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Quando decorre il termine di decadenza per la denuncia di pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile?

La suprema corte pone l'accento sulla decadenza e prescrizione per il pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, ex art. 1669 c.c.
Avv. Nicola Frivoli 

Con sentenza emessa in data 5 aprile 2022, n. 11034, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su otto motivi di censura in virtù di ricorso proposto da una ditta costruttrice. Innanzi al Tribunale di Milano, un condominio intentava domanda nei confronti della detta società costruttrice dell'edificio e del direttore dei lavori al fine di sentir dichiarare la responsabilità dei convenuti in merito ai gravi vizi e difetti nelle parti comuni dello stabile e ottenere la condanna all'integrale risarcimento di tutti danni subiti, ai sensi dell'art. 1669 c.c. o, subordinatamente, ex art. 2043 c.c. Si costituivano i convenuti resistendo ed eccepivano la prescrizione e la decadenza do ogni diritto di garanzia spettante all'attore.

Il direttore dei lavori chiamava in causa la propria compagnia di assicurazioni al fine di essere manlevato.

Il giudice di primo grado rigettava la domanda, con sentenza del 26.1.2017, sul rilievo della intervenuta prescrizione dell'azione; accoglieva le altre eccezioni preliminari formulate dai convenuti.

Avverso tale pronuncia, veniva proposto il gravame dal Condominio-appellante, La Corte di Appello di Milano si pronunciava in data 22.5.2020, riformando la sentenza di primo grado sulla parte relativa alla dichiarazione del rigetto dell'intervenuta prescrizione, ritenendo termine di prescrizione ex art. 1669 c.c., il deposito della relazione nel procedimento di accertamento tecnico preventivo, svolto tra le medesime parti in altro giudizio introdotto da uno dei condomini.

La Corte territoriale osservava che per i danni lamentati, il CTU incaricato, nominato nel primo grado, ha confermato l'esistenza di vizi nell'immobile sottoposto a consulenza, ritenendo che i gravi difetti dell'opera fossero da ascrivere alla cattiva esecuzione dei lavori da parte del costruttore e solo in misura residuale al direttore dei lavori per culpa in vigilando, e, perciò, veniva condannata la società costruttrice a pagare in favore del condominio il risarcimento.

Avverso la decisione del giudice del gravame, la società costruttrice proponeva ricorso in cassazione adducendo otto motivi.

Resisteva con controricorso il condominio il quale proponeva ricorso incidentale sulla scorta di un motivo. Resistevano con controricorso il direttore dei lavori e la compagnia di assicurazioni.

I motivi del ricorso

Con il primo motivo, la ricorrente eccepiva la violazione dell'art 342 c.p.c. rilevando l'inammissibilità dell'appello per difetto dei requisiti di specificità.

Con il secondo motivo la ricorrente in via principale censura la sentenza del giudice del gravame per non aver fatto decorrere il termine di prescrizione di cui all'art. 1669 c.c.

Con il terzo motivo lamentava l'omesso esame di un fatto decisivo;

Con il quarto motivo si eccepiva la violazione degli artt. 1669 c.c. e 115 c.p.c.

Con il quinto motivo la ricorrete denunciava la violazione dell'art. 183 c.p.c. nonché del diritto di difesa e del contraddittorio con conseguente nullità della sentenza

Con il sesto motivo si denunciava la violazione dell'art. 1669 c.c. nonché violazione dell'art. 100 c.p.c.

Con il settimo motivo la ricorrente eccepiva la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.

Con l'ottavo motivo la ricorrente eccepiva la mancata valutazione della CTU da parte del giudice del gravame, su quanto concerne i difetti planarità e di impermeabilizzazione del cortile condominiale.

La Suprema Corte riteneva, trattando singolarmente le censure mosse dal ricorrente, infondate e inammissibili, accogliendo solo il quinto motivo, in ordine art. 183, sesto comma, c.p.c. rilevando la modificabilità della domanda sino ad un determinato periodo processuale.

La modifica della domanda processuale nel corso del giudizio

La Cassazione ritiene meritevole di accoglimento ritenendolo fondato, solo il quinto motivo del ricorso principale affermando che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa sempre che la domanda così modificata, risulti, comunque, connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, per ciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l'allungamento dei tempi processuali.

Peraltro la mera indicazione di ulteriori vizi della cosa appaltata rispetto a quelli indicati in citazione non integra una modifica inammissibile del petitum o della causa petendi, ove dedotta nel termine dell'art. 183 sesto comma c.p.c.

Promossa l'azione ex art. 1669 c.c. per gravi difetti dell'opera, è quindi ben possibile integrare la domanda iniziale e chiedere il risarcimento del danno anche per gravi difetti costruttivi ulteriori rispetto a quelli allegati con la citazione introduttiva purché la relativa deduzione avvenga nel termine di cui all'art. 183 sesto comma c.p.c. per la precisazione o modificazione della domanda e delle conclusioni già proposte.

Nel caso di specie la richiesta di ulteriori vizi è stata formulata dal condominio attore soltanto dopo il maturare delle preclusioni stabilite dall'art. 183 sesto comma c.p.c. Si tratta, quindi, di una integrazione inammissibile della domanda giudiziale cioè di un fatto nuovo principale costitutivo comportante la modifica, in senso ampliativo, della domanda già proposta.

La Suprema Corte ritiene, quindi, che, in tema di risarcimento dei danni, il principio generale della immodificabilità della domanda originariamente proposta è derogabile non solo nel caso di riduzione della domanda o nel caso di danni incrementati, ma anche nel caso di fatti sopravvenuti.

Condominio: danni da rovina e difetti di cose immobili

Termine di decadenza e di prescrizione ex. art. 1669 c.c.: decorrenza

Gli ermellini con il quarto motivo di censura, anche se ritenuto infondato e confermando quanto sostenuto dalla Corte territoriale lombarda, disaminano, con dovizia di particolari, gli aspetti afferenti la decadenza e prescrizione dell'art. 1669 c.c.

Il Collegio osserva che il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dal menzionato art. 1669 c.c., a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno il cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti.

Secondo l'indirizzo della giurisprudenza di legittimità, l'identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde potersi individuare la "scoperta" del vizio ai fine del computo dei termini annuali posti dall'art. 1669 c.c. (il primo di decadenza per effettuare la denuncia ed il secondo, che dalla denuncia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l'azione), deve effettuarsi con riguardo alla gravità dei vizi dell'opera, sia al collegamento causale di essi con l'attività progettuale e costruttiva espletata; pertanto, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rilevarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori dedursi e provarsi dall'appaltatore, solo all'atto dell'acquisizione di idonei accertamenti tecnici (cfr. Cass. civ. sez. II, 16 gennaio 2020, n. 777; Cass civ., sez. II, 29 marzo 2002, n. 4622).

Ne consegue che, nell'ipotesi di gravi vizi dell'opera la cui entità e le cui cause abbiano reso necessarie l'indagine tecniche, si deve ritenere che una denuncia di gravi vizi da parte del committente possa implicare un'idonea ammissione di valida scoperta degli stessi, tale da costruire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause alla data della denuncia.

In altri termini, il termine annuale di decadenza per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, di cui al menzionato art. 1669 c.c., decorre dal momento in cui il denunciante abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza, seria e obiettiva, non soltanto della gravità dei difetti della costruzione, ma anche dell'incidenza di essa sulla statica e sulla possibilità di lunga durata e del collegamento causale tra i dissesti e l'attività di esecuzione dell'opera.

Perciò, affinché il termine cominci a decorrere, è necessaria, quindi, la percezione degli effetti e del loro nesso eziologico con i fattori scatenanti; per meglio dire, occorre avere acquisito la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione delle sue cause.

Nello specifico, giustamente, la Corte ambrosiana ha fatto risalire il momento in cui è stato raggiunto un apprezzabile grado di conoscenza dei vizi e delle loro cause, e, soprattutto, della necessaria riferibilità degli stessi all'impresa costruttrice alla data in cui è stata depositata la relazione nell'accertamento tecnico preventivo svolte tra le stesse parti in altro giudizio introdotto da uno dei condomini dello stabile.

A tale valutazione la Corte territoriale è pervenuta all'esito di una motivazione congrua e logicamente argomentata.

In conclusione, è stato accolto solo il quinto motivo di censura e rigettati tutti gli altri motivi di censura, con condanna alle spese del ricorrente-condominio.

Sentenza
Scarica Cass. 5 aprile 2022 n. 11034
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