Il cavedio, a volte denominato chiostrina, vanella o pozzo di luce, non è altro che un cortile interno di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari, quali possono essere bagni, disimpegni e servizi.
Orbene, il cavedio è un'intercapedine, un "vuoto" costituito da una colonna d'aria e da un fondo che è il basamento del cavedio.
Il cavedio non è espressamente menzionato nell'elenco delle parti comuni del condominio di cui all'art. 1117 c.c. per le quali, se non risulta il contrario dal titolo, vige una presunzione di comunione; tuttavia, va ricordato, che la detta elencazione non è tassativa, ma meramente esemplificativa.
Difatti, in virtù della non tassatività del suddetto elenco, la giurisprudenza univoca e conforme, considera il cavedio parte comune dell'edificio condominiale ritenendolo, per la sua funzione che è quella di dare aria e luce ai locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi) sottoposto al regime giuridico del cortile, qualificato bene comune, salvo titolo contrario, dall'art. 1117 n. l, cod. civ., (cfr. tra le altre, Cass. n. 17556 del 2014, Cass. n. 4350 del 2000, Trib. Genova, sent. N. 1509 del 2013).
Lo spunto per approfondire l'argomento ci viene offerto dalla sentenza della Corte d'Appello di Genova n. 908 del 5 ottobre 2020 che, riprendendo il costante orientamento giurisprudenziale in materia, ha riformato la pronuncia di primo grado che aveva riconosciuto la proprietà esclusiva del cavedio al proprietario dell'appartamento dal quale poteva accedersi, sulla base di un titolo e di alcune circostanze di fatto, poi ritenuti, dal collegio giudicante, inidonei a superare la presunzione di condominialità del cavedio.
Vediamo cosa è accaduto nel caso di specie per poi soffermarci sulle motivazioni poste a fondamento della decisione del collegio giudicante.
Cavedio: sentenza sul diritto di proprietà e rimozione delle opere
Il Tribunale di Savona dichiarava la proprietà esclusiva in capo all'attore del cavedio oggetto di causa condannando i convenuti all'integrale rimozione delle opere realizzate all'interno del cavedio stesso: apertura di finestra, posizionamento di sfiato, impianto illuminante e tubazioni varie.
Il Tribunale fondava il proprio convincimento su due dati di fatto che riteneva incompatibili con la presunzione di condominialità:
- un contratto d'acquisto del bene da parte del dante causa dell'attore, che a parere del Giudice, comprendeva anche il cavedio in considerazione della descrizione, compiuta nell'atto stesso, dell'immobile come confinante da un lato, ovvero nella parte superiore "con aria";
- nonché la sussistenza nel cavedio di manufatti collegati all'unità abitativa quali la presa del wc, considerati dal primo giudice parametro di riferimento per escludere che il pozzo luce fosse posto al servizio del Condominio.
La sentenza di primo grado veniva, con riferimento alla questione che qui ci interessa, riformata in appello. La Corte d'Appello di Genova, infatti, accoglieva il motivo di gravame relativo alla erroneità della pronuncia di accertamento della proprietà del cavedio in capo all'attore in via esclusiva.
Vediamo le motivazioni a fondamento della decisione della Corte d'Appello.
Presunzione di condominialità del cavedio: analisi della sentenza d’appello
La pronuncia in esame prende le mosse dal principio giurisprudenziale secondo cui: "Il cavedio (o chiostrina, vanella, pozzo luce), cortile di piccole dimensioni circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio condominiale, essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali bagni, disimpegni, servizi), è sottoposto al regime giuridico del cortile, qualificato bene comune, salvo titolo contrario, dall'art. 1117, n.1, c.c., senza che la presunzione di condominialità possa essere vinta dal fatto che al cavedio si acceda solo dall'appartamento di un condòmino o dal fatto che costui vi abbia posto manufatti collegati alla sua unità (nella specie, polizza, scaldabagno, impianto di illuminazione), in quanto l'utilità particolare che deriva da tali fatti non incide sulla destinazione tipica e normale del bene in favore dell'edificio condominiale" (Cass. N. 17756 del 2014).
Il fatto che al cavedio si acceda solo dall'appartamento di un condòmino o che questi via abbia posto manufatti collegati al suo immobile, non sono, dunque, circostanze sufficienti ad escludere la presunzione di condominialità.
Sulla base di questo principio, la Corte d'Appello esclude, nella vicenda in esame, che i manufatti posti nel cavedio e collegati all'unità immobiliare dell'attore possano superare la presunzione di condominialità ed in particolare, la presa d'aria del wc non può essere considerata parametro di riferimento per comprendere se il pozzo luce sia ad uso esclusivo dell'alloggio oppure al servizio del Condominio.
Richiamando poi un'altra pronuncia della Cassazione ossia la sentenza n. 4350 del 2000, il giudice del gravame giunge così alla conclusione che esiste una presunzione di condominialità dei cavedi che può essere vinta solo da un titolo contrario.
Orbene v'è da chiedersi: Quale titolo contrario?
La Corte d'Appello di Genova chiarisce che la presunzione di condominialità del cavedio non può essere vinta da qualsiasi titolo contrario, occorrendo far riferimento all'atto con cui si è costituito il Condominio per effetto del trasferimento di un'unità immobiliare a soggetti diversi.
Ciò, sulla base del principio giurisprudenziale secondo cui non qualsiasi prova contraria bensì soltanto "il titolo che ha dato luogo alla formazione del Condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali" (Cass. Ord. N. 3852 del 2020) può superare la presunzione di condominialità operata dall'art. 1117 c.c. con l'individuazione delle parti comuni.
In generale, sul tema, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che per ricostruire la volontà pattizia in base ai titoli di acquisto, dovrebbe considerarsi unicamente il titolo costitutivo del Condominio, e cioè il primo atto di frazionamento di una unità immobiliare dall'originario unico proprietario ad altri soggetti, dovendo da esso risultare, in contrario alla presunzione di condominialità, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente la proprietà del bene al venditore o a terzi (in tal senso Cass. n. 22642/2018, Cass. n. 1224/2012).
Occorre, dunque, far riferimento al momento della nascita del Condominio a nulla valendo la circostanza che l'appartamento ed il cavedio siano stati materialmente collegati in epoca successiva (in tal senso, Cass. ord. n. 17022 del 2019).
Nella specie, l'attore aveva prodotto soltanto l'atto di acquisto da parte del suo dante causa - il cui contenuto, tra l'altro, non descriveva in maniera chiara i confini dell'immobile se comprendente anche il cavedio - ma non aveva prodotto l'atto originario costitutivo del Condominio, unico e specifico titolo contrario idoneo a superare la presunzione di condominialità.