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Abusi edilizi in condominio: le responsabilità

Vademecum sulle conseguenze penali, amministrative e civili della realizzazione in condominio di una costruzione in assenza di idoneo titolo edilizio.
Avv. Mariano Acquaviva 

L'abusivismo è purtroppo una piaga che affligge molti fabbricati presenti sul territorio italiano. Non ne sono esenti nemmeno i condomini, tanto più se si considera che, al loro interno, vivono diversi proprietari, ciascuno potenzialmente in grado di commettere una violazione del genere effettuando lavori non consentiti nella propria unità immobiliare.

Gli abusi edilizi in condominio rappresentano una tematica di particolare interesse in quanto tali illeciti possono concretizzarsi in almeno due modi diversi: all'interno delle singole proprietà private oppure nelle parti comuni dell'edificio. È allora il caso di fare chiarezza e di capire quali sono le responsabilità per gli abusi edilizi in condominio.

Che cos'è l'abuso edilizio?

L'abuso edilizio è l'illecito, penale e amministrativo, che commette chi realizza una costruzione in assenza di idoneo titolo edilizio (ad esempio, senza permesso di costruire o, quando il permesso non è necessario, in mancanza della comunicazione di avvio dei lavori), oppure in difformità di esso.

Commette quindi un abuso edilizio non solo chi realizza un manufatto senza il permesso di costruire, ma anche chi, una volta ottenuto il titolo, dà vita poi a un'opera sostanzialmente diversa, di fatto eludendo le norme di legge.

Non c'è abuso se la costruzione è precaria. Un'opera è precaria quando è temporanea, destinata ad essere rimossa: è il caso, ad esempio, di un piccolo locale adibito a ricovero temporaneo degli attrezzi necessari per alcuni lavori in corso.

Secondo l'art. 6, D.p.r. 380/01, le opere precarie sono quelle volte a soddisfare esigenze temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.

Dal punto di vista penale, l'abuso edilizio è un reato procedibile d'ufficio: ciò vuol dire che chiunque può denunciare l'illecito alla Procura della Repubblica; le autorità possono perfino intervenire spontaneamente, senza aver ricevuto alcuna segnalazione.

Dal punto di vista amministrativo, l'abuso edilizio è punito con l'ordine di demolizione pronunciato dall'autorità amministrativa competente.

Com'è punito il reato di abuso edilizio?

Ai sensi dell'art. 44, Dpr n. 380/01 (Testo unico in materia di edilizia), il reato di abuso edilizio è punito con:

  • l'ammenda fino a 10.329 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalla legge, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
  • l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;
  • l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio.

    La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

    La sentenza definitiva del giudice penale che accerta la lottizzazione abusiva dispone anche la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.

Quando si prescrive l'abuso edilizio?

Trattandosi di reato contravvenzionale, l'abuso edilizio si prescrive entro quattro anni dalla realizzazione della costruzione illecita, ovvero entro cinque anni se, nel frattempo, è intervenuto un atto processuale interruttivo (interrogatorio, rinvio a giudizio, ecc.).

Da quando comincia a decorrere la prescrizione dell'abuso edilizio? Bisogna distinguere tre situazioni diverse:

  • se, in presenza di un abuso edilizio, l'autorità pubblica ha disposto un accertamento e un sequestro, è da tale momento che iniziano a decorrere i termini di prescrizione;
  • se invece viene fatto un controllo senza tuttavia apposizione di sigilli, il reato si considera permanente, per cui perdura fino alla sentenza di primo grado.

    In tal caso, dunque, la prescrizione è di 5 anni dalla sentenza, che è il momento in cui si ritiene cessata la prosecuzione dell'intervento abusivo;

  • se l'abuso non è accertato, nel senso che sull'opera non ci sono né sequestri né controlli, allora la prescrizione comincia a decorrere dal completamento della stessa.

    Il momento in cui si consuma il reato di abuso edilizio ha infatti inizio con l'avvio dei lavori e perdura per tutto il tempo di realizzazione, sino all'effettiva cessazione dell'attività edificatoria abusiva.

Insomma: la prescrizione dell'abuso edilizio comincia a decorrere da quando l'opera è ultimata, cioè da quando i lavori irregolari sono cessati.

Se c'è l'intervento dell'autorità giudiziaria, tale momento (cioè, quello della cessazione) è identificato con il sequestro del manufatto o con la sentenza di primo grado.

Abuso edilizio: come funziona l'ordine di demolizione?

Come detto in apertura, l'abuso edilizio costituisce allo stesso tempo un illecito penale e amministrativo. Sotto quest'ultimo profilo, il manufatto abusivo è suscettibile di essere rimosso per il tramite di un ordine di demolizione emanato dall'amministrazione comunale competente.

Posto che l'abuso edilizio, come illecito amministrativo, non si prescrive mai (in quanto nel diritto amministrativo l'illecito edilizio ha carattere permanente, cioè perdura nel tempo e consiste nell'omissione di ripristinare lo stato dei luoghi; in questo senso Cons. di Stato, sent. n. 6605/2019), permane il problema di comprende se è possibile demolire una costruzione abusiva per cui è intervenuta la prescrizione sul piano penale.

In altre parole: il Comune può dare esecuzione all'ordine di demolizione inerente a un immobile abusivo per cui il giudice penale abbia dichiarato la prescrizione?

Secondo la Suprema Corte (Cass., sent. n. 31322 del 17 luglio 2019), l'ordine di demolizione ha quale necessario presupposto la pronuncia di una sentenza di condanna; l'intervenuta prescrizione del reato contestato all'imputato non consente di disporre la demolizione del manufatto.

L'estinzione del reato di abuso edilizio per intervenuta prescrizione impedisce al giudice l'applicabilità dell'ordine di demolizione che, avendo natura di sanzione, non può che seguire la sentenza di condanna, neppure essendo sufficiente per la sua pronuncia il mero accertamento della commissione di un abuso edilizio.

In questo senso anche una più recente sentenza di legittimità, (Cass., sentenza n. 9915/2021), secondo cui la prescrizione del reato di abuso edilizio comporta la revoca dell'ordine di demolizione. Solo se interviene sentenza di condanna per detto reato infatti si può dare esecuzione all'ordine di demolizione

Quindi, sebbene l'ordine di demolizione non si prescriva mai, la prescrizione del reato di abuso edilizio farebbe venire meno anche la sanzione amministrativa, visto che essa si poggia sulla sentenza di condanna in sede penale.

Abuso edilizio: chi è responsabile?

Veniamo ora alle responsabilità per l'abuso edilizio. In linea di massima, il responsabile dell'abuso edilizio è il proprietario del fabbricato che ha commissionato i lavori: è infatti questo soggetto ad agire senza i necessari titoli edilizi e ad avvantaggiarsi dell'opera.

È però possibile che siano più persone a concorre alla realizzazione di un abuso edilizio: oltre al titolare formale dell'immobile abusivo (il proprietario o, comunque, colui che avrebbe dovuto ottenere il titolo edilizio oppure che, ottenutolo, se n'è discostato), possono incorrere in reato anche il committente dei lavori (se differente dal primo) e il costruttore.

Oltre a loro, possono commettere un abuso edilizio anche tutti coloro che abbiano contribuito con la loro condotta alla consumazione del reato: si pensi ad esempio al direttore dei lavori oppure al progettista.

È l'art. 29, D.p.r. n. 380/01, a individuare nel titolare del permesso a costruire, nel committente, nel costruttore e nel direttore dei lavori i soggetti responsabili della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano, al permesso di costruire ed alle modalità esecutive da esso stabilite.

Tali soggetti, individuati per il possesso di particolari qualità, potrebbero rispondere penalmente dell'esecuzione di un'opera non conforme alla disciplina urbanistico-edilizia, salvo l'eventuale concorso di altre persone.

Insomma, in linea di massima ogni soggetto che ha il potere di intervenire sull'esecuzione dell'opera per bloccarla rischia di incorrere in responsabilità penale.

Abuso edilizio in condominio: chi è responsabile?

Veniamo ora alle responsabilità per gli abusi edilizi in condominio. Sin da subito va fatta un'importante precisazione: il condominio, non avendo personalità giuridica, non può rispondere del reato di abuso edilizio né di qualsiasi altro tipo di illecito.

Da questo punto di vista, il condominio è una sorta di entità "spettrale" o "ectoplasmatica", inconsistente davanti alle responsabilità penali, di cui quindi possono rispondere soltanto i singoli condòmini.

Nell'ipotesi di manufatti abusivi, quindi, le colpe andranno rinvenute in capo ai proprietari che hanno commissionato i lavori, oltre che a tutti gli altri soggetti sopra elencati, e cioè il costruttore e il direttore dei lavori.

Con specifico riferimento al condominio, però, si pongono due problemi particolari: chi è il responsabile nel caso di lavori all'interno dell'unità abitativa di proprietà privata e chi è il responsabile nel caso di lavori eseguiti nelle parti comuni dell'edificio, come ad esempio nelle scale, sul lastrico solare, nel cortile, ecc. Approfondiamo la questione.

Bisogna poi affrontare il problema inerente ai compiti dell'amministratori e alla sorte delle delibera assembleari con cui vengono commissionate opere abusive.

Abuso edilizio: responsabilità del singolo condomino

Dal primo punto di vista, è facilmente intuibile che ciascun proprietario è responsabile dei lavori abusivi che ha personalmente commissionato all'interno della propria unità immobiliare.

A questa responsabilità penale e amministrativa si somma, però, un ulteriore profilo civilistico: la realizzazione di un manufatto abusivo potrebbe infatti violare le specifiche norme poste a tutela del condominio.

E così, il proprietario che trasforma il proprio balcone in veranda senza avere il permesso di costruire non solo commette un reato ma anche un illecito civile, se il regolamento vietava un'opera del genere oppure se la realizzazione della veranda altera il decoro architettonico.

Lo stesso dicasi per la sopraelevazione fatta dal proprietario dell'ultimo piano, allorquando l'opera comprometta la stabilità dell'intero fabbricato.

Insomma: l'abuso edilizio del singolo condomino per lavori che ricadono nella proprietà esclusiva possono avere riverberi di tipo civilistico per via della violazione delle norme legislative e regolamentari previste nello specifico contesto condominiale.

Abuso edilizio: responsabilità dei condòmini

Se l'opera abusiva interessa le parti comuni, allora risponderanno tutti quei condòmini che hanno contribuito alla loro realizzazione.

Ad esempio, se i proprietari degli appartamenti posti all'ultimo piano decidono di effettuare una sopraelevazione proibita oppure di ricavare un vano a uso esclusivo da uno spazio comune, allora ognuno di essi commetteranno un abuso edilizio.

In pratica, dei lavori abusi realizzati nelle parti condominiali rispondono tutti i soggetti che vi hanno preso parte in qualità di proprietari, committenti, costruttori e direttori dei lavori.

Ciò perché, come ricordato in precedenza, il condominio non può rispondere del reato di abuso edilizio; la responsabilità va ricercata in capo ai singoli soggetti, in ossequio al principio di personalità della responsabilità penale.

In questo senso è molto chiara la giurisprudenza (Tar Campania sent. n. 3005 del 10 luglio 2020): l'ordine di demolizione di opere illecitamente realizzate non deve essere indirizzato dal Comune al condominio, in quanto esso non è proprietario e responsabile dell'abuso; perciò, la rimozione e la riduzione in pristino è posta a carico di tutti i comproprietari anche per quanto riguarda le spese.

Infatti, le parti comuni dell'edificio sono in comproprietà tra i condomini, mentre il condominio si limita a gestirle; così, quando si verifica un abuso, la misura destinata a colpirlo (solitamente, l'ordinanza di demolizione) deve essere rivolta ai singoli condomini. Dunque, la demolizione non spetta al condominio ma compete ai comproprietari che lo compongono.

Nello stesso senso altra sentenza, ancor più recente (Tar Basilicata, sede di Potenza, sentenza 12 gennaio 2022, n. 14), che ha annullato l'ordine di demolizione emesso dal Comune nei riguardi dell'intero condominio, stabilendo la responsabilità in capo all'autore dell'abuso, ovverosia il singolo proprietario.

Abuso edilizio in condominio: cosa deve fare l'amministratore?

Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass., 19 marzo 2021, n. 7884), l'amministratore è tenuto a denunciare gli abusi edilizi realizzati in condominio, sia nelle parti comuni che in quelle private, a prescindere dalle decisioni dell'assemblea.

L'amministratore, perciò, non deve attendere alcuna autorizzazione dei condomini e dovrà attivarsi non appena avrà avuto notizia dell'illecito.

Per la precisione, quando l'abuso riguarda la cosa comune da parte di uno dei condòmini, si riconosce all'amministratore il potere di agire in giudizio.

In tale ipotesi, l'interesse, di cui l'amministratore domanda la tutela è un interesse comune, in quanto riguarda la disciplina dello uso di un bene collettivo, il cui godimento limitato da parte di ciascun partecipante assicura il miglior godimento di tutti.

La denuncia dell'abuso della cosa comune da parte di un condomino rientra, pertanto, tra gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell'edificio che spetta di compiere all'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 4, del Codice Civile, senza alcuna necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini.

Secondo la giurisprudenza, l'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, neppure necessita di alcuna autorizzazione assembleare.

La procura alle liti conferita dall'amministratore di condominio è poi valida anche se la persona fisica che la conferisce non indichi espressamente la qualità di rappresentante dei partecipanti ex artt. 1130 e 1131 c.c., purché tale qualità risulti dall'intestazione o anche dal contesto dell'atto cui inerisce, attesa la possibilità che nel conferimento della procura alle liti la spendita del nome assuma forme implicite.

Peraltro, è appena il caso di ricordare che l'art. 1117-quater, c.c., in caso di violazione delle destinazioni d'uso, indica una precisa strada da seguire: «In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie».

In presenza di un abuso, l'amministratore può quindi inviare una formale diffida scritta al responsabile; nel caso in cui il tentativo risulti infruttuoso, potrà sporgere denuncia presso la competente autorità pubblica e conferire mandato a un avvocato per far valere le ragioni condominiali.

Cosa succede se l'assemblea approva lavori abusivi?

Secondo la Corte di Cassazione (sent. 27 luglio 2007, n. 16641), se l'assemblea delibera l'esecuzione di un'opera contrastante con le norme imperative in materia di edilizia comporta, in quanto contraria all'ordine pubblico, scatta la nullità della delibera per illiceità dell'oggetto.

E infatti, qualora una delibera condominiale attivamente determini un illecito edilizio (permettendo, ad esempio, di collegarsi ai servizi primari comuni - acqua, luce, gas, scarichi fognari, ecc. -, la trasformazione dei locali sottotetti in vani abitabili, ecc.) in violazione delle norme contenute nello strumento urbanistico in vigore, tale delibera ha un contenuto (ossia un fine) illecito; come tale, è affetta da nullità assoluta per illiceità dell'oggetto, ex art. 1421 c.c.

In tal caso, la delibera condominiale non può considerarsi valida neppure per effetto di successivo condono edilizio, perché, in base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, la sua illiceità (e conseguente nullità) va verificata con riferimento alle norme edilizie in vigore nel momento della sua approvazione.

In altre parole, com'è stato affermato in un'ipotesi simile, tali delibere sono affette da una nullità insanabile per illiceità od impossibilità del suo oggetto.

Nullità e annullabilità, cosa cambia dopo le Sezioni Unite n. 9839/2021

Come si sana un abuso edilizio?

Chiudiamo questo breve contributo parlando della sanatoria dell'abuso edilizio, cioè di quello strumento che consente al proprietario "pentito" di regolarizzare l'opera irregolare.

Secondo l'art. 36, D.p.r. n. 380/01, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di legge (novanta giorni dall'ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi, oppure nel termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza) e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

La sanatoria dell'abuso edilizio è importantissima non solo perché evita la sanzione amministrativa (la demolizione dell'opera e il ripristino dello stato dei luoghi), ma anche perché permette di estinguere il reato.

La somma che viene versata per il rilascio del permesso in sanatoria, infatti, costituisce una vera e propria oblazione penale, che è una causa di estinzione dei reati contravvenzionali.

La richiesta del permesso in sanatoria, peraltro, blocca l'eventuale procedimento penale: secondo l'art. 45, D.p.r. n. 380/01, l'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria.

Responsabilità del condominio per i danni derivati dall'appalto

Va fatta un'importante precisazione: non tutti gli abusi edilizi sono sanabili, ma solamente quelli che non contrastano con il piano regolatore generale, cioè con lo strumento urbanistico che regola l'attività edificatoria all'interno del territorio comunale.

Se la costruzione è conforme al piano regolatore generale ma è stata realizzata senza idoneo titolo edilizio (o in difformità di esso), si può evitare la demolizione del bene chiedendone la sanatoria. La sanatoria può avvenire nel caso in cui l'immobile è conforme alla normativa vigente:

  • al momento della sua edificazione;
  • al momento della richiesta di sanatoria.

Si parla dunque di doppia conformità necessaria a sanare l'abuso edilizio.

Sanatoria abuso edilizio: come si ottiene?

Concretamente, per ottenere la sanatoria bisogna presentarne apposita istanza all'ufficio comunale competente entro novanta giorni dall'accertamento dell'illecito (stesso termine dell'ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi).

Una volta presentata l'istanza, il responsabile dell'ufficio comunale deve decidere in merito alla richiesta di sanatoria, entro il termine massimo di sessanta giorni: come già ricordato, la sanatoria può essere concessa solamente se è accertata la doppia conformità dell'immobile.

Se l'istanza di sanatoria, pur sussistendone i presupposti, è respinta, è possibile impugnare il diniego del responsabile comunale e fare ricorso al giudice amministrativo.

La sanatoria può essere concessa solamente pagando un contributo di costruzione. Questo ha un importo pari all'entità dell'abuso o all'incremento del valore venale del bene: nello specifico, il contributo di costruzione non può essere inferiore a 516 euro ed è raddoppiato quando si costruisce senza la dichiarazione di inizio attività o in difformità all'autorizzazione.

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