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Abusi edilizi e responsabilità del direttore dei lavori

La Cassazione ribadisce la responsabilità del direttore dei lavori in tema di reati edilizi, stante il suo obbligo di attiva vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere.
Dott.ssa Lucia Izzo 

In ambito edilizio, il direttore dei lavori assume un ruolo essenziale, trattandosi di una figura professionale incaricata dal committente (pubblico o privato) di curare l'esatta esecuzione dei lavori stessi.

Nel dettaglio, come previsto dall'art. 101 del Codice Appalti (d.lgs. n. 50/2016), il direttore dei lavori è preposto al controllo tecnico, contabile e amministrativo dell'esecuzione dell'intervento affinché i lavori siano eseguiti a regola d'arte e in conformità al progetto e al contratto.

Sul direttore dei lavori ricadono peculiari responsabilità, anche per quanto riguarda il delicato tema degli abusi edilizi, come confermato dall'art. 29 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001) che di tale responsabilità, evidentemente correlata alla qualifica e al ruolo rivestiti da tale soggetto, delimita i contorni.

In pratica, "all'evidente fine di realizzare una tutela più forte dei beni oggetto di protezione penale, il legislatore ha configurato anche in capo al direttore dei lavori una posizione di garanzia per il rispetto della normativa urbanistica ed edilizia, prescrivendo a suo carico un onere di vigilanza costante sulla corretta esecuzione dei lavori, collegato al dovere di contestazione delle irregolarità riscontrate e, se del caso, di rinunzia all'incarico, addebitandogli le conseguenze sanzionatorie dell'omesso controllo" (cfr. Consiglio di Stato, n. 6230/2018).

Ancora, il menzionato art. 29 del d.P.R. n. 380/2001, là dove consente al direttore dei lavori di "dissociarsi" dalla condotta illecita da altri commessa, prevede una causa personale di non punibilità che consente al professionista di sfuggire all'applicazione delle sanzioni qualora adempia alle prescrizioni previste nel tassativo modello legale.

Si tratta di un tema sul quale recentemente è tornata a pronunciarsi anche la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 16668 del 15 gennaio 2021 (depositata il 3 maggio 2021) con la quale ha dichiarato inammissibile i ricorsi proposti, rispettivamente, dal direttore e dall'esecutore di alcuni lavori edilizi realizzati abusivamente (tra l'altro per totale assenza di permesso di costruire e difformità determinata dalla presenza di vincolo paesaggistico) confermando così la loro condanna ex art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001.

L'assenza dal cantiere non esclude la responsabilità penale

Circa l'esecuzione di un capanno in difformità rispetto all'iniziale progetto approvato, l'imputato direttore dei lavori afferma di non essere responsabile diretto dell'abuso, in quanto tale opera sarebbe stata eseguita dal committente di propria iniziativa, a tua totale insaputa.

Anzi, rappresenta di aver rimproverato severamente il committente appena scoperto l'abuso, tanto che il capanno è stato demolito

Ciononostante, la Corte di appello addebita al direttore dei lavori di non aver tempestivamente rassegnato le dimissioni dall'incarico, così da dissociarsi dai lavori abusivi e per la Cassazione il giudice a quo ha adeguatamente motivato sulla responsabilità del direttore dei lavori che era sicuramente a conoscenza dell'illecito tanto da essersi arrabbiato con il committente per la realizzazione del capanno senza le dovute autorizzazioni.

Il contratto di appalto, quali obblighi e doveri di verifica del Condominio al momento della stipula ed in corso d'opera.

Questi, nella sua qualità di direttore dei lavori, avrebbe comunque dovuto vigilare sulla regolarità dell'intervento edilizio.

Come affermato da costante orientamento giurisprudenziale, richiamato in sentenza, "in tema di reati edilizi, l'assenza dal cantiere non esclude la penale responsabilità per gli abusi commessi dal direttore dei lavori, sul quale ricade l'onere di vigilare sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed il dovere di contestare le irregolarità riscontrate, se del caso rinunziando all'incarico" (cfr. Cass. n. 7406/2015).

Direttore dei lavori ed esonero della responsabilità

Nel pronunciarsi sulla vicenda, gli Ermellini tengono conto anche della causa di esonero della responsabilità prevista dall'art. 29, comma 2, del menzionato d.P.R. 380/2001.

Tale norma stabilisce che il direttore non sia responsabile, infatti, "qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire (…) fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa".

Ancora, è previsto che "nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve inoltre rinunziare all'incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente".

Dunque, presupposto essenziale per l'esonero di responsabilità è che vi sia stata una motivata comunicazione della violazione al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale che non appare essere intervenuta nel caso di specie da pare del direttore dei lavori.

Sul punto, la Suprema Corte, ribadisce l'obbligo del direttore dei lavori di esercitare un'attiva vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere, sicché lo stesso è da ritenersi responsabile anche per le violazioni alle disposizioni in materia edilizia commesse in sua assenza.

Direttore dei lavori, quando c'è responsabilità professionale

Tuttavia, qualora si presentino tali violazioni, per essere esonerato da responsabilità il direttore è tenuto a "scindere immediatamente la propria posizione da quella degli autori materiali mediante l'adempimento dei doveri allo stesso imposti dall'art. 29, comma secondo, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380" (cfr. Cass. n. 22867/2005, nonché n. 38924/2006).

Niente particolare tenuità del fatto

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno condannato il direttore dei lavori alla pena di 3 mesi di arresto e 25mila euro di ammenda, pena confermata dalla Cassazione che ritiene non sia possibile invocare la particolare tenuità del fatto.

Sul punto, i giudici ritengono che la decisione impugnata abbia adeguatamente motivato nell'escludere tale possibilità, rilevando la realizzazione di "non insignificanti opere in un'area sottoposta a ben quattro diversi vincoli".

La sentenza impugnata, inoltre, ha irrogato una pena superiore al minimo edittale, con la conseguenza che può ritenersi anche implicitamente esclusa la particolare tenuità del fatto.

La giurisprudenza sostiene, infatti, che "l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l'esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto" (cfr. Cass. n. 39806/2015).

Sentenza
Scarica Cass. 15 gennaio 2021 - 3 maggio 2021 n. 16668
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