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La determinazione della servitù di passaggio coattivo

I criteri di individuazione del passaggio coattivo: maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica e minore aggravio del fondo asservito.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 8779 del 2020 pubblicata il 12 maggio 2020, è tornata sul tema della costituzione coattiva della servitù di passaggio a beneficio del fondo intercluso.

L'arrêter in commento si pone nel solco della giurisprudenza nomofilattica secondo cui la valutazione inerente all'interclusione del fondo (elemento fondamentale per aversi una servitù di passaggio coattiva) è rimessa al giudice di merito, non potendo gli ermellini sindacare sulla valutazione pregressa.

Alla stessa conclusione si è addivenuto per quanto riguarda la concreta determinazione del luogo di esercizio della servitù di passaggio coattivo e dell'individuazione quantum indennitario a favore del titolare del fondo servente.

Il caso sottoposto ai Supremi giudici

Alla Corte di Cassazione ricorrevano i proprietari del fondo sul quale i giudici di merito avevano riconosciuto la sussistenza di una servitù di passaggio coattivo. I predetti contestavano la decisione a loro sfavorevole nella parte in cui si erano ritenute sussistenti le condizioni per la configurazione dell'interclusione del fondo dell'antagonista, obliando che una parte di esso aveva invece mantenuto un collegamento con la pubblica via.

Per la precisione, si lamentava la presenza di due distinti percorsi che consentivano la possibilità di avere accesso alla strada pubblica; si riteneva, inoltre, che la corte territoriale non avesse effettuato la necessaria valutazione dei requisiti dell'interclusione del fondo e dell'individuazione concreta della servitù, in relazione ai criteri di brevità e di minor danno per il fondo servente.

Infine, veniva contestata anche la misura dell'indennità concessa ai titolari del fondo servente.

La decisione della Corte di Cassazione

Gli ermellini hanno rigettato il ricorso proposto dai titolari del fondo servente, reputando inammissibili tutte le censure, attese che esse riguardavano il merito della vicenda: il ricorso, palliando le doglianze con la formale deduzione di violazioni di legge, chiedeva sostanzialmente alla Corte di sostituirsi nelle valutazioni operate già dai giudici di merito.

Per la precisione, secondo la Suprema Corte la valutazione circa l'interclusione effettiva del fondo dominante e la valutazione dell'entità dell'indennità spettante ai proprietari del fondo servente è di esclusiva spettanza del giudice di merito e, perciò, insindacabile in sede di mera legittimità.

Ad ogni modo, la Corte di Cassazione precisa come la determinazione del luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo deve essere compiuta alla stregua dei criteri enunciati dal comma secondo dell'art. 1051 c.c., costituiti dalla maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica e dal minore aggravio del fondo asservito, da valutarsi con prudenza e in ragione del bilanciamento dei diritti vantati dalle parti, tenuto presente che la questione verte sul delicato tema della limitazione del diritto di proprietà.

Il relativo giudizio compete, in ogni caso, al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se congruamente e logicamente motivato (come verificatosi nel caso di specie).

La servitù di passaggio coattivo

L'ordinanza in commento offre l'occasione di ribadire quali siano le specificità della più nota delle servitù prediali: la servitù di passaggio.

In linea di massima, la servitù di passaggio è definibile come quella limitazione che grava su un fondo (definito "servente") per favorirne un altro immediatamente contiguo (cosiddetto fondo dominante).

Il passaggio coattivo si connota per la possibilità, concessa a colui il quale non può accedere alla pubblica via perché il proprio fondo è intercluso (cioè, circondato da altri), di poter ottenere il passaggio anche contro la volontà del proprietario vicino.

L'articolo 1051 del codice civile afferma che il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo.

Sempre secondo l'art. 1051 c.c., il passaggio si deve stabilire in quella parte per cui l'accesso alla via pubblica è più breve e riesce di minore danno al fondo sul quale è consentito.

Servitù coattiva di passaggio e comproprietà dei fondi serventi

Dunque, ai fini della determinazione della servitù di passaggio coattivo, occorre tener conto dei seguenti criteri:

  • il passaggio deve insistere sulla porzione di fondo che consente il raggiungimento più immediato alla strada pubblica;
  • il passaggio deve arrecare il minor danno possibile (inteso anche soltanto in termini di sottrazione di godimento) al proprietario del fondo su cui graverà.

Dunque, la legge, in vista della costituzione coattiva della servitù di passaggio, impone un criterio di proporzionalità, in ragione del quale al proprietario del fondo servente deve essere sottratto il minor godimento possibile del proprio bene, tenuto conto delle effettive esigenze del proprietario del fondo dominante.

Peraltro, la giurisprudenza (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 25352 del 12 dicembre 2016) ha avuto modo di specificare che il criterio della maggiore brevità può essere inteso in maniera estensiva, nel senso che esso non riguarda solamente la mera lunghezza del percorso, bensì la sua onerosità, con la conseguenza che può risultare meno oneroso un percorso più lungo, quando esso sia già in gran parte transitabile e richieda solo l'allargamento in brevi tratti per consentire il passaggio.

Quando la servitù di passaggio costituita con contratto è coattiva

Dunque, la giurisprudenza di legittimità pare dire che ciò che è davvero importante nell'individuazione del tratto di fondo da sottoporre a passaggio coattivo non è l'estensione del tratto stesso, bensì il costo (in termini di impegno, non solo economico) che esso comporta al fondo servente.

Non potendosi opporre a un passaggio coattivo, al titolare del fondo servente spetta un'indennità che, ai sensi dell'art. 1053 cod. civ., è proporzionata al danno cagionato dal passaggio.

Per danno deve intendersi tanto la diminuzione di valore del fondo servente, rappresentata dalla differenza tra il valore antecedente alla costituzione della servitù e quello successivo alla formazione del diritto altrui, quanto le effettive menomazioni che deve subire il fondo, ad esempio l'abbattimento di alberi, ecc.

L'interclusione del fondo dominante

La pronuncia della Corte di Cassazione in commento, oltre a ribadire quali siano i criteri di individuazione della servitù di passaggio coattivo (la maggiore brevità dell'accesso alla via pubblica e il minore aggravio del fondo servente) offre l'opportunità di ricordare quale sia il requisito fondamentale affinché un fondo possa beneficiare di un passaggio coattivo: l'interclusione.

Come ricordato, ha diritto alla servitù di passaggio coattivo solamente il fondo che non ha assolutamente uscita sulla via pubblica (cosiddetta interclusione assoluta) né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio (cosiddetta interclusione relativa): in quest'ultima evenienza, si pensi al proprietario che, per procurarsi un accesso alla strada, sarebbe costretto ad effettuare lavori costosi e per i quali occorrerebbero specifiche autorizzazioni amministrative.

È appena il caso di ricordare che il codice civile, all'art. 1152, concede eccezionalmente il passaggio coattivo anche al fondo non intercluso, quando però l'accesso alla via pubblica sia del tutto inadatto o insufficiente al passaggio dei veicoli, e l'accesso non sia altrimenti estendibile.

Insomma: non solo l'interclusione (assoluta o relativa) giustifica una servitù di passaggio coattivo, ma anche l'insufficienza dell'accesso alla via pubblica.

A seguito di sentenza della Consulta (Corte costituzionale, sentenza n. 167 del 1999), la richiesta di una servitù di passaggio coattivo nei casi di accesso alla pubblica via inadatto può essere chiesto anche in caso di inaccessibilità all'immobile da parte di persona portatrice di handicap o con ridotta capacità motoria, anche qualora tale status di disabilità non sia riconducibile al titolare del fondo medesimo (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 14477 del 6 giugno 2018).

Sentenza
Scarica Cass. 12 maggio 2020 n. 8779
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