Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Compravendita: differenza tra vizi della cosa venduta ex art. 1490 c.c. ed evizione ex art. 1489 c.c.

Richiesta riduzione del prezzo, onere della prova dell'acquirente e presupposti di Legge.
Avv. Laura Cecchini Avv. Laura Cecchini 

Quando ci si accinge ad acquistare un immobile è opportuno procedere ad una serie di verifiche per avere contezza della conformità e regolarità edilizio-urbanistica, ovvero della assenza di abusi, nonché delle caratteristiche dello stesso, compresa la presenza di eventuali servitù o gravami che possano limitarne, anche parzialmente, il godimento.

A tal riguardo, è confacente illustrare come, d'abitudine, per poter soddisfare la suddetta indagine e pervenire ad un acquisto consapevole è utile interessare un proprio consulente tecnico di fiducia al fine di poter apprendere eventuali criticità o situazioni e condizioni che non appaiono ictu oculi.

Sull'argomento, la sentenza emessa dal Tribunale di Pisa (29 ottobre 2021) rappresenta una compiuta disamina del tema che concerne la configurabilità della ipotesi di vizi della cosa venduta e della differenza da quella di evizione nel caso di acquisto di bene immobile.

In particolare, la motivazione del Giudicante pone una particolare attenzione sulla diligenza che si richiede al compratore per la riconoscibilità del vizio o dell'esistenza di un onere reale o personale.

Prescrizione domanda per vizi della cosa venduta

Compravendita, differenza tra vizi della cosa venduta: iter giudiziale

La società acquirente di un fondo ad uso commerciale destinato ad esercizio di parrucchiere cita in giudizio i venditori contestando ai medesimi di aver taciuto la presenza di oneri non apparenti individuati nella ubicazione di pozzi neri ad uso condominiale all'interno dell'immobile la cui manutenzione costante avrebbe realizzato indiscutibili disagi nello svolgimento dell'attività.

L'attrice lamenta, dunque, una compromissione del godimento del bene tale ta configurare, secondo la sua prospettazione, un vizio della cosa ex art. 1490 c.c. in ragione del quale ha chiesto la riduzione del prezzo versato.

I venditori si sono costituiti in giudizi negando che le circostanze di cui si duole l'attrice fossero state omesse all'uopo rilevando come quest'ultima fosse stata opportunamente notiziata della esistenza degli scarichi condominiali comprovata anche dalla diversa disposizione delle mattonelle sul pavimento.

Parimenti, la difesa dei venditori sottolineava che, comunque, non poteva ravvisarsi un pregiudizio tale da influire sul valore dell'immobile e, per l'effetto, da giustificare la domanda di riduzione del prezzo.

La materia del contendere ha reso certamente doveroso l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio (CTU) preordinata ed atta a valutare l'entità del presunto e preteso pregiudizio anche in rapporto alla congruità del prezzo della compravendita.

Ebbene, con ampia ed articolata motivazione Il Tribunale ha respinto la domanda.

Denuncia dei vizi, riconoscibilità e tempistiche connesse

Vizi della cosa venduta ex art. 1490 c.c. ed evizione ex art. 1489 c.c.

La garanzia per i vizi della cosa venduta è codificata all'art. 1490 c.c. il quale testualmente dispone che "Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore".

La identificazione dei vizi è, quindi, preliminare all'esercizio della richiamata azione a tutela della parte acquirente.

A titolo esemplificativo, nella categoria dei vizi o difetti dell'immobile rientrano, senza dubbio alcuno, quelli derivanti dalla edificazione dell'immobile in difformità alla concessione edilizia o da ristrutturazioni eseguite non a regola d'arte in conseguenza delle quali sono emersi danni.

Tanto premesso, nel caso in esame, come rettamente rilevato dal Giudicante, non si verte nella fattispecie di vizi della cosa ma in quella di evizione parziale.

Invero, non può essere ritenuta condivisibile la tesi attorea in quanto la sussistenza dei pozzi neri e degli scarichi condominiali rappresenta una servitù sull'immobile e non un vizio della cosa.

Sulla questione non possiamo dimenticare, in quanto dirimente, che ai sensi e per gli effetti dell'art. 1489 c.c., qualora un bene oggetto di compravendita sia gravato da "[...] oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell'articolo 1480".

È indubbio, allora, che l'oggetto del contendere debba essere riportato sotto la disciplina dell'art. 1489 c.c. e non dell'art. 1490 c.c.

Posto ciò, per stabilire la fondatezza della pretesa avanzata dall'acquirente, occorre valutare se la presenza dei pozzi neri e degli scarichi era conoscibile o meno.

In proposito, non si può ignorare che nel contratto di acquisto erano stati citati documenti dai quali si evinceva la esistenza dei pozzi neri e degli scarichi.

In conseguenza, da una mera lettura dei documenti richiamati in atti ben poteva la società attrice attendere alla presenza della servitù usando l'ordinaria diligenza in quanto nel testo del contratto erano testualmente citati DIA, concessione edilizia in sanatoria e variante in corso d'opera dalla lettura delle quali sarebbe stato agevole apprendere la presenza dei pozzi neri e degli scarichi.

Al contempo, non si può, altresì, trascurare che, durante l'istruttoria del giudizio, all'esito dell'interrogatorio formale del legale rappresentante della società il medesimo ha confermato di aver notato mattonelle posizionate diversamente sul pavimento del fondo e di averne chiesto lumi al venditore.

È certo come tale circostanza, anche a tutto concedere ovvero a voler sostenere una "consapevole" omissione da parte del venditore, rappresentava un chiaro indizio della esistenza dei pozzi neri.

Sulla scorta della documentazione richiamata nel contratto di compravendita e della dichiarazione di parte acquirente, il Giudice ha rigettato la domanda ritenuto e considerato che non solo la sussistenza della servitù poteva essere facilmente conoscibile secondo l'ordinaria diligenza ma, in ogni caso, aderendo alle conclusioni del CTU la limitazione nel godimento che ne derivava per il fondo era esigua a tal punto da non incidere sulla congruità del prezzo.

Gravi vizi dell'immobile, un caso concreto

Sentenza
Scarica TRIBUNALE DI PISA n. 1416 del 29/10/2021
  1. in evidenza

Dello stesso argomento