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Vendita con riserva di proprietà e condominio

L'istituto della vendita con riserva di proprietà e i riflessi sulla gestione del condominio.
Avv. Alessandro Gallucci - Foro di Lecce 

Può succedere che un'unità immobiliare ubicata in condominio sia ceduta con la formula della vendita con riserva di proprietà.

Ci scrive un nostro lettore: «Buonasera amici di Condominioweb! Ho bisogno del vostro aiuto. Vi spiego: facevo fatica ad ottenere il mutuo per l'acquisto di un appartamento. Sono un libero professionista nei primi anni di attività, il reddito cresce, ma per le banche, almeno per quelle varie che ho sentito, era ancora troppo basso per la concessione di un mutuo fondiario.

Stavo quindi desistendo dall'acquisto, quando, tramite un'agenzia, ho trovato un venditore disposto a cedere l'appartamento con la formula della vendita con riserva di proprietà. Stiamo trattando sui tempi e a me va bene: il venditore non necessità subito della liquidità, io spero tra qualche anno di poter ottenere il mutuo per l'acquisto, nel frattempo pago mensilmente una somma.

Ora mi domando: siccome l'appartamento è in condominio, io verso la compagine che posizione andrà ad assumere. Quella del proprietario? Quella del conduttore? O sarò una sorta di usufruttuario? Grazie mille per l'aiuto, siete sempre chiari, spero lo siate anche per me!»

Speriamo, caro lettore.

Partiamo con una frase ricorrente: la difficoltà di ottenere mutui, negli scorsi anni e tutt'ora, ha fatto sì che prendessero piede forme di cessione degli immobili differenti dalla compravendita immediata.

Si pensi alle nuove figure introdotte nell'ordinamento, quale il rent to buy, ma anche a istituti più datati tipo il leasing finanziario, ovvero a forme di vendita già previste dal codice civile, semplicemente tornate in voga. Il riferimento, come s'è abbondantemente inteso, è qui alla vendita con riserva di proprietà.

In che modo questa forma di vendita incide sul pagamento delle spese condominiali?

Nel caso di vendita con riserva di proprietà quando si trasferisce l'obbligo di pagamento degli oneri condominiali?

Vendita con riserva di proprietà, le norme

La vendita con riserva di proprietà è disciplinata dagli artt. 1523-1526 c.c.: in particolare, la prima di queste norme, che definisce in generale l'istituto, recita: «nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell'ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna».

Beni condominiali, quando vale la riserva di proprietà esclusiva?

Qui per rischi s'intendono quelli connessi al perimento del bene.

Sebbene la norma fosse stata pensata in relazione ai beni mobili, non c'è dubbio, il caso del nostro lettore lo dimostra, che essa sia pacificamente applicabile anche in relazione alla compravendita immobiliare (si veda sul punto ex pluribus, Cass. 3 aprile 1980 n. 2167).

È stato detto che chi acquista il bene immobile mediante vendita con riserva di proprietà diviene titolare di un diritto reale sui generis, «che si sostanzierebbe nel potere di usare la cosa e di detenerla sia nell'interesse proprio che in quello del venditore» (in tal senso si veda Bianca, La vendita e la permuta, Utet, 1972, così citato in F. Caringella, G. De Marzo, Manuale di diritto civile, Giuffrè, 2007).

Chi afferma la tipicità dei diritti reali (ossia il fatto che questi siano solamente quelli espressamente citati dal codice civile) ritiene che la vendita con riserva di proprietà rappresenti una forma di locazione, ovvero di trasferimento differito col quale si costituisce un diritto personale di godimento del bene.

La possibilità di trascrivere l'atto lascia presupporre la natura reale del diritto. In effetti da più parti si considera il contratto di vendita con riserva di proprietà un contratto di vendita vero e proprio sottoposto alla condizione sospensiva data dal pagamento dell'ultima rata del prezzo.

Così stando le cose, si prosegue nel ragionamento, l'atto di vendita in esame è trascrivibile, ferma restando l'annotazione della condizione nella nota di trascrizione al fine di evitare atti dispositivi del proprietario sull'argomento si consiglia la seguente lettura: M. Leo - A.

Ruotolo, Vendita con riserva di proprietà e comunione legale dei beni, Studio n. 1975, in https://www.notariato.it/sites/default/files/1975.pdf).

Spese condominiali, la natura e il titolare dell'obbligo

Stando così le cose, ossia considerando chi ha acquistato con vendita con patto di riservato dominio titolare del diritto sebbene sottoposto a condizione sospensiva, l'intero assetto teorico così impostato non può che farlo considerare anche titolare, ferma restando la condizione, degli obblighi di pagamento degli oneri condominiali, a far data dalla firma dell'atto.

È opinione diffusa che il trasferimento del rischio, cui fa cenno l'art. 1523 c.c. comporti il trasferimento in capo all'acquirente di eseguire gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria fin dalla firma dell'atto.

Ciò, in relazione al condominio, vuol dire divenire titolare dell'obbligo di pagamento degli oneri condominiali e come tale titolare del diritto ad essere convocato all'assemblea.

L'obbligo di pagamento delle quote condominiali sussiste anche in assenza del piano di riparto.

Certo, resta il fatto che il bene non è soggetto a pignoramento per ragioni debitorie connesse alla posizione dell'acquirente, non essendo egli proprietario pieno dell'immobile (Trib. Napoli 28 gennaio 2010).

Una posizione, questa, che senza ombra di dubbio riduce le possibilità di soddisfazione del credito del condominio.

Si badi: quelle qui esposte sono considerazioni che si sviluppano a partire dall'orientamento ad oggi da ritenersi maggioritario, ossia quello che vede la vendita con riserva di proprietà come una vera e propria compravendita, sia pur condizionata dal pagamento dell'ultima rata.

Ove si accedesse alla tesi della natura del diritto dell'acquirente quale diritto reale sui generis, si dovrebbe concludere per l'equiparazione dell'acquirente medesimo all'usufruttuario, più che al proprietario.

Con tutto ciò che ne discende in relazione a convocazione dell'assemblea e spese condominiali, ossia col mantenimento in capo al venditore della qualità di condòmino, che invece viene a mancare secondo la tesi maggioritaria.

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