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Per l'usucapione di una parte comune dell'edificio non è sufficiente un uso più intenso da parte del condomino

Acquisto per usucapione del vano condominiale da parte del singolo condomino.
Avv. Alessandro Gallucci 

Mevio abita un’unità immobiliare nel condominio Alfa. Al piano interrato v’è un vano che, in ragione del regolamento condominiale e degli atti d’acquisto, dev’essere considerato di proprietà comune.

Mevio inizia ad usarlo in modo più intenso degli altri, nel silenzio dei propri vicini, e per lungo tempo.

Questo genere di comportamento può dar vita a lungo andare ad un acquisto per usucapione del vano condominiale da parte del singolo condomino?

Per dare risposta a questa domanda è bene approfondire il concetto di usucapione anche in relazione alla particolare disciplina del condominio negli edifici. “Parlando di usucapione gli operatori del diritto intendono far riferimento ad un modo di acquisto a titolo originario della proprietà e dei diritti reali di godimento (escluse le servitù non apparenti), in virtù di un possesso non vizioso e continuato per un determinato periodo di tempo, che varia a seconda della natura del bene posseduto (Katia Mascia, L'usucapione.

La casistica giurisprudenziale di acquisto della proprietà di beni mobili e immobili e di altri diritti reali attraverso il decorso del tempo, Halley Editrice, 2007).

E’ fondamentale che chi detiene lo faccia nella convinzione di esercitare un diritto di proprietà o altro diritto reale.

Si tratta del così detto animus possidendi, requisito fondamentale, assieme al possesso pacifico, per l’acquisto d’un diritto per usucapione. “ L'animus possidendi, necessario all'acquisto della proprietà per usucapione da parte di chi esercita il potere di fatto sulla cosa, non consiste nella convinzione di essere proprietario (o titolare di altro diritto reale sulla cosa), bensì nell'intenzione di comportarsi come tale, esercitando corrispondenti facoltà, mentre la buona fede non è requisito del possesso utile ai fini dell'usucapione.

Di conseguenza, la consapevolezza di possedere senza titolo, ed il compimento di attività negoziali o di altra natura, finalizzate a ottenere il trasferimento della proprietà del bene posseduto o la stabilità sul piano formale della situazione giuridica rispetto ad esso non esclude che il possesso sia utile ai fini dell'usucapione (Cass. 15 luglio 2002 n. 10230).

In questo contesto dev’essere inserito il secondo comma dell’art. 1102 c.c. a mente del quale: Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

In questo la risposta al quesito che ci siamo posti in principio è positiva pur nei seguenti limiti: “ il godimento di un bene comune da parte del singolo contitolare può integrare possesso idoneo all’acquisto per usucapione del bene medesimo solo quando presenti connotati di esclusività ed incompatibilità con il compossesso degli altri partecipanti e si traduca perciò in un’attività durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, e non anche, pertanto, per il mero fatto che si risolva in un’utilizzazione di detto bene più intensa o diversa da quella praticata dagli altri comunisti o condominia” (Cass.13 dicembre 2009 n. 24133 e in senso conforme Cass. 2 agosto 2012, n. 13893)

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