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Si può parcheggiare su un cortile con servitù di passaggio?

Il divieto di non aggravare la servitù, previsto dal codice civile, non esclude a priori la possibilità di parcheggiare dove si esercita una servitù di passaggio.
Avv. Alessandro Gallucci 

Ci scrive un nostro lettore in materia di parcheggio in cortile gravato da servitù di passaggio: "Buongiorno Spettabile redazione. Vi descrivo la mia problematica, sperando di avere risposta.

Nel condominio in cui vivo il nostro cortile è gravato da una servitù di passaggio in favore di una casa singola posta alle spalle dell'edificio, completamente autonoma a parte questo passaggio.

Da qualche tempo io e gli altri condòmini abbiamo preso a parcheggiare nel cortile, sia le auto che le moto (è un piccolo condominio, di 4 case).

Il parcheggio non intralcia il passaggio, c'è spazio a sufficienza, ma il nostro vicino dice che non possiamo, che la servitù di passaggio esclude automaticamente che li si possa parcheggiare, si tratti di macchina dei condòmini o di nostri ospiti. È vero?"

Il nostro lettore non ci fornisce dati specifici sul caso; quindi, ci pare necessario illustrare la questione in termini generali, fornendo al termine le ipotesi di soluzione.

Servitù, nozione e caratteristiche principali

Il diritto di servitù trova una definizione specifica nel codice civile, esattamente all'art. 1027 c.c. che recita:

"La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario".

Da questa nozione si traggono gli elementi fondamentali della servitù, cioè

  • l'appartenenza del fondo a due proprietari diversi (il c.d. principio nemini res sua servit);
  • la connessione dell'utilità con il fondo (utilitas).

Quanto alla proprietà, la Cassazione, in più occasioni, ha avuto modo di specificare che "il principio nemini res sua servit trova applicazione soltanto quando un unico soggetto sia titolare del fondo servente e di quello dominante e non anche quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell'altro, giacché in tal caso l'intersoggettività del rapporto è data dal concorso di altri titolari del bene comune" (Cass. 7 novembre 2016 n. 22872).

In relazione all'utilità la sua caratteristica fondamentale è la predialità. L'utilità deve riferirsi direttamente al fondo e non al proprietario.

In tal senso la giurisprudenza è costante nell'affermare che "per la valutazione della medesima non si deve far capo ad elementi soggettivi ed estrinseci relativi all'attività personale svolta dal proprietario del fondo dominante, ma bisogna avere riguardo unicamente al fondamento obbiettivo e reale dell'ultima stessa, sia dal lato attivo che da quello passivo: essa deve costituire, cioè, un vantaggio diretto del fondo dominante, come mezzo per la migliore utilizzazione di questo" (Cass. 22 ottobre 1997 n. 10370).

Classico esempio di servitù che ben sintetizza le due caratteristiche è la servitù di passaggio. Tizio per accedere al suo fondo passo su quello di Caio. L'altruità del fondo determina l'esercizio dello iura in re aliena.

L'utilitas è fondiaria in quanto è il predio che ha diretto beneficio dall'accesso tramite il passaggio sul fondo altrui. Per comprendere meglio: s'ipotizzi che Tizio ha accesso diretto alla sua proprietà da una strada comunale, ma il passaggio tramite il fondo di Caio agevola in termini di spazio e percorso l'accesso al suo fondo.

L'utilitas fondiaria è requisito che va valutato in concreto e non sempre è agevole comprendere se e quando ricorra, si veda al riguardo il contrasto esistente in materia di servitù di parcheggio.

Servitù e compressione dei diritti del titolare del fondo

La questione è affrontata dall'art. 1067 c.c. rubricato Divieto di aggravare o di diminuire l'esercizio della servitù, a mente del quale:

Il proprietario del fondo dominante non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente.

Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo.

Compiere alcuna cosa, cioè anche esercitare attività che contrastino con l'esercizio del diritto di servitù. Rammentiamo che la servitù è un diritto reale, per quanto minore, quindi come per ogni diritto del genere esso gode di un'ampia liberà di esercizio che non deve essere intralciata.

Parcheggio: servitù o diritto personale di godimento?

Chi lamenta la lesione del diritto di servitù può agire in giudizio con un'azione, detta possessoria, finalizzata a difendere l'esercizio del medesimo. Ove ad essere in contestazione sia proprio l'esistenza del diritto allora l'azione da esercitarsi è quella confessoria, volta cioè a far riconoscere giudizialmente la servitù medesima (si pensi ad una servitù di passaggio maturata per usucapione).

Servitù di passaggio e parcheggio nel luogo di esercizio, quando è lecito?

Gli elementi di carattere generale consentono di affrontare la questione posta nel titolo in maniera chiara, precisa ed esaustiva. La servitù di passaggio è una servitù tipica, prevista cioè dal codice civile.

Essa, infatti, se esercitata su fondo altrui ed a vantaggio del fondo dominante, possiede entrambe le caratteristiche (altruità del fondo ed utilità fondiaria) necessarie affinché si parli di servitù e non di semplice diritto di natura obbligatoria.

Può essere costituita volontariamente, coattivamente, ovvero per usucapione o destinazione del padre di famiglia.

In considerazione di ciò, in relazione all'esercizio del diritto di passaggio trova applicazione l'art. 1067 c.c. che sancisce il divieto di aggravare o di diminuire l'esercizio della servitù. Laddove il luogo di esercizio della servitù di passaggio, nel caso di specie un cortile, sia per dimensioni e caratteristiche intrinseche tali da consentire il contemporaneo esercizio del passaggio e il parcheggio da parte del titolare del fondo servente, nulla quaestio: sicuramente il parcheggio è consentito.

Diverso, invece, il caso di intralcio; in tale ipotesi si tratterebbe di una condotta lesiva del diritto di servitù e come tale censurabile, anche mediante azione giudiziaria. Si tratta di valutazioni da svolgersi caso per caso, in relazione allo stato dei luoghi.

Per le ipotesi di servitù di passaggio volontaria e quella coattiva è bene rammentare che il titolo costitutivo (contratto nel primo caso, sentenza nel secondo) può vietare a priori il parcheggio nel luogo di esercizio del diritto (nel caso di servitù coattiva solo per l'ipotesi di contrasto tra parcheggio ed esercizio del passaggio). Ergo: in queste situazioni non si tratta di valutare l'intralcio, o meno, ma semplicemente di rispettare una statuizione (contrattuale o giudiziale).

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