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Parcheggio: servitù o diritto personale di godimento?

Il diritto di parcheggiare sul suolo altrui ha effetti obbligatori e non reali, a meno che la possibilità di sostare non sia concessa per la maggiore utilità del fondo.
Avv. Mariano Acquaviva 

Si è soliti dire che i diritti reali sono un numerus clausus, cioè un elenco tassativo previsto dalla legge a cui le parti non è consentito derogare creandone di nuovi. Questa tesi, piuttosto datata, sembra essere stata (parzialmente) superata dalla più recente giurisprudenza della Cassazione.

È proprio in questo contesto che si inserisce l'annosa problematica del parcheggio: si tratta di servitù oppure di diritto personale di godimento?

Tale argomento è stato affrontato dalla Corte d'Appello di Messina con la sentenza n. 420 del 23 giugno 2022 la quale, dovendo dirimere una controversia tra vicini, ha anche (incidentalmente) fornito risposta al quesito di cui sopra.

Diritto di parcheggiare: il caso

Il proprietario di una strada privata concedeva, per pura benevolenza, il diritto d'uso della stessa ad alcuni vicini. Sottoscriveva pertanto con gli stessi un regolamento di comunione d'uso con cui consentiva di parcheggiare un'autovettura per ogni unità immobiliare e, in ogni caso, nel limite massimo del fronte strada delle singole proprietà.

A essere cortesi, però, si rischia di non ottenere nulla e, anzi, di dover litigare fino ad adire le vie legali. È ciò che accadeva tra le parti: il proprietario riteneva che l'accordo non fosse stato rispettato e che i vicini avessero approfittato della concessione d'uso ben oltre i limiti dell'accordo, lasciando in sosta più vetture, proprie o di parenti e amici.

L'attore agiva quindi in giudizio chiedendo che venisse dichiarata la proprietà esclusiva della strada, libera da servitù e da diritti personali di parcheggio, e che fosse ordinato ai convenuti la rimozione delle vetture parcheggiate oltre i limiti previsti.

Si costituivano i convenuti chiedendo l'inammissibilità della domanda di accertamento sulla proprietà, in quanto nessuna contestazione era mai sorta in ordine al diritto di proprietà dell'attore, mentre in ordine al parcheggio delle auto assumevano che il regolamento citato da controparte non ponesse alcun limite al numero dei veicoli che potevano essere parcheggiati.

Parcheggio nella proprietà altrui: la sentenza di primo grado

Il giudice di primo grado accoglieva le ragioni dei convenuti, non ravvisando alcuna sosta abusiva. In merito al diritto di parcheggio concesso ai vicini, qualificava lo stesso come diritto personale di godimento, esprimendosi con le testuali parole: «Il diritto di parcheggiare le auto sulla strada in questione nel caso di specie in ragione delle pattuizioni intercorse tra le parti si configura come un'utilitas di carattere personale, inidonea a sostanziare il contenuto di una servitù, mancando l'essenziale requisito della realità, intesa come inerenza dell'utilitas al fondo dominante».

Parcheggio nella proprietà altrui: la sentenza di secondo grado

La vicenda giungeva davanti alla Corte d'Appello di Messina (sentenza n. 420 del 23 giugno 2022, in commento) che, pur riformando la pronuncia di primo grado sulla scorta della diversa interpretazione del regolamento sottoscritto dalle parti, confermava come il diritto di lasciare in sosta le auto sulla strada di proprietà altrui dovesse essere qualificato come mero diritto personale di godimento e non come servitù prediale.

Diritto di parcheggio: il precedente orientamento della Cassazione

La decisione in commento offre l'abbrivo per rispondere al quesito che dà il titolo al presente contributo: il diritto di parcheggiare nella proprietà altrui è una servitù oppure un mero diritto personale di godimento?

In passato, la giurisprudenza di legittimità non ha avuto dubbi: prendendo le mosse dal principio della tipicità dei diritti reali, è stato costantemente affermato che «Il parcheggio di autovetture costituisce manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, del quale difetta la "realitas", intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità, così come al fondo servente del peso, mentre la mera "commoditas" di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedano al fondo non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari» (Cassazione civile, sez. II, 07/03/2013, n. 5769).

Ma c'è di più: la Cassazione, in alcune sue pronunce, si è spinta fino a dichiarare la nullità del contratto con cui si conferiva il diritto di parcheggiare sul suolo altrui. Così nel 2014: «Il contratto con cui si costituisce una servitù prediale di parcheggio o si riconosce una servitù di parcheggio già esistente è nullo per impossibilità dell'oggetto» (Cassazione civile, sez. II, 06/11/2014, n. 23708).

Servitù di parcheggio: il nuovo orientamento della Cassazione

Le cose sono col tempo mutate: «In tema di servitù, lo schema previsto dall'art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un'autovettura su fondo altrui, a condizione che, in base all'esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione» (Cassazione civile, sez. II, 06/07/2017, n. 16698).

Le servitù di parcheggio in condominio: problemi di configurazione

È questo, ad oggi, l'orientamento maggioritario in giurisprudenza.

Parcheggio: servitù o diritto personale di godimento?

La giurisprudenza maggioritaria oggi ammette la possibilità di costituire una servitù di parcheggio, purché sia rispettato il requisito dell'inerenza al fondo dominante. Ciò significa che l'utilità non deve essere meramente personale ma dev'essere un'utilità diretta a far conseguire un vantaggio in termini di migliore utilizzazione del fondo vicino.

Pertanto:

  • se si costituisce per contratto un diritto di parcheggio a favore dei vicini per soddisfare le specifiche esigenze di questi ultimi (si pensi, ad esempio, alla persona portatrice di handicap che avrebbe difficoltà a parcheggiare lontano), allora si avrà un diritto personale di godimento non trasmissibile agli aventi causa e opponibile solo a chi ha concesso il diritto;
  • se, al contrario, si costituisce un diritto di parcheggio a favore del fondo dominante (ad esempio, dell'immobile o del terreno confinante) a vantaggio dell'immobile stesso per dargli maggiore utilità, allora si tratterà di servitù.

Così la Cassazione: «La servitù può essere costituita anche per garantire, in favore del fondo dominante, il parcheggio sul fondo servente, ciò a condizione che ricorrano tutti i requisiti di struttura del diritto reale minore, in particolare l'altruità della cosa, l'immediatezza, l'inerenza al fondo servente e al fondo dominante, la specificità dell'utilità riservata» (Cassazione civile, sez. II, 06/07/2017, n. 16698).

In sintesi: Il diritto di parcheggiare un'autovettura in un dato posto auto è definibile come "servitù" se la situazione concreta sia configurabile come utilità oggettiva per il fondo dominante (e cioè per l'edificio al cui servizio è destinato il posto auto) e non come utilità personale del soggetto che ha interesse a parcheggiare.

Sentenza
Scarica App. Messina 23 giugno 2022 n. 420
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