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La CTU è un mezzo di prova?

Come dimostrato dall'esame degli elementi di fatto della vicenda, si è trattato di un giudizio complesso.
Avv. Caterina Tosatti 

La regolazione delle spese sostenute per la Consulenza Tecnica d'Ufficio (CTU) prescinde sia dal regime sul riparto delle spese tra le parti che da quello sul regolamento finale delle spese legali del giudizio (che segue la regola della soccombenza): è pertanto corretto attribuire le stesse financo alla parte vittoriosa.

Questo l'arresto che esamineremo oggi, recato dalla sentenza n. 2726 del 11 agosto 2022 della Corte d'Appello di Milano.

La pronuncia

La vicenda da cui origina la pronuncia in commento prende le mosse dall'azione di condanna per la violazione delle distanze legali tra le costruzioni attivata da Tizio, Caia e la Alfa Srl, quali proprietari di un edificio posto al civico 1 di una via nei confronti di Beta S.r.l., costruttrice dell'edificio al civico 2, adiacente, nonché dei singoli proprietari delle unità afferenti il civico 2 (ovvero, 4 persone fisiche ed un Condominio).

All'esito del giudizio di I°, il Tribunale di Milano dichiarò che, effettivamente, al 5° piano del civico 2 era presente una veduta in violazione dell'art. 905 c.c. e che i balconi costruiti tra il 2° ed il 5° piano del civico 2 erano in violazione dell'art. 906 c.c., condannando i convenuti alla chiusura dell'affaccio con uno schermo in muratura di almeno 2 metri di altezza.

Il Tribunale accertò altresì che la Beta Srl, costruttrice dell'edificio al civico 2, aveva violato le distanze legali rispetto alla proprietà di Tizio, Caia e Alfa Srl, applicando una piattabanda e condannò di conseguenza il Condominio a rimuovere la parte eccedente delle lastre apposte, pari a 20 cm.

Infine, la Beta Srl venne condannata a risarcire il danno derivante dalla fissazione di tiranti nel sottosuolo di proprietà di Tizio, Caia ed Alfa Srl, pari alla somma di Euro 50.000,00 circa.

Tizio, Caia e Alfa Srl proposero appello e la Corte d'Appello di Milano accolse parzialmente il loro appello, riformando così la sentenza di prime cure e condannando la Beta Srl a rifondere anche gli interessi legali sulla somma di Euro 50.000,00 nonché alla ulteriore somma di Euro 1.000,00 circa a titolo di risarcimento del danno da infiltrazioni occorso al magazzino di proprietà Tizio - Caia - Alfa Srl.

Di nuovo costoro impugnarono la pronuncia della Corte d'Appello, così giungendo alla corte di legittimità: la Cassazione, pronunciandosi in rigetto di tutti i motivi di gravame, ne accolse solo uno, relativo al regolamento delle spese di CTU e, per l'effetto, rinviò al giudice a quo, cioè alla Corte d'Appello di Milano, affinché pronunciasse in merito.

Infatti, Tizio, Caia ed Alfa Srl lamentavano che la Corte d'Appello di Milano avesse omesso la pronuncia relativa alla condanna dei medesimi a sostenere le spese della CTU, nonostante la medesima avesse di fatto fornito sostegno alla decisione di condanna dei convenuti - quindi, nonostante Tizio, Caia ed Alfa Srl fossero vittoriosi nel giudizio di I°.

La Cassazione ritiene che, effettivamente, avendo Tizio, Caia ed Alfa Srl impugnato correttamente il punto in questione della sentenza di I°, la Corte d'Appello di Milano avesse omesso di pronunciarsi, così integrando il vizio di omessa pronuncia e nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c.

Riassunto così il giudizio dinnanzi alla Corte d'Appello di Milano quale giudice del rinvio, il diverso collegio assegnatario della decisione ritiene che la pronuncia della medesima corte non fosse errata e che fosse quindi corretto attribuire le spese di CTU, con unica correzione dovuta al fatto che gli attori (Tizio, Caia ed Alfa Srl) avevano versato in eccedenza rispetto a quanto statuito dal Tribunale e confermato dalla Corte d'Appello nella sentenza poi cassata.

Brevi cenni sul giudizio di rinvio

Come dimostrato dall'esame degli elementi di fatto della vicenda, si è trattato di un giudizio complesso, culminato in Cassazione rispetto all'unico punto relativo alle spese di CTU.

Rilevando un errore del Giudice a quo, cioè, nel caso di specie, della Corte d'Appello, la Cassazione ha operato il rinvio, ovvero ha rimesso le parti direttamente dinnanzi al giudice autorizzato a conoscere del merito affinché fosse lo stesso ad emettere una nuova decisione, seguendo ovviamente il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione.

Come noto, la Cassazione è giudice di legittimità e non le è concesso di riaprire questioni attinenti il merito delle vicende che giungono al suo esame, bensì unicamente di rilevare se la decisione adottata fu viziata da questioni di carattere formale o errori di giudizio o di procedura.

Chi paga il compenso del ctu incaricato nel corso di una causa?

Precisa la Corte d'Appello (in sede di rinvio) come «la riassunzione della causa davanti al Giudice di rinvio non si configura come un atto di impugnazione, ma come mera attività di impulso processuale, volta a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata, instaurando un processo chiuso.

In particolare, diversamente dal giudizio di appello, nel giudizio di rinvio il Giudice deve pronunciare in base ai presupposti di fatto accertati dalla sentenza di cassazione, ed alle parti è inibito rimetterli in discussione».

Nel procedimento, i convenuti (Beta Srl, il Condominio ed i singoli condòmini) avevano eccepito l'estinzione del processo ritenendo che parte appellante (Tizio, Caia e Alfa Srl) avesse violato il termine di 3 mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione per riassumere il giudizio dinnanzi alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione; sul punto, la medesima Corte d'Appello di Milano, in sede di rinvio, ritiene che i medesimi convenuti non abbiano fornito la prova, a sostegno della loro eccezione, relativa alla data di deposito ufficiale in cancelleria, con inserimento in cronologico, della sentenza della Corte di cassazione, data necessaria per stabilire la decorrenza dei 3 mesi previsti per legge per la riassunzione.

La CTU non è un mezzo di prova

La dottrina e la giurisprudenza affermano in maniera ormai consolidata come la CTU non sia un mezzo di prova; potendo ciò apparire contraddittorio, spieghiamo in che senso deve intendersi detta affermazione.

Se con la locuzione 'mezzo di prova' ci viene insegnato ad indicare tutti quei documenti o quelle prove da acquisire volte ad orientare il convincimento del Giudice relativamente alla verità dei fatti dedotti dalle parti (Cass., n. 15521 del 07.06.2019 e C. App. Milano 20.03.2019), allora è evidente che tra questi non possiamo includere la CTU, il cui scopo è invece quello di fornire al Giudice l'ausilio di cognizione tecnica che egli di norma non possiede.

Tanto è vero questo che la CTU è sottratta al principio della disponibilità delle parti, nel senso che, anche qualora le parti la richiedano, il Giudice non è tenuto ad espletarla.

Inoltre, per quello che ci interessa, la CTU e l'operato dell'ausiliare del Giudice sono compiuti nell'interesse generale superiore della giustizia e, correlativamente, nell'interesse comune delle parti - di tutte le parti.

Per questo motivo, nel giudizio sopra esaminato, le spese di CTU furono poste a carico anche della parte vittoriosa, in quanto il regolamento delle stesse, come ricordato dalla Corte d'Appello, sfugge alla regola della soccombenza (chi perde, paga o rifonde tutte le spese a chi vince), ben potendo essere disposto anche a carico di chi risulti vittorioso rispetto a tutte le istanze e le domande presentate, laddove il Giudice ritenga che la CTU fu svolta nell'interesse comune di tutte le parti, quindi anche della parte vittoriosa - peraltro, vittoriosa eventualmente proprio in virtù di quanto accertato dalla CTU disposta ed eseguita.

Sentenza
Scarica App. Milano 11 agosto 2022 n. 2726
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