Il tema della sicurezza generale risulta essere di grande attualità in condominio, soprattutto da quando l'evoluzione normativa e l'interpretazione giurisprudenziale hanno indicato nuovi obblighi e nuove responsabilità in capo all'amministratore, a tutela degli interessi dei condòmini e dei terzi.
Non a caso, per effetto della legge di riforma sul condominio, è aumentata la tendenza dei giudici ad ampliare, in eccesso, le funzioni e gli adempimenti dell'amministratore in materia di sicurezza e ciò ben oltre il disegno codicistico.
Nella prassi il ruolo dell'amministratore, per la gestione in sicurezza delle parti comuni, sembra assumere, sempre di più, una rilevanza esterna, con distinte e autonome responsabilità, anche nei confronti della collettività.
Dal punto di vista normativo, la gestione della sicurezza è disciplinata principalmente dal D.Lgs n. 81/2008, meglio conosciuto come "Testo unico sulla sicurezza sul lavoro".
Secondo l'interpretazione prevalente, tale provvedimento normativo, che interessa le aziende private e pubbliche e tutti i lavoratori dei settori produttivi, è applicabile anche al condominio, inteso come luogo ove si svolgono le attività di lavoro.
In realtà è stata proprio la giurisprudenza a cimentarsi nel definire il concetto di luogo di lavoro, che il D.Lgs 81/2008 non specifica, intendendo lo stesso luogo di lavoro come un qualsiasi posto in cui il lavoratore acceda, anche solo occasionalmente, per svolgervi le mansioni affidategli (Cass. Pen. n. 19553, del 18 maggio 2011).
Ragionando in tal senso è palese che la normativa antinfortunistica non possa non riguardare anche le parti comuni degli edifici condominiali, con l'obbligo dell'amministratore committente di verificare, ex art. 90 D.Lgs 81/2008, i requisiti tecnico professionali dell'impresa fornitrice, prima dell'affidamento dell'incarico.
Ne deriva che l'amministratore, nel caso in cui affidi l'esecuzione delle opere di manutenzione su parti comuni a terzi, è considerato committente e pertanto, ex art. 26 comma 1 lett. a) D.Lgs 81/2008, prima di affidare l'incarico ad una ditta o ad un lavoratore autonomo, è tenuto a verificare che tale impresa o lavoratore abbia l'idoneità tecnico professionale necessaria ad eseguire il lavoro nelle parti comuni dell'edificio, in base al principio del neminem ledere di cui all'art. 2043 c.c. (ex multis Cass. n. 25752013).
In buona sostanza l'amministratore è come se fosse il datore di lavoro degli addetti che svolgono attività lavorativa nelle parti comuni, con tutte le responsabilità annesse e connesse, sebbene in condominio non si possa ravvisare un rapporto di lavoro subordinato.
Peraltro il condominio, di solito, non fornisce attrezzature proprie agli operai, ma nel caso in cui lo facesse tali attrezzature dovrebbero essere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III del D.Lgs 81/2008, e cioè idonee ai fini della sicurezza e alla salute e adeguate al lavoro da svolgere.
Certamente, nel caso in cui il condominio avesse dei dipendenti, come ad esempio il portiere o il giardiniere, l'amministratore sarebbe tenuto a comportarsi come un datore di lavoro, con l'obbligo di verificare il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza.
In sintesi l'amministratore, per i lavori svolti nelle parti comuni, è tenuto a far osservare le norme tecniche obbligatorie poste a tutela della sicurezza delle persone, attraverso l'adozione di misure generali di prevenzione e protezione, necessarie a scongiurare eventuali incidenti.
In pratica, oggi, l'amministratore si configura come un mandatario obbligato al compimento di atti conservativi sulle parti comuni, con compiti complessi e delicati, che presuppongono la conoscenza delle problematiche sottese alla conservazione dei beni amministrati.
All'amministratore, in qualità di custode delle parti comuni, il codice civile e le leggi speciali riservano doveri ed obblighi finalizzati ad impedire che il modo d'essere dei beni condominiali provochi danno di terzi (Cass. n.25251/2008).
In effetti, allo stato attuale, la complessità tecnica delle normative applicabili al condominio, può comportare la violazione di determinate prescrizioni da parte dell'amministratore, tali da poter configurare un'eventuale responsabilità penale dello stesso amministratore, per i danni derivati dalla sua condotta omissiva in termini di sicurezza.
Ovviamente la responsabilità penale può riguardare soltanto l'amministratore inteso come persona fisica, non potendo ricadere sul condominio, che è un soggetto fiscale privo di personalità giuridica.
In generale, l'amministratore potrebbe essere ritenuto responsabile penalmente, per aver omesso di far cessare le situazioni pregiudizievoli alla pubblica incolumità di chi accede alle parti comuni o ne entra in contatto.
In sintesi, l'amministratore di condominio assume una posizione di protezione e garanzia dei condòmini e dei terzi, con riferimento all'integrità dell'edificio condominiale, che preserva attraverso il potere-dovere di rimuovere le fonti di pericolo concernenti le parti comuni. Sotto tale profilo l'amministratore di condominio è un po' come il Sindaco che, in qualità di ufficiale di governo, adotta tutti i provvedimenti necessari e urgenti, per prevenire ed eliminare le minacce di gravi pericoli all'incolumità dei cittadini.
In mancanza di misure idonee a preservare la sicurezza della circolazione e dell'integrità delle persone, il Sindaco è responsabile penalmente per gli incidenti avvenuti durante l'esecuzione dei lavori edili (Cass. 46400/2015).
Allo stesso modo, in termini di sicurezza delle persone, l'amministratore è responsabile quando non vengono effettuati i controlli previsti per legge e viene omessa la verifica della corrispondenza ai criteri tecnici di sicurezza (Cass. n. 25540/2017).
A scanso di equivoci occorre precisare che l'amministratore non può essere ritenuto responsabile per non aver eseguito determinati lavori necessari ad eliminare un pericolo imminente, nel caso in cui avesse provveduto a convocare, tempestivamente, l'assemblea condominiale e all'esito della discussione i condòmini riuniti avessero deciso di non effettuare tali lavori necessari a garantire l'incolumità pubblica e la sicurezza.
Al contrario, nel caso in cui l'assemblea avesse deciso di appaltare i lavori, bisogna verificare, caso per caso, quale sia stato l'ambito di autonomia di azione dell'amministratore e i poteri decisionali a sua disposizione, con la conseguenza che soltanto nell'ipotesi in cui avesse proceduto direttamente all'organizzazione e direzione dei lavori da eseguire in condominio potrebbe assumere la posizione di garanzia del datore di lavoro (Cass. pen. n. 42347/2013).
In ogni caso se l'appaltatore è custode esclusivo delle cose sulle quali si effettuano i lavori, è da escludere che l'amministratore abbia potere di controllo su tali beni comuni (Cass. n.25251/2008).
D'altronde è pacifico che il committente risponde, nei confronti dei terzi, del fatto lesivo commesso dall'appaltatore, soltanto nel caso in cui lo stesso appaltatore abbia agito senza l'autonomia che gli compete ed in esecuzione di ordini impartiti dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente (ex multis Cass. n. 2745/1999; Cass. n. 7499/2004; Cass. n. 4361/2005 e Cass. n. 7755/2007).
Nell'ipotesi di danni a terzi causati da lavori effettuati nei fabbricati condominiali, sempre più spesso, l'autorità giudiziaria adita è chiamata a ripartire le responsabilità tra i condòmini e l'amministratore da un lato ed il direttore dei lavori e la ditta appaltatrice dall'altra.
Sotto tale profilo sono molte le pronunce dei giudici che tendono ad attribuire all'amministratore una responsabilità per culpa in eligendo e in vigilando nel caso che la sua condotta incida, in modo imprescindibile, sulla determinazione dell'evento dannoso.
In altri termini l'amministratore rischia di incorrere in responsabilità personale quando sceglie (elige) la ditta appaltatrice, senza usare la normale diligenza, e/o dopo averla scelta non si preoccupa di organizzare e assicurare la vigilanza sul rispetto delle norme di prevenzione infortuni e di tutela della salute nell'esecuzione del lavoro.
In conclusione si osserva come il proliferare di leggi speciali in materia condominiale, di fatto, implichi la necessità di affidare l'amministrazione dei fabbricati condominiali a professionisti competenti e scrupolosi, con un'alta e qualificata cognizione normativa, per evitare di causare danni ai condòmini e soprattutto ai terzi.