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Cambia il mutamento di destinazione d'uso

Il D.L. 29 maggio 2024, n. 69 è entrato in vigore il 30 maggio 2024: quali novità?
Avv. Adriana Nicoletti 

Il 30 maggio 2024 è entrato in vigore il D.L. 29 maggio 2024, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica), pubblicato in Gazz. Uff. S.O. 29 maggio 2024, n. 124, che ha introdotto sostanziali integrazioni all'art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

Il nuovo decreto ha determinato un ampliamento delle disposizioni che riguardano il "mutamento d'uso urbanisticamente rilevante", considerando con particolare attenzione l'attività che non comporti l'esecuzione di opere che interessino singole unità immobiliari collocate nella stessa categoria funzionale.

La rilevanza urbanistica nel cambio di destinazione d'uso

Il concetto di "rilevanza urbanistica" riferito al mutamento della destinazione d'uso è entrato nel panorama legislativo giusto dieci anni orsono, allorché veniva approvata la legge n. 164/2014, di conversione con modificazioni del decreto-legge 133/2014.

Non si poteva, infatti, più ignorare i cambi di destinazione originaria degli immobili possono avere un effetto di alto impatto sul circostante tessuto urbanistico.

Sulla questione una recente sentenza di stampo amministrativo (Cons. Stato 9 gennaio 2024, n. 314) ha confermato il precedente orientamento giurisprudenziale (Cons.

Stato 11 giugno 2021, n. 4534) secondo il quale "in generale, il mutamento di destinazione d'uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all'ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l'ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d'uso che alteri il carico urbanistico integra una situazione di illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall'Amministrazione nell'esercizio del suo potere di vigilanza" Inoltre, il giudicante ha specificato che "sulla base della definizione di aumento del carico urbanistico, si deve inoltre affermare che l'aumento dello stesso si verifica quando la modifica della destinazione funzionale dell'immobile determina una attrazione per un maggior numero di persone, con la conseguente necessità di un utilizzo più intenso delle urbanizzazioni esistenti".

È stato, altresì, precisato che "ai sensi dell'art. 23-ter del D.P.R. 380 del 2001, non qualunque forma di utilizzo dell'immobile diversa da quella originariamente prevista costituisce un "mutamento rilevante della destinazione d'uso", ma soltanto un tipo di utilizzo il quale comporti che l'unità immobiliare risulti destinata - a seguito della difformità - a una diversa categoria funzionale fra quelle elencate al medesimo art. 23-bis" (Cons. Stato 20 gennaio 2023, n. 710). Categorie che sono cinque e che si identificano con l'attività che ne costituisce oggetto: residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale; commerciale e rurale.

La giurisprudenza amministrativa, quindi, sembra essere stato il motore per indurre il legislatore a recepire, in via normativa, tali principi.

La destinazione d'uso di un immobile influenza il calcolo dei millesimi?

Brevi osservazioni sul nuovo testo legislativo

L'integrazione apportata in sede di urgenza all'art. 23-ter del D.P.R. 380, comma 1, si propone un duplice obiettivo: da un lato consentire "sempre" gli interventi finalizzati al cambio di destinazione delle singole unità immobiliari, purché nel rispetto di determinate condizioni (comma 1-bis, ter e quater) e, dall'altro, sottoporre tali interventi alla "segnalazione certificata di inizio attività" (SCIA) come prevista dall'art. 19, legge 7 agosto 1990, n. 241.

Non è che la legge statale sia predominante, poiché deve in ogni caso essere fatto riferimento agli strumenti urbanistici comunali, che potrebbero fissare condizioni particolari; alle normative di settore ed alle norme regionali più favorevoli oltre che, naturalmente, alle disposizioni del testo unico dell'edilizia.

Con l'integrazione operata il legislatore ha ribadito che il mutamento è sempre ammesso se avviene "senza opere tra le categorie funzionali", nelle quali l'immobile deve rimanere, come individuate nel comma 1 dell'art. 23-ter.

La norma, a nostro parere, non brilla per chiarezza nel successivo comma 1-quater, allorché stabilisce che "il mutamento di destinazione d'uso di cui al comma 1-ter è sempre consentito… qualora il mutamento sia finalizzato alla forma di utilizzo dell'unità conforme a quella prevalente nelle unità immobiliari presenti nell'immobile".

Ora se oggetto della disposizione sono gli immobili compresi nelle specifiche zone indicate nel decreto 1444/1968 e se nell'edificio la prevalenza delle unità immobiliari fosse, ad esempio, ad uso residenziale, sarebbe concesso di rientrare in questa categoria funzionale anche per un immobile appartenente ad una specie diversa (per tutte: ad uso commerciale).

Si tratta, quindi, di aver introdotto una eccezione alla definizione data dalla normativa quanto al mutamento d'uso urbanisticamente rilevante e di avere sottratto tale mutamento all'applicazione del vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150.

Un'ultima considerazione concerne il periodo finale del comma 1-quater, secondo il quale "per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra il passaggio alla destinazione residenziale è ammesso nei soli casi espressamente previsti dal piano urbanistico e dal regolamento edilizio".

La collocazione della disposizione fa presumere che l'oggetto sia riferibile alle sole unità di cui al citato decreto del 1968, perché se così non fosse al dettato legislativo sarebbe stato dedicato un comma a parte.

Per concludere giova ribadire che il provvedimento ha assunto la forma di decreto-legge, per cui è auspicabile che in sede di conversione possa essere migliorato, tenendo il legislatore conto dei dubbi emersi da una prima lettura.

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