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Compravendita di un immobile: irregolarità e abusi edilizi non dichiarati dal venditore

Le dichiarazioni in atto da parte del venditore che non vi sono difformità può spingere l'acquirente a non effettuare particolari indagini tecniche sulla veridicità di quanto attestato dal venditore.
Avv. Anna Nicola 

Gli immobili possono essere compravenduti in linea teorica solo se non vi siano abusi edilizi.

Nella classificazione degli abusi edilizi, i più gravi sono quelli non sanabili, cioè che non si possono regolarizzare pagando una sanzione amministrativa.

Per regolarizzare un abuso non sanabile occorre procedere con il ripristino dello stato dei luoghi, cioè con la demolizione.

Sono invece sanabili gli abusi che non contrastano con il piano regolatore del Comune. Così ad esempio sono tali l'abbattimento di un tramezzo, la costruzione di una tettoia di legno in terrazzo o in giardino, l'apertura di una porta e ogni altro intervento comunque non oggetto di comunicazione alle autorità comunali.

Si ricorda comunque che la legge tollera gli abusi di lieve entità che non alterando la planimetria dell'immobile, sono entro la soglia del 2%.

Il caso di difformità urbanistica e catastale di un immobile oggetto di compravendita è stato di recente affrontato dal Tribunale di Milano con decisione n. 6072 del 18 luglio 2023.

Compravendita di un immobile: irregolarità e abusi edilizi non dichiarati dal venditore. Fatto e diritto

Il sig. X conviene in giudizio la sua venditrice in quanto l'unità immobiliare compravenda ha irregolarità edilizie, nello specifico l'altezza della mansarda e del soppalco, perché realizzati in difformità alla normativa urbanistica, avendo le altezze riportate nella piantina catastale allegata al rogito difformità rispetto alle altezze effettive dell'immobile.

Ritiene quindi che la venditrice ne sia responsabile e debba sostenere i costi necessari per l'esecuzione delle opere e la presentazione delle pratiche edilizie in sanatoria, necessarie all'eliminazione di dette irregolarità, oltre a domandare la riduzione del prezzo convenuto sempre in ragione di dette irregolarità.

La venditrice si costituisce e chiede, oltre a formulare eccezioni preliminari e di merito, di rigettare le domande attoree perché inammissibili, improcedibili ed infondate in fatto e in diritto.

In via riconvenzionale, chiede la condanna dell'attore a corrispondere alla convenuta la somma di € 10.128,41, relativa al fondo straordinario costituito con il suo contributo della quale l'attore se ne giova senza alcun titolo.

Il compratore, sostenendo di essere venuto a conoscenza di queste difformità dopo la vendita, in precedenza aveva radicato il procedimento di accertamento tecnico preventivo e di consulenza conciliativa ex artt. 696 e 696 bis c.p.c.

Dal canto suo, l'alienante ha contestato nel merito le domande dell'attore ed in particolare ha rilevato che questi era a conoscenza della situazione dell'immobile prima dell'acquisto per cui eccepiva l'esclusione della garanzia ex art. 1491 c.c. e la decadenza ex art. 1495 c.c., oltre alla violazione del principio di correttezza ex art. 1338 c.c., oltre a contestare le risultanze dell'ATP.

Nonostante le richieste di istruttoria orale da parte di entrambi i soggetti, la causa è stata istruita documentalmente, disponendo CTU nominando lo stesso professionista che aveva già svolto l'incarico in sede di ATP.

Il tribunale nelle proprie osservazioni e motivazioni rileva quanto segue.

È altresì circostanza documentale che la venditrice dichiarava nell'atto di vendita che "... i dati catastali e le planimetrie depositate in Catasto sono conformi allo stato di fatto..." e al n 6) rendeva le dichiarazioni sulla regolarità edilizia dell'immobile richiamando i titoli abilitativi successivi alla costruzione dell'immobile, fino al 2000, dichiarando che "successivamente non sono state apportate mai modifiche che richiedono altri titoli abilitativi, che non sono stati emessi provvedimenti sanzionatori e che non si sono verificati i presupposti per la loro futura emissione".

La causa attiene alle difformità edilizie e catastali dell'appartamento oggetto della compravendita, che l'attore esponeva di aver scoperto a seguito dell'incarico conferito al professionista per la ristrutturazione dell'immobile.

Il CTU ha in parte modificato le conclusioni raggiunti in sede di ATP e il Giudicante ha ritenuto corretta l'ultima esposizione dei fatti.

Il professionista ha verificato che il soppalco è un sottotetto senza permanenza di persone, che presenta irregolarità nei locali B e C per la violazione della superficie di ventilazione ed aerazione e che il bagno non rispetta il rapporto di aero-illuminazione pertanto deve ridursi la dimensione delle finestre velux per rientrare nei parametri.

Inoltre sono riportate misure non corrette in pianta, così come la larghezza delle finestre risulta più stretta di quella indicata.

Il CTU ha quindi quantifica il costo per regolarizzare l'immobile compreso il compenso dei professionisti per la pratica CILA in sanatoria e l'aggiornamento catastale.

Infine ha evidenziato che poiché le difformità riscontrate sono sanabili con la realizzazione di opere edilizie e pratiche edilizie in sanatoria, non vanno ad intaccare il valore dell'immobile.

Il tribunale ritiene di applicare l'art. 1489 c.c. sulla cui base "se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'articolo 1480". Non integrano infatti anomalie strutturali dell'immobile considerato nella sua unitarietà ed aspetto materiale (riconducibili a vizi della cosa venduta) ma sono opere "difformi" che incidono sulla regolarità dell'immobile e sono idonee a limitarne il libero godimento, quindi integrano un onere non apparente dell'immobile oggetto della compravendita (cfr Cass. n. 4786/2007).

Si dà per sicuro che, al momento del rogito, l'acquirente non fosse a conoscenza di esse, visto che l'alienante nell'atto di compravendita ha dichiarato la conformità catastale e la regolarità edilizia/urbanistica dell'immobile.

La conoscenza dell'attore delle difformità non è dimostrata dalle visite eseguite anteriormente all'acquisto, visto che sono emerse a seguito di verifiche tecniche specifiche sia in loco che documentali.

La convenuta invoca poi la prova presuntiva della effettiva conoscenza da parte dell'attore delle difformità, per via di un colloquio del suo tecnico con il tecnico del Comune. Il Giudice ritiene di rigettare simile osservazione perché il fatto che l'attore avesse richiesto al Comune l'appuntamento e l'accesso agli atti prima del rogito non è un fatto certo ma è desunto da una considerazione di carattere generale sui tempi di norma occorrenti per l'accesso atti; inoltre simile circostanza, anche ipotizzandone l'esistenza, non ha un significato univoco, ben potendo l'accesso agli atti essere stato richiesto senza alcun sospetto in merito alle irregolarità edilizie ma al solo fine di ottenere la documentazione relativa all'immobile che stava acquistando e che intendeva ristrutturare.

Infine il Tribunale asserisce che le dichiarazioni rese dalla venditrice nell'atto di vendita sulla conformità dell'immobile escludono la rilevanza della facile conoscibilità delle difformità ex art. 1491 seconda parte c.c. Esse devono ritenersi idonee ad esonerare l'acquirente dall'onere di svolgere indagini, operando in suo favore il principio dell'affidamento nell'altrui dichiarazione, con la conseguenza che la parte venditrice è responsabile per la contrarietà al vero delle dichiarazioni rese anche per difformità, in ipotesi, facilmente conoscibili.

Gli abusi edilizi in condominio

Considerazioni conclusive

In conclusione il tribunale accoglie le domande attoree, dichiarando il diritto attoreo del risarcimento del danno, come quantificato dal CTU per gli interventi da eseguirsi ed il compenso dei tecnici ma non per la riduzione del prezzo, avendo il CTU evidenziato che le difformità riscontrate sono sanabili, e con la sanatoria non risulta la diminuzione di valore dell'immobile.

In precedenza la Suprema Corte del 8-06-2012, n. 10947 ha evidenziato che "Nei rapporti privatistici la non conformità della costruzione al progetto approvato dall'amministrazione non può essere ritenuta vizio della cosa, ex art. 1490 c.c., non trattandosi di una anomalia strutturale e risolvendosi, invece, sotto il profilo giuridico, in una irregolarità che assoggetta la cosa medesima al potere sanzionatorio dell'amministrazione e determina, seconda la giurisprudenza di questa corte, l'inquadramento della fattispecie nell'ambito dell'art. 1489 c.c., che disciplina il caso nel quale la cosa compravenduta sia gravata da oneri o da diritti reali o personali in favore di terzi, i quali ne diminuiscano non solo il libero godimento ma anche il valore e la commerciabilità (vedansi in tal senso già Cass. 15 novembre 1978 n. 5272; Cass. 6 dicembre 1984 n. 6399; Cass, 10 settembre 1988 n. 771). L'ordine di demolizione della costruzione, che può essere adottato in conseguenza dell'irregolarità amministrativa, avrà, una volta intervenuto ed eseguito, gli effetti sostanziali di un'evizione totale o parziale (artt. 1483 e 1484 c.c.) a seconda che ne derivi l'abbattimento totale o parziale dell'immobile, con la conseguenza che il venditore, anche se non tenuto alla garanzia per effetto della conoscenza della irregolarità da parte del compratore, è nondimeno obbligato a restituire il prezzo ed a rimborsare le spese, a meno che la vendita non sia stata convenuta a rischio e pericolo del compratore stesso ex art. 1483 c.c." (sul punto, di recente, Cass. 28 febbraio 2007 n. 4786; Cass. 28 dicembre 2011 n. 29367; Cass. 6 marzo 2012 n. 3464).

Sentenza
Scarica Trib. Milano 18 luglio 2023 n. 6072
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