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Difetti, difformità e vizi dell'opera: natura, denuncia e prescrizione

“Gravi difetti” e “difformità e vizi lievi”: le differenze. Un esempio pratico di applicazione dell'art. 1667 c.c. in un caso deciso dal Tribunale di Milano…
Avv. Eliana Messineo 

In caso di vizi e difetti di un'opera è preliminarmente necessario interrogarsi sulla natura del difetto stesso, tenendo presente una fondamentale distinzione tra "difformità lievi" e "difetti gravi" dalla quale discendono conseguenze in termini di decadenza e prescrizione.

Dal punto di vista pratico, riuscire a distinguere un vizio grave da una difformità lieve non è sempre compito facile, per cui è sempre opportuno affidarsi ad un tecnico al fine di verificare la natura e la causa dei vizi.

All'uopo, potrà farsi ricorso all'ATP, accertamento tecnico preventivo, che costituisce uno strumento di istruzione preventiva utile al fine di ottenere in tempi celeri la verifica delle condizioni di un immobile, di un luogo, di una cosa, allorquando non si possano attendere, per motivi di urgenza vari, i tempi di un giudizio ordinario.

Una recente sentenza del Tribunale di Milano, n. 9807 del 14 dicembre 2022, ci offre un esempio utile a comprendere dal punto di vista pratico la differenza tra vizi gravi e difformità lievi nonché le conseguenze in termini di decadenza e prescrizione a seconda che si tratti dell'una o dell'altra tipologia di "difetto".

"Gravi difetti" o "difformità e vizi lievi"? Le differenze. La vicenda

I difetti riscontrati in un'opera possono distinguersi in:

  • difformità e vizi lievi: difetto per difformità al progetto ed al contratto di appalto ovvero per esecuzione non a regola d'arte. Ipotesi disciplinata dall'art.1667 c.c.
  • gravi difetti: difetti costruttivi che incidono negativamente sulla struttura e funzionalità dell'opera influendo sulla sua solidità, efficienza e durata. Ipotesi disciplinata dall'art. 1669 c.c.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, la nozione di difetto di costruzione "ricomprende sia le alterazioni che investono parti essenziali dell'immobile sia quelle che riguardano elementi secondari o accessori funzionali all'impiego duraturo dell'opera e tali pertanto da incidere in modo considerevole sul godimento dell'immobile" (v. Cass., 2011 n. 20307, Cass., 2007 n. 3752), e che "non si identifica necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile (cfr. Cass. 2013, n. 84)".

I vizi ex art. 1669 c.c., dunque, devono possedere i requisiti della intensità, ossia deve integrarsi un apprezzabile grado di forza o di violenza con cui si produce o si manifesta il vizio, e della diffusività, intesa come capacità e idoneità del vizio ad estendersi presso una porzione rilevante del manufatto.

Devono, pertanto, ritenersi gravi solo i vizi che, sebbene riguardanti anche elementi secondari, siano tali da produrre una compromissione effettiva sull'utilizzo e sul godimento dell'immobile.

Nel caso in esame, deciso dal Tribunale di Milano, il Giudice, alla luce del suddetto principio giurisprudenziale e tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica svolta in sede di ATP, ha ritenuto i vizi riscontrati mere "difformità lievi" ai sensi dell'art. 1667 c.c., escludendone la gravità ex art. 1669 c.c.

In particolare, sono stati ritenuti "mere difformità" ex art. 1667 c.c. e non vizi gravi in quanto inidonee a comportare una sensibile compressione nel godimento del bene o ad incidere sulla sua funzionalità, i seguenti "difetti":

  1. Mancanza di uniformità e continuità nella finitura dei prospetti della facciata condominiale;
  2. Esistenza di rigonfiamenti, cavillature e crepe diffuse su tutti i fronti dell'edificio;
  3. Presenza di muffe, macchie di umidità persistenti e di infiltrazioni dovute alla sovrapposizione anziché rimozione dei davanzali esistenti;
  4. Presenza di distacchi o fissaggi mal eseguiti nella copertura dell'edificio realizzata con pannelli sandwich in lamiera greca isolante;
  5. Mancanza di intonaco in alcune parti del parapetto interno;
  6. Mancato completamento della lattoneria dei camini;
  7. Diversa consistenza tra loro delle guaine bituminose utilizzate;
  8. Presenza di infiltrazioni e muffe in più unità abitative in corrispondenza degli angoli dei davanzali interni delle finestre.

I vizi accertati nel procedimento ex art. 696 c.p.c., sono stati dunque ritenuti come mere imperfezioni tali da ridurre semplicemente l'estetica del manufatto oppure problematiche non particolarmente estese o diffuse o ancora, applicazione di soluzione tecnica diversa da quella prevista dal capitolato, in ogni caso tali da non incidere sulla struttura e funzionalità del Condominio o sul godimento del bene.

Discorso a parte per le infiltrazioni e le macchie di umidità riscontrate che, come noto, sono qualificate come "gravi" dalla giurisprudenza, ma solo quando, per intensità e diffusività, sono tali da ridurre l'effettivo godimento dell'immobile; circostanza questa, non riscontrata nel caso di specie.

"Gravi difetti" o "difformità e vizi lievi": le differenze relative ai termini di denuncia e prescrizione

Dalla diversa tipologia di "difetto" derivano diversi termini di denuncia e di prescrizione dell'azione.

Invero, nel caso in cui l'immobile presenti difformità o vizi lievi, l'acquirente/committente dovrà denunciare all'appaltatore - venditore il vizio entro 60 giorni dalla scoperta dello stesso (la denuncia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciute le difformità o i vizi o se li ha occultati). L'azione si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera.

Diversi sono, invece, i termini di denuncia e prescrizione dell'azione per i gravi difetti previsti dall'art. 1669 c.c. In tal caso, la denuncia va fatta entro 1 anno dalla scoperta del difetto e l'azione si prescrive in 1 anno dalla denuncia.

A differenza della disciplina prevista per i vizi lievi, l'art. 1669 c.c., pone un ulteriore termine: "nel corso di dieci anni dal compimento" ossia non devono essere trascorsi più di dieci anni dalla consegna dell'opera.

Nel caso di specie, inquadrati i vizi oggetto di causa ai sensi dell'art. 1667 c.c., il Giudice ha ritenuto l'eccezione di decadenza e prescrizione della ditta edile convenuta, fondata con riferimento ad alcuni vizi mentre non fondata per altri.

In particolare:

  • Con riferimento ai vizi relativi ai distacchi o fissaggi mal eseguiti della copertura, alla non completa intonacatura del parapetto e al mancato completamento della lattoneria dei camini: trattandosi di vizi di natura apparente e dunque riconoscibili ad occhio nudo, è stato ritenuto non rispettato il termine di denuncia di 60 giorni dalla scoperta ed azione contro l'appaltatore entro i due anni dalla consegna dell'opera.
  • Con riferimento alla discromia dei colori delle facciate: l'eccezione di decadenza e prescrizione è stata ritenuta non fondata in considerazione della manifestazione di impegno dell'appaltatore a rimuovere i vizi; circostanza che determina un diverso termine prescrizionale.

In tale ultimo caso, infatti, il Tribunale di Milano, con la pronuncia in esame, ci ha ricordato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'impegno dell'appaltatore ad eliminare i vizi della cosa o dell'opera costituisce un'autonoma obbligazione di "facere" soggetta non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale (cfr. Cass. n. 26798/2019; Cass. n. 8026/2004).

Per tutti gli altri vizi occulti, il Tribunale ha ritenuto, in mancanza di prova contraria, che il Condominio avesse avuto un'apprezzabile conoscenza degli stessi alla data di acquisizione della relazione tecnica di parte; data di decorrenza del termine di sessanta giorni per la denuncia e di 2 anni di prescrizione.

Ebbene, il Condominio aveva tempestivamente denunciato tali vizi con raccomandata via Pec e successivamente notificato il ricorso per ATP che, va ricordato, essendo un giudizio conservativo, interrompe il termine di prescrizione fino alla conclusione del procedimento che coincide con il deposito della relazione del C.t.u.

Per completezza di analisi, un breve cenno va fatto alle domande svolte nei confronti del direttore dei lavori. Ebbene, nei riguardi della professionista, le domande non hanno trovato accoglimento atteso che la disciplina ex artt. 1667 e 1668 c.c. può trovare applicazione solo nel contratto d'appalto tra committente ed appaltatore e non può essere invocata dal primo nei confronti del direttore dei lavori.

Ciò a differenza dell'azione ex art. 1669 c.c. per gravi difetti dell'opera che, invece, può essere invocata nei confronti del direttore dei lavori. Tuttavia, nella specie, i difetti lamentati non rientravano nell'alveo dei gravi vizi di cui all'art. 1669 c.c. ed in ogni caso, non erano stati tempestivamente denunciati al direttore dei lavori entro un anno dalla scoperta.

Sentenza
Scarica Trib. Milano 14 dicembre 2022 n. 9807
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