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Affitto negato a persona disabile. Quali conseguenze?

Casa negata alla 21enne sulla sedia a rotelle. Dopo essersi accordata con l'agenzia, ha ricevuto il “no” dei proprietari preoccupati di dover sostenere spese per adattare la casa.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

Il caso di Omegna. In questi giorni ha fatto molto discutere il caso di una ragazza ventunenne vittima di una discriminazione. La giovane cercava un appartamento a Omegna, dove aveva appena trovato lavoro.

In agenzia si era accordata per la casa e aveva pagato la caparra, ma il giorno dopo i proprietari avevano rifiutato la proposta in quanto non volevano affittare a persone disabili. Il caso in esame si presta ad una analisi sia normativa che giurisprudenziale.

L'autonomia negoziale. L'art. 1322 c.c., al primo comma, precisa che "le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative".

Tale comma individua il primo profilo dell'autonomia contrattuale, che attiene al contenuto del contratto, da intendersi come tutte le determinazioni con cui le parti regolano il loro rapporto.

Difatti il nostro ordinamento riconosce il principio di «autonomia negoziale», principio che lascia ai privati la facoltà di scegliere come, quando, con chi e se contrarre un accordo.

Nessuno può essere obbligato a scegliere la propria controparte contrattuale, neanche dallo Stato o dalla Costituzione.

Sarebbe un'illegittima invadenza nell'autonomia economica privata che è uno dei cardini di ogni Stato moderno.

Allo stesso modo, quindi, il proprietario di un appartamento "dovrebbe essere libero" di dare in affitto l'immobile a una o più categorie determinate di persone.

Sublocazione di immobile a clandestini.

Il principio di uguaglianza. L'art. 3 della nostra Costituzione sancisce uno dei principi cardine del nostro ordinamento, il principio di eguaglianza, enunciato nella sua duplice veste formale e sostanziale.

Accanto ad esso si pongono le disposizioni dell'art. 14 CEDU e dell'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che vietano in sostanza qualunque forma di discriminazione: i comportamenti discriminatori, tenuti ad ogni livello, costituiscono violazione di un diritto fondamentale proprio di ciascun individuo e rappresentato dalla dignità umana.

Il citato art. 14 espressamente stabilisce che «il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione».

La contrattazione e i principi europei della "non discriminazione" L'art. 2 del Trattato sull'Unione Europea prevede che "l'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e le protezioni sociali, la parità tra uomini e donne, al solidarietà tra le generazioni"; ed ancora, all'art. 21 che "L'azione dell'Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l'allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale".

Sulla scia di queste direttive comunitarie, destinate ad avere efficacia in tema di contrattazione, in Italia abbiamo avuto la normativa di cui al d.lgs. 9/07/2003 n. 215, attuativa della direttiva n. 2000/43/CE sulla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, dove all'art. 2 contiene una definizione, sebbene non esaustiva, di non discriminazione, essendo la stessa nozione collegata esplicitamente al principio di parità di trattamento. Ed ancora.

In attuazione della direttiva 2004/113/CE, è stato emanato il d.lgs. 196/2007, teso ad attuare il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura, apportando delle modifiche al d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.

Tale decreto ha l'obiettivo di eliminare le discriminazioni fondate sulla distinzione del sesso.

Infine abbiamo avuto la legge n. 67 del 2006 che reca le misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittima di discriminazione. Essa non contiene un'espressa disciplina della discriminazione del contratto, poiché non menziona l'accesso a beni e servizi, ma la sua introduzione rende palese che la tutela antidiscriminatoria da applicarsi nell'ambito contrattuale contenute nel d.lgs. 286/1998 e nel d.lgsl. 215/2003 devono applicarsi anche quando il fattore di discriminazione è diverso dalla razza, dall'etnia, dalla religione e consiste nella disabilità.

Il precedente del Tribunale di Milano in tema di discriminazione di razza. Una delle prime e più significative pronunce in materia è l'ordinanza del Tribunale di Milano del 30 marzo 2000 (in Foro italiano, 2000, 2041).

La vicenda giudiziaria ha avuto origine nel momento in cui un'agenzia immobiliare milanese aveva interrotto le trattative contrattuali, avviate a seguito di un annuncio di locazione, non appena venuta a conoscenza che la controparte era una cittadina della Costa d'Avorio.

Dunque l'agenzia avrebbe giustificato il proprio comportamento evidenziando la difficoltà a concludere contratti con persone straniere, data l'indisponibilità manifestata nei loro confronti dai proprietari degli immobili.

Ritenendo di aver subito una discriminazione, la potenziale conduttrice si è rivolta al Giudice, presentando un ricorso ai sensi dell'art. 44 del d.lgs. n. 286/98.

Il Tribunale di Milano ha riconosciuto il carattere discriminatorio del comportamento dell'agenzia, ne ha ordinato l'immediata cessazione ed ha condannato la stessa al risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato in circa 500 euro.

Il caso del Tribunale di Roma degli annunci discriminatori sulla base etnico-razziale o religiosa. Con ordinanza depositata il 27 maggio 2010, il giudice civile di Roma ha respinto l'azione giudiziaria anti-discriminazione presentata dall'Unione Forense per la tutela dei Diritti dell'Uomo nei confronti del direttore responsabile del periodico di annunci economici di Roma "Porta Portese".

L'organizzazione non governativa aveva richiesto al giudice che fosse dichiarato il carattere discriminatorio del comportamento del convenuto consistente nel mancato esercizio del dovere di vigilanza sul contenuto del periodico, nel quale trovavano abitualmente pubblicazione annunci relativi ad offerta di alloggi in locazione o di posti di lavoro caratterizzati da clausole discriminatorie di esclusione nei confronti di immigrati o persone appartenenti a determinate nazionalità, gruppi etnici, o credi religiosi.

In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, si evidenzia che esiste una doppia configurazione del principio di uguaglianza. Se da una parte l'autonomia contrattuale consente la libertà di scegliere se e a chi dare il proprio appartamento, dall'altra parte, però, lo stesso principio dovrebbe uniformarsi con una serie di tutele e di principi volti a tutelare i soggetti dalla discriminazione.

Premesso ciò, ritengo che, alla luce degli eventi citati, la ragazza potrebbe in virtù della legge n.67 del 1° marzo 2006 recante le "misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni", ha presentare esposto alla pubblica autorità.

In base a questa legge il giudice potrebbe ordinare il "risarcimento del danno anche non patrimoniale subito dalle vittime della discriminazione e ordinare la cessazione del comportamento discriminatorio".

In ogni caso, spetterà sempre al giudice la valutazione sulla base del potere dominante della contrattazione: se trattasi di potere legittimo (libertà) oppure forma di abuso (discriminazione).

In ogni caso, la ragazza ben potrebbe anche avvalersi di associazioni delle Pari Opportunità.

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