Le spese di manutenzione del cavedio posto a servizio di unità immobiliari site in condominio devono essere ripartite secondo i millesimi di proprietà trai condòmini che da quel bene traggono una qualche utilità.
Questa, almeno, la conclusione cui giunse il Tribunale di Genova, con una sentenza datata, resa il 20 gennaio 2011.
Il pronunciamento è interessante in quanto nella sostanza distingue tra incorporazione del cavedio nella struttura dell'edificio e sua funzione connessa all'utilità, tracciando al riguardo una linea di demarcazione sui criteri di spesa applicabili.
Non senza qualche dubbio, per parte di chi scrive.
Andiamo per ordine e partiamo dalla definizione ed inquadramento della natura del cavedio.
Definizione e significato del cavedio nel condominio
Il codice civile, all'art. 1117 (che è quello che, seppur solamente in via esemplificativa, elenca le parti di un edificio da considerarsi comuni in assenza di diversa disposizione dell'atto d'acquisto o del regolamento contrattuale), non menziona espressamente il cavedio.
Esso, in ragione del significato comune del termine, recepito anche in ambito giurisprudenziale, rappresenta "un cortile di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.)" (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).
Si tratta sostanzialmente del così detto pozzo luce sul quale si affacciano i prospetti interni degli edifici.
Il cavedio è da sempre considerato alla stregua del cortile così definito dalla giurisprudenza: "il cortile, tecnicamente, è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare aria e luce agli ambienti circostanti.
Ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, i distacchi, le intercapedini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 cod. civ., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione" (Cass. 9 giugno 2000, n. 7889).
Cavedio, manutenzione e ripartizione spese: il caso
Ciò detto e quindi acclarata la condominialità di questa parte dello stabile, in ragione della funzione svolta a vantaggio delle unità immobiliari di proprietà esclusiva è utile domandarsi: la condominialità è estesa a tutti i comproprietari e di conseguenza tutti devono partecipare alle spese di conservazione del cavedio?
Su questi due punti s'è focalizzata la decisione del Tribunale di Genova citata in principio. La controversia aveva ad oggetto l'impugnazione d'una deliberazione assembleare.
In particolare i ricorrenti, proprietari d'una unità immobiliare che non aveva alcun affaccio sul cavedio, contestavo il loro inserimento tra i partecipanti alle spese per il rifacimento della pavimentazione di quella parte comune.
Essi sostenevano, invece, che ai sensi del terzo comma dell'art. 1123 c.c. (quello che sancisce l'esistenza del così detto condominio parziale) non dovevano essere considerati titolari di quella parte comune e di conseguenza non potevano essere chiamati a concorrere alle spese. Il tribunale genovese gli ha dato ragione.
Cavedio, manutenzione e ripartizione spese: la soluzione
In particolare, si legge in sentenza, "il cavedio - talora denominato chiostrina, vanella o pozzo luce - è un cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi), e perciò sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall'art. 1117, n. 1 cod. civ. tra i beni comuni, salvo specifico titolo contrario (Cass. n. 4350/2000) è altrettanto vero che, nel caso di specie, alla luce di quanto emerso nel corso dell'istruttoria orale, è emerso che il negozio di proprietà attorea non è in alcun modo collegato né collegabile con il cavedio con la conseguenza che le spese di manutenzione della pavimentazione dello stesso non possono essere legittimamente poste a carico di parte attrice che non trae utilità da tale bene, ex art. 1123 uc. c.c." (Trib. Genova 20 gennaio 2011).
Sintetizzando il principio espresso, dunque: i proprietari delle unità immobiliari che non hanno affaccio sul cavedio sono esonerate dalla partecipazione alle spese ad esso inerenti in ragione di quanto stabilito dal terzo comma dell'art. 1123 c.c.
Cavedio, manutenzione e ripartizione spese: i dubbi
Il principio così espresso, per quanto chiaro e logicamente ineccepibile, non si sottrae ad alcune considerazioni critiche per meglio delinearlo.
Dalla massima qui riportata, infatti, non è dato comprendere quali fossero stati gli interventi eseguiti nel caso de quo.
A parere di chi scrive, quindi, è fondamentale porre una distinzione tra opere manutentive che riguardano il cavedio inteso quale spazio di affaccio delle unità immobiliari e le superfici della facciata interna che delimitano il suddetto spazio.
Nella prima ipotesi il principio espresso dal Tribunale di Genova mantiene una sua pregante efficacia, mentre nel secondo caso, posto che ogni condòmino è irrinunciabilmente titolare dei muri perimetrali, non potrà trovare applicazione, dovendosi le spese ripartire tra tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà.