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Breve focus sulla servitù di passaggio

Servitù di passaggio. Facciamo chiarezza.
Avv. Alessandro Gallucci 

Si sente spesso parlare di servitù: tra costruzioni vicine, in ambito condominiale, tra terreni in campagna.

La servitù è definita dall'art. 1027 del codice civile come quel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un fondo appartenente ad altra persona.

Questa definizione è chiarita e sviluppata dagli articoli seguenti e comunque è stata poi meglio precisata anche dall'opera giurisprudenziale.

Elementi fondamentali per la possibilità di costituire una servitù sono:

a) l'appartenenza dei due fondi interessati a distinti proprietari;

b) il carattere fondiario e non personale dell'utilità.

Il requisito dell'altruità è soddisfatto anche se il proprietario di uno dei due fondi è comproprietario dell'altro.

L'utilità (o utilitas) deve riguardare il godimento del bene immobile e quindi, ad esempio, è stata rigettata la natura reale della così detta servitù di parcheggio che non riguarda la possibilità di utilizzare una proprietà in modo più comodo, ma solo una maggiore comodità personale del suo proprietario.

Il fondo che usufruisce della servitù viene chiamato fondo dominante, quello che la subisce fondo servente.

Da non perdere: Breve panoramica sulle servitù di passaggio

Come dice la dottrina la servitù è un diritto reale tipico dal contenuto atipico, in quanto soddisfatti i requisiti appena individuati non esistono altri limiti di sorta alla configurabilità di una servitù prediale.

Le servitù possono essere costituite:

a) per contratto (e per testamento), detta volontaria;

b) per ordine del giudice, detta coattiva;

c) per usucapione;

c) per destinazione del padre di famiglia.

In questi ultimi due casi (artt. 1061 e ss. c.c.) è fondamentale che si tratti di servitù apparente, ossia che siano presenti opere o comunque elementi visibili che ne dimostrino l'esercizio.

Servitù di passaggio

La servitù di passaggio è quel peso imposto sopra un fondo che si sostanza nel diritto del proprietario di altro fondo (solitamente ma non obbligatoriamente confinante) di passarvi sopra per meglio utilizzare (o semplicemente per utilizzare la sua proprietà).

La servitù di passaggio può essere acquistata in tutti e quattro i modi sopra individuati.

Nulla da dire sulla servitù volontaria: le parti concordano la costituzione della servitù l'eventuale costo della medesima e formalizzano l'accordo nei modo di legge (atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 1350 c.c.) da trascriversi (art. 2643 c.c.)).

Della servitù coattiva di passaggio si occupano gli artt. 1051 del codice civile.

Il primo comma di quello appena citato recita: “il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo”. Si tratta del così detto fondo intercluso.

In buona sostanza il giudice (il Tribunale) può imporre con sentenza la servitù per consentire l'accesso al fondo che altrimenti sarebbe inaccessibile. Forse questa rappresentazione visiva del concetto di utilità rende ancor più chiaramente che cosa s'intende dire affermando che essa deve riguardare principalmente il fondo e non la persona del suo proprietario.

A determinate circostanze e per ragioni legate alla produzione, la servitù coattiva può essere concessa anche se il fondo non è intercluso (art. 1052 c.c.).

Il provvedimento giudiziale che sancisce la costituzione della servitù, contiene altresì le indicazioni in merito all'esercizio della medesima, nonché le disposizioni in merito alle indennità dovute al titolare del fondo servente. È dubbio, con propensione per la conclusione in senso positivo, se la servitù di passaggio coattivo possa essere costituita anche per contratto.

La servitù di passaggio, inoltre, può essere costituita per usucapione e per destinazione del padre di famiglia purché esistano opere visibili chiaramente destinate al suo esercizio. Importanza fondamentale, in tal senso, riveste la visibilità del percorso sul quale si esercita il passaggio, che individua chiaramente l'esistenza della pratica.

In ogni caso, ossia qualunque sia il modo di costituzione della servitù, è doveroso tenere a mente l'art. 1065 c.c. che nel disciplinare l'esercizio della servitù chiarisce che la stessa debba essere esercitata norma del titolo o del possesso.

Lo stesso articolo specifica che qualora sorgessero dubbi “circa l'estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente”. Come dire: facciamo in modo di non gravare oltre modo chi la servitù la subisce.

Formalità legate alle servitù di passaggio

Si accennava in precedenza parlando delle servitù di passaggio volontarie che la loro costituzione è legata ad una serie di formalità.

La prima che ha anche natura sostanziale riguarda la forma del contratto con cui la si costituisce che dev'essere per forza un atto pubblico o una scrittura privata autenticata (art. 2643 c.c.). Tale requisito, per ovvie ragioni, riguarda solamente la servitù volontaria.

In ogni caso, poi, per essere opponibile a terzi, la costituzione della servitù dev'essere trascritta (art. 2643 c.c.). La mancata trascrizione non inficia l'esistenza della servitù, ma l'impossibilità di opporla ai terzi che, in buona fede, ne ignorino l'esistenza.

Ad esempio, la servitù di passaggio non trascritta non può essere fatta valere contro chi ha acquistato il fondo servente senza essere messo a conoscenza della sua esistenza.

Ciò vale anche per le servitù coattive costituite per ordine del giudice, nonché quelle sorte per usucapione e destinazione del padre di famiglia, la cui esistenza sia accertata per via giudiziale. La legge è chiara: anche le sentenze che accertano o costituiscono una servitù devono essere trascritte.

Come per la costituzione, anche la rinuncia e l'estinzione (es. per sopravvenuta cessazione della causa d'interclusione) devono essere trascritte presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari, così da liberare, anche formalmente, di un peso il fondo soggetto al passaggio.

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