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Non basta il cambio della destinazione d'uso per giustificare la revisione delle tabelle millesimali

Il passaggio di categoria catastale non è sufficiente ad integrare l'«errore» richiesto dal Legislatore.
Avv. Caterina Tosatti - Foro di Roma 

La sentenza che ci accingiamo a commentare è una delle molte pronunce rese in esito alla domanda di uno o alcuni condòmini che, al variare della destinazione d'uso della propria o dell'altrui unità immobiliare, ritengono avverate le condizioni richieste dalla legge per poter ottenere la modifica delle Tabelle Millesimali e - ciò cui realmente si mira - la riduzione degli oneri di spesa posti a carico della propria unità.

Ma ahimè la legge è chiara rispetto alle condizioni da rispettare per accedere alla modifica delle Tabelle Millesimali, pertanto, di sovente, come nel caso che ci occupa, il tutto si risolve in un rigetto per la parte che ha chiesto la modifica.

Vediamo allora cosa è accaduto dinnanzi al Tribunale di Milano e le motivazioni della decisione.

Cambiata la destinazione… avverata la condizione?

La vicenda decisa dal Tribunale di Milano, con la sentenza n. 789 del 29 gennaio 2020, prende le mosse dalla domanda di una condòmina, cui si sono aggiunti, per interventi altri condòmini, di ottenere la modifica e/o revisione delle Tabelle Millesimali del proprio Condominio e la condanna del Condominio stesso alla ripetizione in favore dei suddetti condòmini delle somme pagate in eccedenza, a titolo di spese condominiali o al pagamento, ex art. 2041 c.c., di un'indennità pari all'arricchimento di ciascun condomino a fronte del maggior esborso sostenuto a titolo di spese condominiali.

Su cosa si fonda la domanda dei condòmini? Sul fatto che, all'epoca di edificazione dell'edificio condominiale di cui si tratta, il costruttore avesse previsto che le unità immobiliari della condòmina e degli altri condòmini intervenuti fossero destinate a negozio (categoria catastale C/1), mentre ciò non avrebbe dovuto essere, poiché, sostengono gli stessi, le unità interessate non avevano affacci su strada né vetrine.

Pertanto, poiché i condòmini proprietari di dette unità hanno modificato la categoria catastale successivamente all'acquisto da C/1 ad A/3 (abitazione), si ritiene che questo integri e provi l'errore commesso dal costruttore - che, comprendiamo, aveva anche redatto le Tabelle Millesimali oggi impugnate - ed il diritto alla modifica delle Tabelle Millesimali, allo scopo di vedere attribuito alle abitazioni dei condòmini il giusto coefficiente per la destinazione d'uso modificata.

Inoltre, i condòmini attrice e intervenuti chiedono, in esito all'accoglimento della loro domanda di modifica delle Tabelle Millesimali, la restituzione delle somme versate - ovviamente, laddove in eccesso - al Condominio in virtù dei riparti eseguiti basandosi sulle Tabelle Millesimali 'sbagliate' oppure la condanna al pagamento di un'indennità pari alla somma di cui ciascun condòmino si è arricchito per effetto delle maggiori spese condominiali sostenute dall'attrice e dagli intervenuti.

Il Tribunale è seccamente chiaro nell'affermare che non sussiste l'«errore » richiesto dall'art. 69 disp. Att. C.c., norma dedicata alla rettifica o modifica delle Tabelle Millesimali.

Il Giudice rileva che né la condòmina attrice né gli intervenuti hanno fornito prova dell'errore richiesto dalla norma, posto che tale non può considerarsi l'attribuzione di una categoria catastale alle unità immobiliari da parte del costruttore poi rivelatasi non corrispondente allo stato di fatto, tanto da costringere i proprietari a variare la categoria assegnata all'immobile.

Di conseguenza, essendo mancante il presupposto principale della domanda, che avrebbe consentito di entrare nel merito della vicenda, il Giudice, rigettando la richiesta di variazione, evita di pronunziarsi sulle ulteriori domande di ripetizione di somme a vario titolo, sulle quali ci soffermiamo brevemente per utilità del lettore.

Come recentemente ribadito dalla Cassazione (Cassaz., Sez. II, sent. 24 febbraio 2017, n. 4844), la sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall'art. 69 disp. Att. C.c. (cioè delle Tabelle Millesimali), avendo natura costitutiva, non ha efficacia retroattiva e non consente, pertanto, di ricalcolare la ripartizione delle spese pregresse tra i condomini, ai quali, invece, va riconosciuta la possibilità di esperire l'azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c.

Quindi, laddove la domanda principale (revisione delle Tabelle Millesimali) fosse stata accoglibile, il Giudice avrebbe rigettato l'istanza di ripetizione delle somme versate, mentre avrebbe valutato quella di accertamento dell'indebito arricchimento, ricorrendone i presupposti di cui all'art. 2041 c.c.

I presupposti per chiedere la revisione delle Tabelle Millesimali

Cerchiamo di comprendere il ragionamento che ha portato il Giudice milanese ad escludere la sussistenza del diritto della condòmina e degli intervenuti a chiedere la revisione delle Tabelle Millesimali del proprio Condominio.

L'art. 69 disp. Att. C.c., modificato dalla novella del 2012, così dispone:

«I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all'articolo 68 possono essere rettificati o modificati all'unanimità».

Come si possono modificare le tabelle millesimali?

Per capire la portata di questa norma, dobbiamo fare un passo indietro: l'art. 68 disp. Att. C.c., cui la norma in commento rinvia, prevede due tipi di Tabelle Millesimali, la c.d. "Tabella A" o "di PROPRIETÀ" e le altre Tabelle Millesimali, relative alle spese per le scale, l'ascensore, il servizio di riscaldamento, il lastrico solare e le altre spese da ripartire secondo le regole del c.d. Condominio 'parziale', ovverosia in base all'uso (art. 1123, 2° comma, c.c.).

Come opportunamente ha notato la migliore dottrina (v. TERZAGO, " Il Condominio ", a cura di Terzago - Salciarini - Celeste, GIUFFRE' Ed.), solamente la prima Tabella (la Tabella A o di proprietà) ha effetti 'immobiliari', perché determina le quote di comproprietà sui beni comuni spettanti a ciascun condòmino, mentre le altre Tabelle Millesimali sono funzionali unicamente alla ripartizione di determinate spese, ma non hanno i predetti effetti 'immobiliari'.

Fatta quest'opportuna precisazione, comprendiamo allora che il primo comma dell'art. 69 disp. Att. C.c.

Significa che la Tabella A può essere "rettificata" o "modificata" all'unanimità dei condomini, cioè dovranno votare a favore della rettifica/modifica tutti i proprietari delle unità immobiliari, mentre le altre Tabelle possono essere rettificate/modificate con l'unanimità dei partecipanti all'assemblea (quindi anche il solo terzo dei condòmini, previsto dall'art. 1136 c.c. Per la validità della costituzione). Tanto più che il comma 3° dell'art. 69 disp. Att. C.c.

Specifica che «Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali», cioè delle 'altre' Tabelle diverse da quella di proprietà e che non deroghino ai criteri legali o convenzionali (cioè stabiliti con il Regolamento) - perché le Tabelle Millesimali sulla ripartizione delle spese che derogassero ai criteri legali o convenzionali dovrebbero essere modificate all'unanimità dei proprietari (condòmini), non bastando la maggioranza dei partecipanti all'assemblea né la loro unanimità.

La differenza è di non poco momento, per cui è bene essere chiari nello spiegarla ed essere altrettanto diligenti nel mandarla a mente.

Pertanto, le 'altre' Tabelle Millesimali potranno essere rettificate/modificate:

  • a prescindere dal motivo, con l'unanimità (dei partecipanti all'assemblea convocata per la rettifica/modifica);
  • solamente nei due casi previsti dall'art. 69 disp. Att. C.c., 1° comma, nn. 1) e 2), con la maggioranza prevista dall'art. 1136, 2° comma, c.c. (maggioranza dei partecipanti - cioè condòmini - che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio).

Proseguiamo con l'esame della norma, la quale continua così:

«Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:

1) quando risulta che sono conseguenza di un errore

2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione».

Vediamo allora come si determina l'errore che non è stato riconosciuto sussistere nel caso concreto di cui stiamo parlando.

Frazionamento orizzontale dell'appartamento e revisione delle tabelle millesimali

Come costantemente ribadito dalla Suprema Corte (v. Cassaz. Sez. Un., sent. 09 luglio 1997, n. 6222), l'errore che conduce alla revisione delle Tabelle Millesimali è solamente l'errore essenziale, cioè quell'errore che abbia colpito la determinazione degli elementi necessari per calcolare il valore dei singoli vani (cioè delle abitazioni o unità immobiliari), sia come errore di fatto che come errore di diritto.

In parole povere, se chi ha redatto le Tabelle ha errato nella misurazione dell'altezza dell'unità o della sua ubicazione, perché ha effettivamente misurato male il vano (errore di fatto) oppure ha ritenuto di dover applicare un criterio anziché un altro (errore di diritto), allora tali Tabelle andranno modificate.

Ma la questione che ci occupa attiene maggiormente ai criteri di calcolo delle Tabelle ed agli elementi che il tecnico incaricato deve considerare.

Ecco allora che occorre richiamare le Circolari del Ministero dei Lavori Pubblicin. 12480 del 26 marzo 1996 e n. 2495 del 26 marzo 1993, che hanno dato alcune indicazioni tecniche per calcolare materialmente i valori delle Tabelle.

Ebbene, tra gli elementi da tenere in considerazione da parte del tecnico incaricato, la destinazione d'uso viene certamente valutata, ma nel suo aspetto potremmo dire 'statico' e non 'dinamico'.

Con ciò si intende che la destinazione d'uso che viene valutata al momento della redazione è quella che astrattamente e da un punto di vista edilizio si potrebbe dare all'immobile.

Quindi, non viene in gioco la destinazione d'uso dell'immobile dal punto di vista URBANISTICO e catastale, che ha finalità diverse e soggiace ad interessi pubblicistici di gestione dei titoli abilitativi e del panorama immobiliare di un dato territorio, nonché ad interessi inerenti la salubrità delle abitazioni e degli esercizi commerciali.

Insomma, se la mia unità è collocata a piano strada, con affaccio diretto e vetrine, la valutazione del redattore delle Tabelle Millesimali sarà corrispondente ad un immobile passibile di sfruttamento commerciale; all'opposto, se la mia unità sarà collocata ai piani dal primo in su, senza affacci su strada o vetrine, la stessa verrà astrattamente valutata come alloggio abitativo o uso studio privato.

Questo ci fa capire il fraintendimento in cui sono incorsi i condòmini che hanno richiesto la revisione delle Tabelle al Tribunale di Milano; essi hanno confuso la situazione di fatto dei loro appartamenti, che gli stessi hanno provato non avere affacci su strada né vetrine, con l'essere gli immobili 'accatastati' come C/1, stante la volontà del costruttore di adibire il complesso ad un uso «sociale » ed al commercio, uso che poi non si realizzò.

Verosimilmente, gli immobili in parola potrebbero essere stati 'millesimati' come abitazioni, nonostante la categoria catastale assegnata dal costruttore, a fronte delle loro caratteristiche fisiche, ma di ciò non possiamo avere certezza non conoscendo la documentazione prodotta in sede processuale.

Perché la destinazione d'uso non influisce sulle Tabelle Millesimali

Ora possiamo capire quanto espresso dal Giudice milanese: la destinazione d'uso urbanisticamente intesa - cioè la categoria catastale dell'unità immobiliare in Condominio - non è tra gli elementi da considerare laddove si debba valutare l'errore delle Tabelle Millesimali, atteso che non e' sbagliato attribuire un certo sfruttamento (abitativo/commerciale/etc.) All'unità in sede di redazione delle Tabelle, anche se successivamente il proprietario cambia idea e ne muta l'utilizzo - così andando ad aggiornare la categoria catastale.

La ratio di questa posizione sta nel fatto che non è possibile far dipendere l'obbligo di modificare le Tabelle Millesimali da ogni modifica impressa dai proprietari alle destinazioni d'uso delle proprie abitazioni, con il caos che ne conseguirebbe.

L'errore di chi ha chiesto la revisione è consistito nel fondare la sua domanda sulla (asseritamente necessaria) variazione della categoria catastale originariamente impressa dal costruttore e nell'affermare che questo consistesse nell'errore di cui all'art. 69 disp. Att. C.c.

Ci permettiamo un consiglio al lettore; sulla scorta del vecchio detto «prevenire è meglio che curare», rimane valido il suggerimento dato sempre dagli esperti del settore condominiale circa la due diligence, cioè l'indagine da condurre con diligenza che ciascuno di noi dovrebbe fare PRIMA DI ACQUISTARE un immobile, non solamente su eventuali debiti pregressi lasciati dal venditore, fonte di estenuanti contenziosi, ma anche, come nel caso di specie, sulle possibilità di 'sfruttamento' dell'immobile che si sta acquistando e, laddove si ritenga che l'immobile abbia 'troppi' millesimi rispetto a ciò che realmente vale, valutare attentamente se … ne vale la pena.

Sentenza
Scarica Trib. Milano 29 gennaio 2020 n. 789
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