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Occupazione abusiva e particolare tenuità del fatto

Se hai occupato illegalmente una casa non ti giustifica essere una donna ai margini.
Avv. Alessandro Gallucci 

Degrado, occupazione di case popolari e sentenze

Il fatto di vivere in una situazione di estremo degrado non giustifica l'occupazione abusiva di un'abitazione popolare; il principio è stato varie volte ribadito dalla giurisprudenza: secondo i giudici, dunque, la situazione di bisogno non giustifica la violazione delle norme.

Tale giustificazione non è data nemmeno alla luce della norma inserita nel 2015 nell'ordinamento penale, che prevede l'esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto.

In particolare, qui ci si riferisce alla sentenza della Corte Cassazione n. 22951/2018, ma il principio è stato già affermato in giurisprudenza.

Per certe persone sembra che la vita si possa tingere di scuro qualunque cosa facciano. Perchè se ci si abitua all'abuso, poi si vive nell'abuso.

Ma, al di là di riflessioni che richiederebbero tutt'altro respiro, vediamo quali decisioni adottano i giudici una volta posti davanti all'applicazione delle norme nel caso concreto.

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Occupazione abusiva e particolare tenuità del fatto

Il caso concreto deciso dalla sentenza n. 22951/2018 riguarda la storia di una donna che, a dire il vero, ne aveva viste di tutti i colori.

La donna aveva occupato abusivamente insieme al marito, per circa due anni, un alloggio popolare. Era così stata condannata, sia in primo che in secondo grado, per occupazione abusiva di immobile (illecito previsto dall'art. 633 del codice penale) e inosservanza dei provvedimenti dell'autorità (illecito previsto dall'art. 650 del codice penale).

Nel frattempo, essendo vittima delle violenze dal marito, aveva dovuto lasciare l'alloggio e riparare presso un centro antiviolenza.

I fatti di vita della signora non serviranno a salvarla dalla responsabilità dell'illecito, come invece aveva cercato di ottenere il suo difensore.

Occupazione abusiva, circostanze attenuanti e tenuità del fatto

Il contenuto del ricorso in Cassazione mirava infatti ad ottenere il completo scagionamento della donna per la così detta "particolare tenuità del fatto". Dunque, il riconoscimento della sussistenza della fattispecie di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., secondo cui, al co.1, "nei reati per i quali é prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità é esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa é di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale".

La valutazione della gravità del reato, di cui all'art. 133, co.1, c.p., è effettuata al fine di applicare la pena.

L'articolo è stato inserito nel codice penale dal D.Lgs. n. 80/2015.

Secondo la ricorrente, meritava contestazione il fatto che la Corte d'appello avesse tenuto conto della condizione soggettiva della donna nel riconoscimento delle attenuanti, ma non per la valutazione della particolare tenuità del fatto.

Ricordiamo che le attenuanti sono quelle circostanze che secondo le norme penali consentono di ridurre la pena prevista per l'illecito, che comunque per l'ordinamento va punito.

Mentre, l'esclusione della punibilità consente di escludere in toto la punibilità del fatto, appunto.

Condizioni oggettive e particolare tenuità

La Corte afferma invece, rigettando il ricorso, che le circostanze nelle quali la donna ha agito e vissuto non sono idonee ad integrare esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. cit.

La motivazione della decisione fa leva sulla distinzione - già affermata dalla stessa Cassazione (v. Cass. n. 45533/2016 secondo cui, "i parametri di valutazione previsti dall'art. 131 bis c.p., comma 1 hanno prevalentemente natura e struttura oggettiva (pena edittale, modalità della condotta, esiguità del danno e particolare tenuità della condotta), mentre le circostanze da valutarsi per la concessione delle attenuanti atipiche hanno natura diversa ed in prevalenza collegate a profili soggettivi del reo, beneficiario delle dette attenuati") tra l'aspetto oggettivo dei parametri previsti dall'art. 131-bis c.p. e l'aspetto soggettivo, che riguarda invece le attenuanti generiche o atipiche (cioè quelle circostanze non tipizzate dalla legge ma che il giudice può individuare nella situazione concreta).

Insomma, i fatti personali non attengono alla valutazione della tenuità del fatto prevista come esclusione della punibilità dall'art. 131-bis c.p.

Occupazione abusiva ed esclusione della particolare tenuità

L'esclusione della tenuità del fatto in casi di occupazione abusiva è stata già affermata dalla giurisprudenza: ad es. il Tribunale di Pescara con la sentenza n. 673 del 2018 ha eslcuso l'applicazione della tenuità del fatto con riferimento ad un caso di occupazione abusiva; questa volta l'esclusione è fondata, oltre che sulle caratteristiche della condotta, anche sulla reiterata occupazione dell'immobile popolare.

Occupazione abusiva e stato di bisogno

Questo per quanto attiene all'esclusione della non punibilità per tenuità del fatto.

Per un atro verso, anche lo stato di necessità, altro argomento spesso utilizzato per affermare la legittimità delle occupazioni abusive, è stato spesso escluso sulla base della considerazione che "l'illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente - quindi attuale e transitorio - di danno grave alla persona, non potendosi legittimare, nelle ipotesi di difficoltà economica permanente, ma non connotata dal predetto pericolo, una surrettizia soluzione delle esigenze abitative dell'occupante e della sua famiglia, tanto più che l'edilizia popolare è destinata a risolvere le esigenze abitative dei non abbienti attraverso procedure pubbliche e regolamentate (cfr., tra le tante, Cass. 28067/15 e Cass. 9955/15)." (Trib. Pescara n. 673/2018).

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