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Il riconoscimento servitù di passaggio è affare dei singoli condomini

Servitù e poteri dell'amministratore di condominio: esistenza e limiti.
Avv. Alessandro Gallucci 

In tema di condominio negli edifici e di azioni concernenti il riconoscimento dell'esistenza di una servitù di passaggio (così detta actio confessoria servitutis), l'amministratore è sprovvisto di qualunque potere processuale ed extra-processuale.

Se i condomini ritengono di dover agire per far riconoscere l'esistenza di questo diritto reale su cosa altrui devono farlo personalmente o conferendo procura speciale all'amministratore; solo in questo caso il mandatario della compagine può promuovere un simile giudizio.

Questa, così sintetizzata, è la posizione, condivisibile, per le ragioni che verranno esplicitate qui di seguito, espressa dalla giurisprudenza di legittimità.

Scorrendo tra le varie pronunce in materia, scorgiamo, ad esempio, la n. 12678/2014 della Suprema Corte di Cassazione, depositata in cancelleria il 5 giugno di quell'anno.

Al di là della conformità al consolidato orientamento maggioritario testé citato, il caso risolto dagli ermellini in quell'occasione merita attenzione in quanto consente di riconsiderare alcuni aspetti dei poteri dell'amministratore con riferimento alle azioni di natura reale.

Azioni che riguardando il diritto di proprietà (anche sulle parti comuni) e non la gestione del condominio è, come si diceva, sono nella titolarità piena ed esclusiva dei condòmini.

Servitù

(Differenza tra servitù volontarie e servitù coattive, => Differenza tra servitù volontarie e servitù coattive)

La servitù, dice l'art. 1027 c.c., consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario.

Da questa scarna definizione è possibile trarre gli elementi fondanti della servitù:

a) si tratta di un diritto reale su cosa altrui (altrimenti detto ius in re aliena o diritto reale minore);

b) l'utilità deve riguardare il fondo e non il mero vantaggio personale del proprietario.

Per spiegare meglio quest'ultimo aspetto si faccia proprio riferimento alla servitù di passaggio: essa consiste nella possibilità (e tal volta nella necessità, si pensi al passaggio coattivo) di transitare su un fondo altrui per accedere, alle volte solamente in modo più comodo, al proprio predio.

In questi casi l'utilità sta appunto nel fatto di poter godere o di poter meglio godere di un proprio bene; insomma per il caso del passaggio l'utilità è strettamente legata al fondo. (Basta un atto pubblico di rinuncia per privarsi della servitù di passaggio).

Non sempre è facile comprendere se tale utilitas sia prediale ovvero più specificamente riferibile alla persona del proprietario.

Esempio di questa situazione d'incertezza è rappresentata dalla servitù di parcheggio sul fondo del vicino; per lungo tempo, quando è stata chiamata a pronunciarsi su questo argomento la Corte di Cassazione ha avuto modo di specificare che «il parcheggio dell'auto non rientra nello schema di alcun diritto di servitù, difettando la caratteristica tipica di detto diritto, ovverosia la "realità" (inerenza al fondo dominante dell'utilità così come al fondo servente del peso), in quanto la comodità di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedono al fondo non può valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso, trattandosi di un vantaggio del tutto personale dei proprietari (Cass. n. 1551 del 2009)» (così Cass. 23 settembre 2009 n. 20409).

In maniera meno netta la stessa Suprema Corte ha specificato che «il diritto di parcheggio può essere configurato secondo lo schema dell'art. 1027 cod. civ. ossia come una servitù, perché qualunque utilità che non sia di carattere puramente soggettivo e che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante può assumere carattere di realità» (Cass. 18 marzo 2019 n. 7561, in Rivista del Notariato 2019, 3, II, 548)

Insomma parcheggiare più vicino al proprio fondo, almeno stando al più recente orientamento, può essere considerato un diritto costituente servitù: tale valutazione va fatta caso per caso, alla luce del contenuto del titolo costitutivo del suddetto diritto.

Servitù condominiali

La servitù, quale diritto su cosa altrui, può riguardare anche il condominio, tanto dal lato attivo, quanto da quello passivo: in buona sostanza il condominio può essere fondo servente, oppure fondo dominante.

In tale contesto, ciò che conta - questo è il cuore della sentenza n. 12678 del 5 giugno 2014 - è che le eventuali azioni di riconoscimento della servitù a favore del condominio siano iniziate dai singoli condomini e non dall'amministratore; questi, ricorda la Cassazione, ha poteri - sostanziali e processuali - limitati alla gestione delle cose comuni, nel rispetto dell'art. 1130 c.c.; «ove si tratti invece di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condomini, tale legittimazione può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, ad eccezione dell'equivalente ipotesi di una unanime, positiva deliberazione di tutti i condomini (cfr. Cass. 3 marzo 1984 n. 4623; Cass. 29 febbraio 1988 n. 2129; Cass. 11 marzo 1988 n. 2401; Cass. 3 aprile 2003 n. 5147)» (Cass. 5 giugno 2014 n. 12678).

L'amministratore, quindi, a fronte dell'insistenza di alcuni condòmini nell'agire in giudizio per ottenere il riconoscimento di una servitù di passaggio non può far altro se non invitarli ad agire personalmente o, se utile, munirsi di procura speciale per intraprendere il giudizio per loro nome e conto.

Si badi: ove l'azione da porre in essere sia un'azione a difesa di una servitù posta a vantaggio di tutti i condòmini in relazione all'uso delle cose comuni, ossia una mera azione a difesa (atto conservativo) di un diritto dei condòmini inerente alle cose comuni, allora ad avviso dello scrivente non può dirsi esclusa la legittimazione attiva autonoma dell'amministratore (Cass. 30 giugno 2014 n. 14797); si pensi al condominio che esercita l'unico proprio accesso alla strada pubblica dal fondo di un vicino che, all'improvviso, si vede precluso o gravemente penalizzato il passaggio.

Sentenza
Scarica Cass. 5 giugno 2014 n. 12678
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