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Vendita di immobile difforme dalla licenza edilizia: la responsabilità del venditore

L'acquirente che si ritenga leso dovrà innanzitutto dimostrare che l'irregolarità sussiste, incombendo tale onere su di lui, non sull'alienante.
Avv. Caterina Tosatti 

Nel caso di compravendita di immobile che si riveli poi difforme rispetto ai titolo edilizi che ne permisero la costruzione, la responsabilità del venditore ai sensi dell'art. 1489 c.c. è esclusa solamente qualora il compratore abbia avuto una effettiva conoscenza dell'esistenza del peso o dell'onere gravante sul bene, conoscenza che non può apoditticamente desumersi dalla sottoscrizione delle planimetrie allegate al rogito, specialmente laddove, come nel caso concreto, le stesse diano conto di uno stato di fatto conforme a quello effettivo.

Per accedere alla tutela ex art. 1489 c.c. l'acquirente che si ritenga leso dovrà innanzitutto dimostrare che l'irregolarità sussiste, incombendo tale onere su di lui, non sull'alienante, ovviamente: ebbene, elementi come le dichiarazioni dei tecnici, dell'Amministratore condominiale e le planimetrie allegate all'atto di acquisto riferito all'immobile 'irregolare' non sono, di per sé prova dell'irregolarità - si perdoni la ripetizione.

Infatti, è necessario verificare la presenza delle condizioni edilizio - urbanistiche per poter dirimere la presenza o meno dell'irregolarità.

La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza n. 2310 del 14 luglio 2023, accoglie, in parte, l'appello dei venditori.

Vendita di immobile difforme dalla licenza edilizia: la responsabilità del venditore. Fatto e decisione

Tizio e Caia acquistavano da Mevia, nel 1973 e nel 1981, due unità immobiliari site nel medesimo edificio.

Nel 2015 vendevano a Sempronia uno dei due appartamenti; dopo qualche mese dalla vendita, Sempronia contestava a Tizio e Caia la difformità tra lo stato di fatto dell'immobile ed il titolo originario. In base agli accertamenti, risultava che l'intero piano ove erano collocati i due immobili era affetto da difformità.

Tizio e Caia sostenevano quindi i costi per regolarizzare entrambi gli appartamenti, tramite rilascio di un permesso a costruire in sanatoria.

Essi si rivolgevano quindi a Mevia, dalla quale avevano acquistato i due immobili, affinché la stessa venisse condannata alla riduzione del prezzo di vendita ed al pagamento dei costi della sanatoria.

Mevia eccepiva la decadenza e la prescrizione del diritto di Tizio e Caia e l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 1489 c.c. Deceduta Mevia, nel corso del giudizio, lo stesso veniva riassunto verso gli eredi, che si costituivano in esso. Svolta prova testimoniale, il Tribunale di Busto Arsizio condannava gli eredi di Mevia a pagare la riduzione del prezzo per i due immobili venduti da costei a Tizio e Caia ed a risarcire il danno e le spese di lite.

Gli eredi di Mevia propongono appello, ma la Corte di Appello di Milano lo accoglie solo in parte.

La Corte muove dalla contestazione circa la prova delle irregolarità, in quanto gli eredi di Mevia avevano dedotto la presenza di una pratica di variante volumetrica approvata, di cui però gli eredi di Mevia avevano dato prova introducendo tardivamente (a detto di Tizio e Caia) il documento in giudizio.

Il Tribunale aveva ritenuto sussistente la irregolarità in base alla sola circostanza per cui Tizio e Caia avevano dichiarato e dimostrato il deposito della pratica di concessione in sanatoria e in virtù degli elementi sopra richiamati, (dichiarazioni tecnici e Amministratore di Condominio, planimetrie allegate all'atto di acquisto).

Secondo la Corte, però, a fronte della pacifica circostanza (riconosciuta anche dai tecnici di Tizio e Caia) della esistenza della variante depositata da Mevia, che andava a regolarizzare l'immobile, per quanto poi tale variante non si trovasse nel fascicolo della pratica edilizia, doveva indurre il Tribunale ad essere più rigoroso nei propri accertamenti.

Tant'è che la Corte, disposta CTU, apprendeva a mezzo della stessa che l'immobile affetto da irregolarità era solamente quello venduto a Sempronia, non anche l'altro; che l'irregolarità consisteva nella difformità tra superficie effettiva e risultante dal titolo, dove la prima era maggiore della seconda, essendosi avuto un accorpamento di un locale e di parte del balcone di pertinenza dell'appartamento attiguo; che detta irregolarità sarebbe stata sanabile con semplice CILA tardiva, senza necessità di acquisire un permesso a costruire, anche più costoso in termini di sanzioni ed oneri.

Vendita immobile abusivo ed effetti della dichiarazione sostitutiva del venditore

Rammenta la Corte che, a mente di consolidata giurisprudenza amministrativa, «gli illeciti e/o abusi edilizi sussistano anche quando il potere repressivo si fondi su una legge entrata in vigore successivamente al momento in cui l'abuso è stato realizzato e come, in sede di repressione, sia applicabile il regime sanzionatorio vigente al momento in cui l'amministrazione provvede ad irrogare la sanzione stessa.» (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 14 febbraio 2023 n. 1537).

Circa poi la prescrizione invocata dagli eredi di Mevia in I° e ribadita in appello, la Corte evidenzia che l'omessa presentazione della CILA è soggetta a sanzione pecuniaria che in base all'art. 12 della Legge 689/1981 soggiace al termine di prescrizione di 5 anni, il quale, sempre per giurisprudenza consolidata in materia di illeciti edilizi, decorre dal momento in cui cessa , decorre dal momento in cui cessa la situazione di illiceità, cioè, ad esempio, quando si ottengono le necessarie autorizzazioni in sanatoria, stante la natura permanente dei reati edilizi.

Considerazioni conclusive

L'insegnamento che si può trarre dalla vicenda oggetto di causa è relativo alla attenzione da porre nella preparazione della vendita dell'immobile, sia in capo al venditore che in capo al compratore, anche tramite la ricerca minuziosa dei documenti di provenienza dell'immobile e con regolarizzazione della situazione edilizio - urbanistica. Ovviamente, nulla vieta che per negoziato tra le parti sia il compratore ad assumersi detto onere.

Sentenza
Scarica App. Milano 14 luglio 2023 n. 2310
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