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Immobili: i proprietari sono tenuti alla manutenzione anche al fine di prevenire l'insorgenza di pericoli per la salute pubblica

Manutenzione dell'immobile, tra obblighi amministrativi e responsabilità penali.
Avv. Alessandro Gallucci 

Vantare il diritto di proprietà su di un bene immobile non significa soltanto la garanzia di avere un bene di sicuro valore o, nella misura in cui si guarda ai riflessi sociali di tale situazione, uno status.

Essere proprietari, per restare ai profili giuridici di tale qualificazione, vuol dire essere titolari di una serie di obblighi in relazione al bene che si possiede.

Obblighi non solamente nei confronti di persone più o meno interessate a quell'immobile (ad esempio il conduttore nel caso di locazione, la compagine condominiale per ciò che concerne le spese per le parti comuni, ecc.).

Il dovere di mantenere la proprietà in buono stato ha come contro interessato anche l'intera comunità nel cui ambito è ubicato l'immobile. Conservare gli immobili in stato di buona manutenzione è, si potrebbe bene, un obbligo civico: farlo serve a garantire sicurezza e salubrità dell'ambiente circostante e delle persone che vi entrano in contatto.

Accade che quest'ultimo aspetto è oggetto di valutazioni e statuizioni giudiziali: quando si rintracciano sentenze in materia è sempre utile approfondirne il contenuto per comprendere quale debba essere la portata dell'obbligo in esame.

Manutenzione degli immobili, gli obblighi verso la collettività

Proprio nell'ottica fin qui indicata giova prendere in esame una delle pronunce in materia, il riferimento, tra quelle scorte, ricade su una sentenza del Tar Lombardia, esattamente la n. 986 del 18 aprile 2011.

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Come si è arrivati a questa decisione?

Nel caso di specie il proprietario di un immobile, lasciando il medesimo in stato d'abbandono non provvedeva ad evitare che il continuo appoggiarsi dei piccioni presso la sua proprietà creasse disagio e pericolo per la salubrità dell'ambiente circostante.

Alzi la mano chi non si è mai trovato dinanzi ad una situazione grosso modo simile. Nel caso risolto dal tribunale amministrativo lombardo, il sindaco del comune in cui era ubicato l'immobile non restava inerte e intimava al proprietario di quell'immobile, con apposita ordinanza, di porre rimedio a tale situazione di degrado.

Da qui il ricorso al giudice amministrativo da parte dei proprietari dell'immobile. Ritenuto infondato.

Motivo?

Secondo il T.A.R. Lombardia di Milano, infatti, «i proprietari degli immobili debbono provvedere alla sua manutenzione anche per evitare pericoli all'incolumità e alla salute pubblica; in virtù di tale obbligo devono garantire che non si creino situazioni che mettano a repentaglio la salute pubblica quali quelle che si verifichino quando uno stabile in evidente stato di incuria diventi la stabile dimora di piccioni che ovviamente vi depositano le loro deiezioni.

L'accumulo delle stesse oltre ad otturare gronde, può divenire causa di creazione di focolai di agenti patogeni e di parassiti come evidenzia l'ordinanza impugnata.

Il Sindaco titolare dei poteri in materia di ordinanze contingibili ed urgenti ha la facoltà di emanare un provvedimento che indichi misure idonee a rimediare ad una situazione quale quella descritta» (T.A.R. LOMBARDIA - MILANO - SEZIONE IV - Sentenza n. 986 del 18 aprile 2011).

Manutenzione degli immobili, le responsabilità penali

Vale la pena ricordare che la responsabilità del proprietario dell'immobile e dell'amministratore di condominio, quale suo legale rappresentante, oltre al livello civile e amministrativo, si estende anche al livello penale.

Responsabilità del conduttore e del proprietario in casi di incendio in appartamento

In tal senso la norma di riferimento è l'art. 677 c.p. (Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina) che recita:

«Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929.

La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a euro 309».

Si è fatto riferimento all'amministratore di condominio, poiché la norma individua quale responsabile il proprietario dell'edificio (i condòmini), ovvero chi per essi è tenuto alla conservazione dell'edificio medesimo.

Ciò specificato, è bene approfondire un aspetto: quali sono i limiti delle responsabilità dell'amministratore?

Al riguardo, al Corte di Cassazione, quando è stata chiamata ad affrontare l'argomento ha affermato che in relazione all'omissione di lavori in edifici che minacciano rovina negli stabili soggetti alla disciplina del condominio negli edifici, nell'ipotesi in cui non si formi la volontà assembleare e nel caso di mancato stanziamento delle risorse economiche necessarie per porre rimedio al degrado da cui deriva il pericolo, non può addebitarsi la responsabilità per il reato di cui all'art. 677 c.p. in capo all'amministratore del condominio.

In buona sostanza, dicono gli ermellini, non si può rimproverare al mandatario dei condòmini di non aver posto in essere interventi che non erano nel suo materiale potere, «ricadendo in siffatta situazione su ogni singolo proprietario l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall'attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa (Nell'affermare tale principio, la Corte ha anche chiarito che, nel caso previsto dal comma 3 della citata norma, al fine di andare esente da responsabilità, è sufficiente per l'amministratore intervenire sugli effetti della rovina, interdicendo, ove ciò sia possibile, l'accesso o il transito delle persone)» (Cass. 10 febbraio 2009 n.21401, CED Cassazione penale 2009).

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