Una delle responsabilità che investe l'amministratore di condominio nell'esercizio del suo mandato è quella relativa alle parti comuni dell'edificio.
L'art. 677 c.p., rubricato Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, punisce "il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo".
Continua la norma ai commi successivi "La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione. Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a euro 309".
Si configurano, così, due distinte ipotesi. La prima, punita con una sanzione amministrativa, consiste in una omissione di rimozione del pericolo su immobili che minaccino rovina.
La seconda ipotesi, punita penalmente e contenuta nel terzo comma dell'art. 677 c.p., trova applicazione quando dalla situazione derivi pericolo per le persone. È il caso del distacco del cornicione che minaccia di staccarsi, trovandosi sul prospetto principale che si affaccia sulla pubblica via.
Dal punto di vista dell'autore del fatto, trattasi di un reato proprio, ovvero di un reato la cui integrazione richiede una determinata qualifica o posizione specifica, non potendo essere commesso da chiunque ma solo dal proprietario di un edificio o da chi, per questo, è tenuto alla sua conservazione.
La natura di questo reato è contravvenzionale, essendo previsto dalla norma un trattamento sanzionatorio meno grave, ovvero l'arresto o l'ammenda, pene previste per le contravvenzioni. Difatti nel nostro ordinamento i delitti sono puniti con l'ergastolo, la reclusione e la multa, mentre le contravvenzioni con l'arresto e l'ammenda.
In parte la fattispecie in questione è stata depenalizzata. Perciò, se dalla condotta non vi è pericolo per le persone la previsione si limita all'applicazione della sola sanzione amministrativa.
Ma l'interrogativo principale è: chi è il soggetto penalmente responsabile?
Per individuare il responsabile del fatto in questione è necessario distinguere due casi.
- Se l'edificio è di proprietà di una singola persona l'obbligo di manutenzione è a carico di questo soggetto.
- Se invece trattasi di edificio condominio la storia cambia.
In tale caso il responsabile è colui il quale ha, in forza del proprio mandato, il dovere di vigilare ed eventualmente intervenire per rimuovere la causa di pericolo.
In sostanza, l'amministratore di condominio. In quest'ultimo caso l'amministratore sarà destinato ad essere sanzionato? Quali sono le delimitazioni della sua responsabilità? Ma soprattutto, in quali modalità costui può difendersi?
A questi interrogativi ha risposto la Suprema Corte di Cassazione, la quale, in un caso di rovina di un cornicione condominiale, con una pronuncia dal contenuto incisivo, chiariva che l'amministratore deve, "al fine di andare esente da responsabilità penale, intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, ovverosia prevenire la specifica situazione di pericolo prevista dalla norma incriminatrice interdicendo - ove ciò sia possibile - l'accesso o il transito nelle zone pericolanti" (Cass. 21 maggio 2009 n. 21401).
Dunque, al fine di evitare l'integrazione di un reato come quello previsto dall'art. 677 c.p., trattandosi di reato di pericolo, l'amministratore ha il dovere di arginare la zona di pericolo, prevedendo, così, un potenziale verificarsi di eventi dannosi nei confronti della collettività.
Il problema, tuttavia, assume una dimensione maggiore qualora l'assemblea condominiale adotti un comportamento ostativo nei confronti della questione, impedendo, così, all'amministratore di porre rimedio alla situazione.
In tale caso non sarà imputabile l'amministratore il quale, nonostante l'immobilismo dell'assemblea, intervenga al fine di impedire che la parte pericolante dell'edificio possa causare un rischio per l'incolumità delle persone.
Così, sarà sufficiente che l'amministratore faccia transennare la zona sottostante il cornicione che minaccia di distaccarsi rimandando all'assemblea la decisione sull'intervento risolutore.
In tale caso, dunque, l'amministratore, essendo intervenuto al fine di impedire il verificarsi del pericolo per l'incolumità e la sicurezza, va esentato dalla responsabilità penale e il Pubblico Ministero, in caso di querela, sarà maggiormente propenso per una richiesta di archiviazione.
Qualora dall'omesso intervento diretto a rimuovere il pericolo consegua danno ad una persona, l'amministratore di condominio risponderà del reato di lesioni personali ex art. 582 e succ. c.p., prevedendo il codice stesso, al secondo comma dell'art. 40, che "non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".
Pertanto, in tal caso, l'amministratore di condominio dovrà strutturare una difesa basandosi sulla dimostrazione di aver tentato di impedire la situazione di pericolo.
Un'alternativa sarà quella di dimostrare che l'evento-lesione non è conseguenza della sua condotta omissiva, bensì di cause di forza maggiore, potendosi applicare, in tale caso, la causa di giustificazione di cui all'art. 45 c.p. Pertanto la punibilità sarebbe esclusa.
È il caso di un amministratore di condominio il quale veniva indagato perché un frammento di cornicione si era distaccato, precipitando sulla testa di una persona passante. L'amministratore, secondo parere della Procura della Repubblica, andava esente da responsabilità e la querela veniva archiviata in quanto l'amministratore, in sede di indagini, depositava documentazione con la quale dimostrava, oltre alla sottoposizione della problematica del cornicione, altresì che il vento aveva sospinto rami di un albero contro il cornicione, provocando il distacco di frammenti spessi.
L'amministratore dimostrava, inoltre, di aver sollecitato il Comune del luogo al taglio degli alberi in questione, i quali, ormai eccessivamente alti e grandi, continuavano ad essere un pericolo per le condizioni dell'edificio e, dunque, per l'incolumità delle persone.