Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Rovina dell'edificio? La colpa è dei proprietari, non dell'amministratore di condominio

Nessuna responsabilità penale in capo all'amministratore di condominio.
Avv. Michele Zuppardi - Foro di Taranto 

Nessun lavoro sugli edifici che minacciano rovina? La colpa è dei proprietari, e non dell'amministratore dello stabile.

La sentenza n. 50366 del 12.12.2019, emessa dalla VII Sezione Penale della Corte di Cassazione, non lascia spazio a dubbi ed anzi "certifica" l'estraneità dei gestori della cosa comune riguardo alla "concretezza del pericolo alle persone", ogni qualvolta vi sia omissione - da parte dei proprietari stessi - degli adempimenti loro prescritti dalle ordinanze sindacali.

Rovina di edifici e responsabilità dei proprietari

Gli Ermellini hanno così confermato quanto stabilito dalla Corte d'Appello di Bari, chiamata a decidere sulla richiesta riforma di una sentenza del Tribunale di Foggia resa il 14 luglio 2017, con la quale venivano condannati "alla pena condizionalmente sospesa di mesi uno di arresto in ordine al reato di cui all'art. 677, comma 3, del codice penale", i titolari di beni immobili in rovina che alcuna iniziativa avevano posto in essere a seguito delle disposizioni ricevute dall'Ente Civico.

Se già la Corte territoriale aveva affermato la piena validità del ragionamento posto in essere in primo grado dal Tribunale, con la recente sentenza della Cassazione si conclude dunque una vicenda che lascia tirare un vero e proprio respiro di sollievo agli amministratori condominiali, i quali - pur obbligati agli immediati interventi sulle aree pericolose in prossimità dei fabbricati "a rischio" - non possono e non devono temere che venga scaricata su di loro la irresponsabile condotta dei titolari dei beni ammalorati.

Rovina dell'edificio e gravi difetti di costruzione. Come identificarli correttamente?

Si viene insomma ad "escludere ogni responsabilità dell'amministratore condominiale, che al più avrebbe potuto concernere le parti condominiali pericolanti", ed oltretutto, proprio con riguardo a tale responsabilità, si chiarisce che "in tema di omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina negli edifici condominiali (nella specie, i solai dei locali garage), nel caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento dei fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo" alcun addebito può esser mossosi al professionista.

Nei confronti di quest'ultimo, insomma, "non può ipotizzarsi la responsabilità per il reato di cui all'art. 677 cod. pen. per non aver attuato interventi che non erano in suo materiale potere, ricadendo in siffatta situazione su ogni singolo proprietario l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall'attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa (Sez.1, n. 21401 del 10.2.2009 - dep. 21.5.2009).

Come già stabilito dalla Corte di Appello di Bari, dunque, anche per gli Ermellini "nel caso previsto dal terzo comma della citata norma, al fine di andare esente da responsabilità, è sufficiente per l'amministratore intervenire sugli effetti della rovina, interdicendo, ove ciò sia possibile, l'accesso o il transito delle persone".

E a nulla rileva, fortunatamente, la doglianza del difensore degli imputati condannati, giustamente respinta, secondo il quale - nel caso di specie - essendovi un amministratore di condominio e quindi "una persona tenuta alla vigilanza e manutenzione dell'edificio condominiale, lo stesso sarebbe dovuto essere considerato "soggetto attivo del reato al posto dei proprietari, la cui responsabilità era unicamente sussidiaria".

A leggere integralmente la sentenza oggi in commento unitamente alle decisioni assunte dalla Magistratura nei precedenti gradi di giudizio, verrebbe da dire che finalmente si è chiarito, una volta per tutte, come l'attività di amministrare non significhi pure mettere i soldi per mantenere integro il palazzo.

Non solo. Il pregio delle decisioni rese dalla Suprema Corte permette di consolidare un altro importante assunto giuridico: mettere in pace la coscienza con il transennamento dello stabile, magari dopo aver "delegato" tale attività al professionista di turno, non equivale a scansare le responsabilità penali che gravano sui proprietari.

Nella fattispecie che ha originato il giudizio in esame, il difensore degli imputati ha ritenuto che "la permanenza del reato può ritenersi cessata con la data di accertamento del reato o comunque con il completamento del transennamento dell'area sottostante l'immobile pericolante e non con la messa in sicurezza dello stabile".

Nulla di più sbagliato, replica la Cassazione, dal momento che - come giustamente osservato anche dalla Corte di Appello di Bari - "con riguardo alla natura di reato permanente dell'art. 677, comma 3, cod.p en., lo stato di consumazione perdura finché il pericolo per la pubblica incolumità non sia cessato: con la conseguenza che, trattandosi di reato permanente a condotta omissiva, la permanenza viene a cessare solo nel momento in cui viene meno la situazione antigiuridica per fatto volontario dell'obbligato o per altra causa (Sez. 1, n. 6596 del 17.1.2008 - dep. 12.2.2008).

Chi non vuol essere condannato, dunque, pensi a tenere in ordine la proprietà. E non scarichi sugli amministratori responsabilità inconsistenti, che derivano soltanto dal non voler sborsare il necessario per mantenere fruibili, utili, e soprattutto non dannosi i beni di cui si è proprietari.

Come dire: se transennare è un preciso dovere posto a carico di chi gestisce, riparare ne è il conseguente, intimo e imprescindibile obbligo di chi ha affidato la gestione senza trasferire alcuna titolarità. A ognuno il suo.

  1. in evidenza

Dello stesso argomento


Rovina di edifici e responsabilità dei proprietari

Ecco quando i proprietari sono obbligati ad eseguire i lavori necessari per rimuovere il pericolo per la pubblica incolumità. Le condizioni di deterioramento delle facciate esterne degli immobili, soprattutto