. 27224).

Ad ogni buon conto è sempre bene tenere a mente che, sono stati gli stessi ermellini, a dirlo l'alterazione deve tradursi in un danno economico per le parti comuni e/o per le parti di proprietà esclusiva (cfr. Cass. n. 1286/2010).

Come in ogni processo civile soggetto alle ordinarie regole probatorie, sta a chi lamenta la violazione del decoro provare che ciò sia avvenuto (art. 2697 c.c.) e quindi dimostrare:

  • la modifica del decoro;
  • che tale modifica sia alterativa;
  • il danno economico conseguente.

Decoro architettonico e verande

La sentenza n. 27224 ha destato particolare attenzione in quanto si esprime sull'argomento oggetto di questo approfondimento, ovvero l'edificazione di verande tramite trasformazione di balconi.

Nella citata pronuncia, infatti, sembrerebbe constatarsi anche un'affermazione di principio come la seguente: la costruzione di una veranda comporta automaticamente la violazione del decoro, sicché sta a chi l'ha posta in opera dimostrare il contrario.

(Il regolamento contrattuale e le modifiche del decoro architettonico dell'edificio.)

Se questo fatto fosse confermato ci troveremmo di fronte ad un sostanziale ribaltamento dell'onere probatorio (non è chi accusa a dover provare l'esistenza dell'alterazione estetica ma chi si difende a dover dire che l'opera non ha comportato ciò).

In questo contesto di cose, è bene ricordare che "non può avere incidenza lesiva del decoro architettonico di un edificio un'opera modificativa compiuta da un condomino, quando sussista degrado di detto decoro a causa di preesistenti interventi modificativi di cui non sia stato preteso il ripristino: la valutazione circa il degrado della facciata del fabbricato è oggetto riservato all'indagine del giudice di merito che è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Nella specie, la sentenza con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha evidenziato come le originarie linee della facciata erano state stravolte dai diversi interventi che nel corso degli anni erano stati effettuati dai singoli condomini con la realizzazione di verande, apposizioni di tubazioni con colori differenti" (Cass. 7 settembre 2012, n. 14992).

Come dire: la veranda, che non sia la prima costruita, non può essere considerata alterativa della facciata dell'edificio.

Decoro architettonico, verande e plurime violazioni

Nella valutazione della violazione del decoro in relazione alla costruzione di una veranda, l'impatto va considerato nel contesto in cui tale edificazione è eseguita.

Ciò vuol dire che se già esisteva uno stato di compromissione dei luoghi, compromissione estetica, s'intende, tale evenienza non potrà non essere tenuta in considerazione.

Al riguardo la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare che "il giudice trovandosi a valutare se sussista lesione del decoro architettonico di un fabbricato condominiale, a cagione di un intervento operato dal singolo condomino sulla struttura, deve tenere anche conto delle condizioni nelle quali versava l'edificio prima del contestato intervento, potendo anche giungersi a ritenere che l'ulteriore innovazione non abbia procurato un incremento lesivo, ove lo stabile fosse stato decisamente menomato dai precedenti lavori" (Cass. 8 maggio 2017 n. 11177).

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