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Vendita immobile abusivo ed effetti della dichiarazione sostitutiva del venditore

Se l'immobile è stato costruito prima del settembre 1967, la dichiarazione sostitutiva del venditore consente la commerciabilità del bene anche se abusivo.
Avv. Marco Borriello 

Prima di acquistare un immobile sarebbe molto importante effettuare dei controlli sulla sua conformità urbanistica. È possibile farlo attraverso la copia conforme dei titoli abilitativi, la piantina depositata al catasto e sottoponendo l'esame di questa documentazione e dello stato dell'immobile al proprio tecnico di fiducia.

In mancanza di tutto ciò, il compratore deve, solo, affidarsi alle dichiarazioni fornite dal venditore e a quei pochi controlli operati dal notaio, senza dimenticare che questi non è assolutamente tenuto a verificare la legittimità urbanistica del bene e tanto meno la veridicità delle affermazioni raccolte nel rogito.

Può succedere, perciò, che successivamente alla stipula, magari in occasione di una futura rivendita del bene, il nuovo proprietario si accorga di essere titolare di un immobile abusivo o parzialmente tale. Il successivo potenziale acquirente, infatti, ha fatto delle verifiche e ha scoperto che non è tutto in regola.

Se ciò dovesse accadere, sarebbe ancora possibile agire in risarcimento nei confronti dell'originario venditore? La compravendita de quo sarebbe valida o sarebbe stata inficiata dall'abusività dell'immobile ceduto?

A queste domande ha dato risposta la recente sentenza n. 11 del 13 gennaio 2022, emessa dal Tribunale di Spoleto.

Approfondiamo meglio, però, cosa ha caratterizzato questa lite.

Vendita immobile abusivo e dichiarazione sostitutiva del venditore: il caso concreto

Nel 2017, una coppia, in comunione dei beni, dopo aver acquistato un immobile in quel di Todi nel 2004, si attivava per rivendere il bene, ma non riusciva nell'intento.

Il potenziale acquirente, infatti, successivamente al preliminare, effettuando dei controlli sulla conformità urbanistica, accertava che l'immobile era, addirittura privo del titolo abilitativo e in condizioni tali da non poter essere sanato alla luce della normativa in vigore.

Rimasti spiazzati dalle circostanze, i proprietari rivolgevano la propria attenzione verso l'originario venditore. A questi, tra le varie istanze proposte in Tribunale, chiedevano la risoluzione del contratto, alternativamente alla riduzione del prezzo, e il risarcimento del danno.

Ovviamente, però, la domanda principale si concentrava sull'accertamento della nullità della compravendita, attesa la natura abusiva dell'immobile acquistato.

Il Tribunale di Spoleto, al termine di un'istruttoria, sostanzialmente, basata sull'esame della documentazione depositata in atti, concludeva per il rigetto di ogni domanda attorea e per la condanna degli istanti al pagamento delle spese di giudizio, secondo il principio della soccombenza.

Nullità compravendita immobiliare: normativa e presupposti

In base al combinato disposto degli artt. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 (già art. 17 della legge n. 47 del 1985) e dell'art. 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985, una compravendita immobiliare è nulla se dall'atto non risultano «gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ovvero ai quali non sia unita dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'opera è stata iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967».

Tale conclusione trova riscontro anche nella Cassazione più recente (cfr. Cass, sez. un., 22.03.2019 n. 8230 e Cass., sez. un., 7.10.2019, n. 25021).

Bisogna precisare, però, che, secondo gli Ermellini, ai fini della validità dell'atto, l'abusività dell'immobile ceduto può essere solo formale. In pratica, ciò significa che non è rilevante se un edificio o un appartamento sono, concretamente, difformi da un punto di vista urbanistico.

È, invece, importante che all'interno dell'atto siano riportati gli estremi del presunto titolo abilitativo o la già citata dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Se poi, come in effetti può accadere, il titolo è difforme, ciò non comporta alcuna invalidità della compravendita.

«La nullità comminata dall'art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della L. n. 47 del 1985 va ricondotta nell'ambito del comma 3 dell'art. 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità < >, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile, proprio, a quell'immobile. In presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato».

Certificato di abitabilità: quando la sua mancanza è causa di risoluzione del contratto di compravendita?

Nullità compravendita immobile ante settembre 1967

Per accertare la validità della compravendita di un immobile costruito antecedentemente al 1° settembre 1967 non è necessario che questi sia conforme da un punto di vista urbanistico.

Infatti, indipendentemente dall'abuso edilizio, è sufficiente attestare nell'atto che il bene è stato costruito prima della predetta data. Sussistendo tale presupposto, la vendita sarà, quindi, valida.

Ovviamente, questa conclusione trova supporto nella giurisprudenza della Cassazione, così come precisato dal Tribunale di Spoleto nella sentenza in commento. «La Suprema Corte aveva, già in precedenza, sancito la libera commerciabilità qualunque fosse l'abuso edilizio commesso dall'alienante a condizione che nell'atto pubblico di trasferimento risultasse inserita una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo ed attestante l'inizio dell'opera in data anteriore al 2 settembre 1967 senza che potesse rilevare, ai fini della legittimità del trasferimento, la mancanza dell'attestazione di conformità della costruzione alla licenza edilizia ovvero la esistenza di una concessione in sanatoria (cfr., Cass., Sez. 2, 20.03.2006, n. 6162; Cass., Sez. 2, 22.08.1998, n. 8339)».

Compravendita immobile abusivo e risoluzione del contratto

Nel caso in esame, la compravendita è stata dichiarata valida, poiché all'interno dell'atto era stata raccolta la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'immobile era stata iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967.

Perciò, alla luce della giurisprudenza sull'argomento, non era possibile comminare alcuna nullità

Restava, però, l'inadempimento del venditore nel nascondere al compratore la sostanziale difformità urbanistica del bene. Ciò era sufficiente per risolvere il contratto?

Secondo il Tribunale di Spoleto, la risposta è stata negativa. Il magistrato ha, infatti, applicato l'art. 1455 cod. civ. e il principio secondo il quale un contratto può essere sciolto soltanto in presenza di un inadempimento non di scarsa importante e tenuto conto dell'interesse della controparte.

Orbene, appurato che la compravendita era valida non c'erano i presupposti per invocare alcun grave inadempimento dell'originario venditore, poiché l'esistenza di un abuso edilizio non impediva la commerciabilità del bene «non può ritenersi sussistente alcun grave inadempimento imputabile alla parte venditrice, odierna Convenuta, nei termini sin qui illustrati, non potendosi risultare integrato dalla sola esistenza di un abuso edilizio che non comporta affatto, alla luce di quanto rappresentato, l'incommerciabilità dell'immobile venduto (cfr., sul tema, Cass., n. 18039/2011)».

Per questo motivo, anche la domanda di risoluzione del contratto è stata respinta.

Abusi edilizi: bastano le mappe di google per provarli

Sentenza
Scarica Trib. Spoleto 13 gennaio 2022 n.11
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