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Esiste la servitù di parcheggio in condominio?

Troppo spesso in condominio si confonde la tolleranza o un altro diritto con una servitù
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Il fatto. Tizio acquista un immobile all'asta. Entrato in possesso del bene si accorge che parte di esso è utilizzato dai condòmini come parcheggio delle proprie autovetture, a rotazione.

Ritenuto illegittimo l'uso, contesta ai nuovi vicini il diritto di poter parcheggiare l'autovettura all'interno dell'area ricadente nella sua proprietà (si tratterebbe di due posti auto).

Questi ultimi, tuttavia, gli contrapponevano un "diritto di servitù al parcheggio" delle proprie autovetture, cristallizzato nei rogiti notarili di cui all'atto di acquisto delle rispettive proprietà.

Tizio, pertanto, decide di impugnare le clausole riportate nei predetti contratti e di farle dichiarare invalide, in altre parole non opponibili nei confronti della relativa "proprietà".

La causa - in sè molto articolata di aspetti processuali - si snoda intorno all'istituto della "servitù" e al riflesso, sul piano condominiale, delle modalità di esercizio laddove riconducibile alla fattispecie "parcheggio autovetture".

La Sentenza nr 774 del 15 marzo 2018 del Tribunale di Genova ne dispone in modo compiuto ed esauriente la risoluzione. Il pregio delle argomentazioni esposte merita rilievo, siccome chiarisce - pure evocando un recente arresto della Suprema Corte di Cassazione del 6 luglio 2017, n. 16698 -, se si possa o meno configurare all'interno di un'area comune sita nel condominio degli edifici una "servitù di parcheggio".

1) Intanto, la prima domanda che si pone il decidente è quella se sia astrattamente possibile configurabile un diritto di servitù di parcheggio, in ambito condominiale? La risposta data al quesito è solo "apparentemente" negativa.

Per l'orientamento largamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità nel nostro ordinamento non trova cittadinanza l'istituto della servitù di parcheggio (ex multis Cass. 06 novembre 2014, n. 23708; Cass. 13 settembre 2012, n. 15334; Cass. 7 marzo 2013, n. 5769; Cass. 22 settembre 2009, n. 20409; Cass. 21 gennaio 2009, n. 1551; Cass. 28 aprile 2004, n. 8137; Cass. 22 ottobre 1997, n. 10370).

Ciò in considerazione del fatto che il parcheggio difetta del requisito tipico che contraddistingue il diritto di servitù, ovverosia la realitas, cioè l'inerenza dell'utilità, per la quale si costituisce il peso sul fondo servente, rispetto al fondo dominante.

Nel caso della (impropriamente detta) "servitù di parcheggio", infatti, la comodità insita nella facoltà di parcheggiare l'auto va ad esclusivo vantaggio, non già del fondo preteso dominante, quanto piuttosto del proprietario del medesimo.

Nel nostro ordinamento tradizionalmente si ritiene che non possano costituirsi servitù meramente personali, anche dette irregolari, le quali non sono riconducibili, per le anzidette ragioni, allo schema di alcun diritto reale.

Siffatti accordi negoziali hanno, invero, effetti meramente obbligatori tra le parti contraenti, potendo essere di volta in volta ricondotti nell'ambito del diritto d'uso, della locazione, dell'affitto o del comodato.

Quale che sia la fattispecie in concreto realizzata, il diritto così costituito ha natura personale, dunque si caratterizza per il fatto di non poter essere opposto a terzi, ivi compresi gli eventuali aventi causa dei proprietari dei fondi interessati.

Resta salva ovviamente la possibilità per questi ultimi di stipulare un apposito accordo in tal senso.

Breve focus sulla servitù di passaggio

2) La Suprema Corte di Cassazione ha ammesso, in date condizioni, la sussistenza della "servitù di parcheggio". In realtà, si riscontra la presenza di una Sentenza - al momento isolata - che ha configuratola cosiddetta "Servitù di parcheggio".

La Suprema Corte di Cassazione, con il provvedimento del 6 luglio 2017, n. 16698, ha affermato l'esistenza di un limite alla possibilità di costituire servitù volontarie, consistente nella loro tipicità strutturale.

Ed invero, i contraenti sono liberi di configurare variamente il contenuto del diritto, in attuazione della loro autonomia negoziale. Per cui può legittimamente configurarsi un diritto di servitù in presenza dei seguenti requisiti strutturali:

  • l'altruità della cosa;
  • l'assolutezza, l'immediatezza;
  • l'inerenza al fondo servente;
  • l'inerenza al fondo dominante;
  • la specificità dell'utilità;
  • la localizzazione.

Ciò posto, quanto al requisito dell'utilità per il fondo dominante, questo viene propriamente individuato nella circostanza che il peso imposto al fondo servente realizzi il "godimento della proprietà del fondo dominante, secondo la sua destinazione".

Qualora ricorrano tali requisiti, non sarebbe, quindi, preclusa la configurabilità di una servitù avente ad oggetto il parcheggio, sempre che sia possibile accertare in concreto "l'esistenza di un legame strumentale ed oggettivo, diretto ed immediato, tra il peso imposto al fondo servente ed il godimento del fondo dominante, nella sua concreta destinazione e conformazione, al fine di incrementarne l'utilizzazione, sì che l'incremento di utilizzazione deve poter essere conseguito da chiunque sia proprietario del fondo dominante e non essere legato ad una attività personale del soggetto".

In tale prospettiva, il carattere della realità non può essere escluso per il parcheggio dell'auto sul fondo altrui quando tale facoltà sia costruita come vantaggio a favore del fondo, per la sua migliore utilizzazione.

Tale è il caso del fondo a destinazione abitativa, il cui utilizzo è innegabilmente incrementato dalla possibilità, per chi sia proprietario, di parcheggiare l'auto nelle vicinanze dell'abitazione.

Accertare l'acquisto per usucapione della servitù di passaggio pedonale

3) Per la servitù di parcheggio è necessaria la "realità" Al contrario "si versa nell'ipotesi del semplice obbligo personale quando il diritto attribuito sia stato previsto esclusivamente per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo e senza alcuna funzione di utilità fondiaria".

La Suprema Corte di Cassazione- in seno alla sentenza in disamina - ha precisato, ulteriormente, che la sussistenza dei suddetti requisiti strutturali "non è peraltro ancora sufficiente a individuare la servitù di parcheggio distinguendola dal diritto personale di godimento, poiché occorre guardare anche al fondo servente, il cui utilizzo non può mai risultare del tutto inibito. Posto, infatti, che la servitù consiste nella conformazione del diritto di proprietà in modo divergente dallo statuto legale, essa non è compatibile con lo svuotamento delle facoltà del proprietario del fondo servente, al quale deve residuare la possibilità di utilizzare il fondo, pur con le restrizioni e limitazioni che discendono dal vantaggio concesso al fondo dominante. Detto in altre parole, l'asservimento del fondo servente deve essere tale da non esaurire ogni risorsa ovvero ogni utilità che il fondo servente può dare e il proprietario deve poter continuare a fare ogni e qualsiasi uso del fondo che non confligga con l'utilitas concessa. Diversamente si è fuori dallo schema tipico della servitù.".

Ne discende che anche a volersi ammettere l'astratta configurabilità della servitù di parcheggio, per ritenere il diritto esistente nel caso concreto risulta essenziale la dimostrazione dell'esistenza di un forte legame strumentale tra i fondi, il quale si deve risolvere nella oggettiva e concreta destinazione del fondo gravato ad incrementare l'utilizzazione del fondo dominante.

4) Contestualizzazione dei principi alla situazione di fatto Orbene, fatta incetta dei superiori principi, il giudice ligure, a tal punto, esamina il caso trattato per verificarne la relativa applicazione.

Nel caso di specie, si tratta i fondi che si pretendono gravati dalla servitù di parcheggio sono due posti auto a fronte di ben ventiquattro fondi (immobili abitativi) dominanti; dall'atto istitutivo della servitù.

Agli atti della causa risultava, altresì, che ai proprietari degli immobili spettava il diritto di posteggiare "in base ad un sorteggio che verrà fatto di anno in anno tra gli aventi diritto" secondo le modalità indicate nel regolamento condominiale e che l'attribuzione del diritto di posteggiare anche all'allora comproprietario dei posti auto con le medesime modalità di turnazione ed esonero dalle spese per l'utilizzo.

5) Diritto personale di carattere obbligatorio e non diritto reale. Ciò posto, secondo il predetto decidente tale situazione risultava incompatibile con il richiesto requisito di stretta strumentalità, per legittimare la sussistenza della cosiddetta "servitù di parcheggio". Ed invero.

Il diritto di posteggiare poteva essere esercitato solo da alcuni dei proprietari degli immobili costituenti fondi dominanti ed in base ad un sorteggio annuale dall'esito del tutto aleatorio. L'utilità di posteggiare l'auto non era, dunque, suscettibile di incrementare l'utilizzazione contestuale di tutti i fondi che si assumevano dominanti. Sussisteva, dunque, un diritto personale di carattere obbligatorio e non un diritto reale di servitù.

6) Carenza del requisito della residua utilizzazione del fondo servente. Sempre secondo il citato decidente, difettava, altresì, un ulteriore requisito prescritto dalla Corte di Cassazione nella menzionata pronuncia, ossia quello della residuautilizzabilità del fondo servente da parte del proprietario dello stesso.

Ove si fosse, effettivamente, configurato il diritto di servitù di parcheggio sui fondi acquistati da Tizio, il relativo diritto di proprietà sarebbe stato irrimediabilmente svuotato di contenuto (affievolito), essendogliene invero inibito qualsiasi utilizzo.

Il predetto proprietario, infatti, non sarebbe stato in grado né utilizzare personalmente i parcheggi né concederli in locazione a terzi, salvo escludere totalmente i convenuti dalla facoltà di utilizzarla loro volta.

Tanto risultava - agli atti del processo - dalle stesse affermazioni dei convenuti, i quali, per contrapporsi alla pretesa di Tizio, allegavano che quest'ultimo, in realtà, non fosse mai entrato in possesso dei fondi, proprio in quanto oggetto di utilizzazione da parte degli odierni convenuti, in virtù del preteso diritto di servitù.

Sulla scorta di tali presupposti, il tribunale ligure ha rinvenuto, nella fattispecie, a fondamento della relativa decisione, anche la carenza della realitas. L'impossibilità per il proprietario del fondo servente di avvalersi del proprio fondo per un qualsiasi utilizzo del bene, esclude in sé che lo stesso possa essere assoggettato ad un diritto di servitù in favore di terzi.

Conclusione. Alla luce di tutto quanto precede, è stata così accertata e dichiarata la nullità e quindi l'inopponibilità nei confronti di Tizio della clausola intitolata "costituzione servitù'" contenuta negli atti notarili di che trattasi (esplicando tale accordo effetti solo inter partes).

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