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Tabelle millesimali e facta concludentia: una decisione discutibile

Il problema dell'approvazione o modifica delle tabelle per fatti concludenti.
Giuseppe Bordolli - Responsabile scientifico Condominioweb 

Prima della "storica" sentenza delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 18477/2010) la giurisprudenza sosteneva che per la formazione (e la revisione) delle tabelle millesimali richiedesse necessariamente il consenso di tutti i partecipanti al condominio.

È difficile però arrivare a mettere d'accordo tutti i condomini.

È proprio in considerazione di tale situazione, nonché dell'importanza rivestita dallo strumento delle tabelle in relazione alla gestione del condominio, che la giurisprudenza ha interpretato il concetto di unanimità mitigandone la portata.

Così si è affermato che il consenso non doveva necessariamente essere espresso in assemblea ma poteva anche ricavarsi dal comportamento del condomino successivo alla delibera di approvazione.

Si tratta dei cosiddetti facta concludentia (letteralmente: fatti concludenti), i quali sono individuati in quel comportamento che possa inequivocabilmente essere interpretato come tacito consenso all'approvazione.

Così, ad esempio, si è affermato che il ripetuto pagamento (anche da parte del condomino che non aveva approvato le tabelle in quanto assente dall'assemblea) dei contributi condominiali ripartiti in base alle risultanze delle tabelle stesse significava tacita accettazione dei valori millesimali.

Questo principio è stato recentemente espresso in una decisione di merito: la sentenza n. 5290 del 16 luglio 2021 della Corte di Appello di Roma.

Tabelle millesimali e facta concludentia: la vicenda

In un caseggiato l'assemblea condominiale adottava un criterio di riparto delle spese difforme da quello stabilito nella tabella allegata al regolamento di condominio, regolarmente approvato con delibera assembleare del 27 maggio 1962; un condomino si rivolgeva al Tribunale chiedendo che detta delibera fosse dichiarata nulla o annullata; inoltre domandava la rettifica e/o modifica dei valori millesimali indicati nella tabella del 1962 in quanto affetti da errore ai sensi dell'art. 69 n. 1 delle disposizioni di attuazione al c.c.

Dal riesame delle risultanze istruttorie emergeva chiaramente la disapplicazione costante, da parte dell'assemblea condominiale, sin dal 1982, dei criteri di riparto delle spese previsti dalle tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio, approvate nel 1962; in altre parole i condomini, nella convinzione che i vecchi valori millesimali non riproducessero più lo stato di fatto delle proprietà individuali, avevano abbandonato la vecchia tabella, opportunamente modificata di fatto.

La causa: le modifiche al corpo di fabbrica dell'attore a cui si sarebbero dovuti attribuire diversi millesimi in più. Il Tribunale dava torto al condomino.

Tabelle millesimali errate? Serve comunque un principio di prova

La decisione della Corte di Appello

I giudici di secondo grado, richiamando un orientamento giurisprudenziale formatosi prima della "storica" sentenza delle Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 18477/2010) hanno sostenuto come, dalla documentata continuità delle delibere assembleari con le quali per oltre quindici anni sono state approvate le spese e si è proceduto alla loro ripartizione secondo nuove tabelle diverse da quelle già approvate nel 1962, derivasse la piena validità della delibera impugnata, come correttamente statuito dal giudice di prime cure.

Alcune precisazioni

Secondo la decisione in commento "l'orientamento prioritario della giurisprudenza di legittimità" continuerebbe ad affermare che "la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza rappresentata dalla concreta disapplicazione delle stesse tabelle per più anni può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica dei criteri di ripartizione da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della relativa disciplina, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco, dell'assemblea dei condomini" (Cass. civ., sez. II, 11/02/2015, n. 2726)

Si deve tenere conto però che secondo un'altra storica pronuncia la formazione del regolamento (anche non contrattuale), è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam (Cass. civ., sez. un., 30 dicembre 1999, n. 943): la Cassazione ha sottolineato come la forma scritta fosse necessaria a pena di nullità, essendo inconcepibile un regolamento condominiale non scritto, dal momento che la sua applicazione e impugnazione sarebbero difficili se non impossibili in assenza di un riferimento documentale.

La tesi è stata seguita dalla giurisprudenza successiva; di conseguenza recentemente si è notato che se le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale - la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti - nondimeno, in base al combinato disposto degli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l'atto di approvazione (o di revisione) delle medesime tabelle, avendo veste di deliberazione assembleare, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per facta concludentia (Cass. civ., sez.II, 15/10/2019 n. 26042; nello stesso senso Tribunale di Torre Annunziata, 21/09/2020 n. 1330).

Del resto l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 2, purché tale approvazione sia meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, e quindi dell'esattezza delle operazioni tecniche di calcolo della proporzione tra la spesa ed il valore della quota o la misura dell'uso (Cass. civ., sez. un., 09/08/2010, n. 18477).

Il ricorso ai facta concludentia, quindi, non sembra più utile per aggirare il "problema consenso unanime dei condomini" per l'approvazione e/o modifica delle tabelle.

Non basta il cambio della destinazione d'uso per giustificare la revisione delle tabelle millesimali

Sentenza
Scarica App. Roma 16 luglio 2021 n. 5290
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