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Impianti per la produzione di energia alternativa tra novità introdotte dalla Riforma e limiti al decoro architettonico.

Novità e limiti per l'installazione di impianti per la produzione di energia alternativa.
Ivan Meo 

La ratio. La legge 11 dicembre 2012, n. 220, intitolata "modifiche alla disciplina del condominio negli edifici", risponde all'esigenza di un riordino complessivo della disciplina del condominio.

Tra le modifiche previste, di primaria importanza, vi sono proprio quelle inserite all'art. 1120 c.c., che ha introdotto una disciplina privilegiata per l'approvazione delle innovazioni dirette al contenimento del consumo energetico.

Infatti, per determinati tipi di opere, è prevista una maggioranza agevolata stabilita dal secondo comma dell'art. 1136 c.c.

Leggi anche: (Anche gli impianti fotovoltaici potranno usufruire della detrazione Irpef del 50%. Benefici fiscali estesi anche per l'installazione di impianti in condominio.)

Maggioranze "privilegiate".

Nella specie, l'art. 1120 c.c. così dispone: "I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.

I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune";

Le modifiche apportate sono di grande rilievo. Numerose sono infatti le fattispecie innovative che, ritenute dal legislatore di particolare interesse per la collettività condominiale, alla luce della novella legislativa godono della maggioranza agevolata di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c.

Tutte le innovazioni finalizzate al contenimento del consumo energetico degli edifici, alla produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione o comunque di fonti rinnovabili, o, ancora, all'installazione di sistemi per la termoregolazione e la contabilizzazione del calore, potranno essere deliberate dall'assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

I limiti. Se da un lato il Riformatore ha "agevolato" la realizzazione degli impianti fotovoltaici sugli edifici condominiali, rimangono pur sempre determinati alcune regole da seguire affinché l'installazione medesima non pregiudichi la stabilità o la sicurezza del fabbricato, non alteri il decoro architettonico e non renda talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

Da leggere: (L'integrazione architettonica dell'impianto fotovoltaico)

Secondo l'orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione, con il concetto di "decoro architettonico" si deve indicare: "l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità" (Cass. Civ., 16 gennaio 2007, n. 851).

Partendo da tale definizione la Suprema Corte ha più volte precisato che "l'alterazione del decoro architettonico dell'edificio condominiale deve valutarsi non soltanto con riferimento all'estetica data dalle linee e dalle strutture che connotano il fabbricato nel suo insieme, ma anche dalla modifica dell'originario aspetto dei singoli elementi o di singole parti dell'edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili di per sé di considerazione autonoma", tale da causare "significative ripercussioni pregiudizievoli nella valutazione economica delle singole unità immobiliari"(Cass. Civ., 19 gennaio 2005, n. 1076; Cass. Civ., 24 marzo 2004, n. 5899).

I giudici hanno, infine, precisato che l'alterazione del decoro deve essere economicamente apprezzabile; difatti, "l'apprezzabilità dell'alterazione del decoro deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell'intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l'innovazione viene posta in essere" (Cass. Civ., 25 gennaio 2010, n. 1286).

Tale interpretazione del termine "decoro architettonico" risulta consona al dettato normativo dell'articolo 1120 cod. civ., la cui ratio si ispira alla tutela del valore patrimoniale dell'intero edificio e, quindi, anche delle singole unità immobiliari.

In giurisprudenza di merito si è precisato, inoltre, che sono vietate non tutte le modifiche che comportino la variazione dell'aspetto, ma solo quelle che modifichino l'estetica, il che comporta che quando non vi sia un particolare pregio e un serio attentato alle caratteristiche e ai pregi dell'edificio, la innovazione sia comunque consentita (Trib. Milano, 20 ottobre 2006, n. 11449).

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