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Parcheggio sulla proprietà del vicino, quando si può parlare di usucapione della proprietà e quando di servitù?

Cosa succede quando un vicino parcheggia nella proprietà altrui?
Avv. Alessandro Gallucci 

Il parcheggio di un'autovettura può costituire una servitù?

La domanda, secca, richiede una risposta articolata: fino a qualche anno fa, ne daremo conto citando la giurisprudenza sul punto, la Cassazione escludeva categoricamente che il parcheggio potesse configurare un diritto reale di servitù. . 'utilitas che è caratteristica tipica della servitù nel caso del parcheggio non è prediale, si diceva, ma riguardava direttamente la persona che utilizzava lo spazio per la sosta.

Poi il cambio di orientamento: il parcheggio può configurare una servitù, ciò va stabilito caso per caso.

Entriamo nel merito della questione per cogliere il cambio di orientamento della Cassazione.

Usucapione della proprietà e non della servitù del parcheggio, perché? Il vecchio orientamento

Tizio usa un pezzo della proprietà di Caio, suo vicino, come zona di parcheggio per la propria autovettura.

Dopo un bel po' di tempo il proprietario del suolo si annoia di questa situazione ed intima a Tizio di smetterla di comportarsi in quel modo; quest'ultimo di tutta risposta gli dice che ormai è troppo tardi perché l'uso s'è protratto per così tanto tempo che lui ha acquisito una servitù di parcheggio.

Tizio "sbaglia diritto": per tutelare il proprio diritto a parcheggiare, egli dovrebbe reclamare l'acquisto per usucapione della proprietà di quell'area.

Sempronio usa una parte della proprietà di Mevio per parcheggiare la propria autovettura; quest'ultimo si lamenta della condotta del suo vicino, ma Sempronio gli dice che egli si comporta in quel modo perché per contratto era prevista una servitù di parcheggio a suo favore.

Pure in questo caso, come nel primo, il diritto di cui parla Sempronio è "carta straccia".

Per anni era certo e notorio che il parcheggio non rientra tra quelle situazioni giuridiche annoverabili tra i diritti di servitù. Ad esempio di questo approdo citiamo la sentenza n. 23708 resa dalla Suprema Corte di Cassazione il 6 novembre 2014.

Servitù di parcheggio, l'orientamento più antico

Motivo?

Si legge nella sentenza che "il parcheggio di autovetture costituisce manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, del quale difetta la realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità, così come al fondo servente del peso (sent. 7 marzo 2013 n. 5760), mentre la mera commoditas di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedano al fondo (anche numericamente limitate) non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari (sent. 28 aprile 2004 n. 8137)" (Cass. 6 novembre 2014 n. 23708).

Realitas e mera commoditas, sono questi i due concetti cardine che consentono di escludere che il parcheggio possa configurare una servitù.

Con il primo termine s'intende dire che il diritto oggetto della servitù e quindi l'utilitas deve essere inerente al fondo dominante così come il peso deve riguardare il fondo servente.

Nel caso del parcheggio, invece, l'utilità non riguarda il fondo ma direttamente la persona proprietaria del medesimo. Nel caso del passaggio - per prendere l'esempio più ricorrente di servitù - l'utilità riguarda direttamente il fondo perché l'accesso da più parti o più semplicemente l'accesso (nel caso di servitù coattiva a favore di fondo intercluso) rendono il predio fruibile in modo migliore o comunque fruibile.

Commoditas, invece, è la mera comodità collegata ad una determinata fattispecie. Essa può riguardare sicuramente un diritto di servitù, ma non può bastare per connotare un comportamento come ricadente nell'alveo delle servitù prediali se manca il requisito della realitas.

Esiste la servitù di parcheggio in condominio?

È questo il caso del parcheggio: comodo per chi lo effettua ma senza utilità specifica per il fondo del proprietario dell'auto, motivo per il quale chi parcheggia lungamente sul fondo altrui non può reclamare l'acquisto per usucapione di un diritto di servitù. Se le parti concordano il diritto di parcheggiare, questo dovrà essere considerato un diritto avente natura obbligatoria.

Servitù di parcheggio, il cambio di orientamento

Da sempre la dottrina definisce la servitù come un diritto tipico (in quanto previsto dalla legge), ma dal contenuto atipico (la legge non indica tassativamente tutte le forme in cui può manifestarsi questa fattispecie).

Partendo da questo assunto, la Cassazione, tornando sui propri passi, o meglio aprendo uno spiraglio alla possibilità di configurare la servitù di parcheggio come diritto reale di godimento ha affermato che "la formulazione della norma non tipizza - in modo tassativo - le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù volontaria, ma si limita a stabilire le condizioni che valgono a distinguere queste ultime dai rapporti di natura strettamente personale, non derivando alcun ostacolo dal principio di tassatività dei diritti reali, il quale si connette alle connotazioni strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes ed è indipendente dal contenuto di quest'ultima.

Difatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, per l'esistenza di una servitù non rileva la natura del vantaggio previsto dal titolo ma il fatto che esso sia concepito come qualitas fundi in virtù del rapporto, istituito convenzionalmente, di strumentalità e di servizio tra gli immobili, in modo che l'incremento di utilizzazione che ne consegue deve poter essere fruito da chiunque sia proprietario del fondo dominante, non essendo imprescindibilmente legato ad una attività personale del singolo beneficiario (Cass. 505/ 1974; Cass. n. 2413/1982; Cass. n. 9232/1991).

Entro tali limiti, qualunque utilità che non sia di carattere puramente soggettivo e che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante, in relazione alle caratteristiche e alla destinazione del diritto, può assumere carattere di realità (Cass. n. 16698/2017; Cass. 10370/ 1997; Cass. n. 832/1993; Cass. n. 9232/1991).

È dunque una mera questio facti stabilire, in base all'esame del titolo, se le parti abbiano inteso costituire una servitù o un diritto meramente obbligatorio, non sussistendo alcun ostacolo di carattere concettuale ad ammettere che il diritto parcheggio sia strutturato secondo lo schema dell'art. 1027 c.c." (Cass. 18 marzo 2019 n. 7561).

Dal dire che il parcheggio non rappresenta mai una servitù a specificare che può esserlo a date condizioni, c'è un bel cambiamento.

Parcheggio in condominio e delibera di regolamentazione.

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