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Servitù di acquedotto, applicazioni e limiti

Cos'è la servitù di acquedotto? Quando trova applicazione e quando no? Vediamo qui un breve quadro normativo e giurisprudenziale.
Avv. Valentina Papanice 

Servitù di acquedotto e rapporti di vicinato

Cos'è la servitù di acquedotto? Quando trova applicazione? Quando invece va esclusa? Si tratta certamente di un argomento di grande interesse con riferimento ai rapporti di vicinato, dato che in sostanza consiste nell'obbligo, per il proprietario, di consentire il passaggio di condutture di acqua nel proprio fondo.

In sostanza, si tratta del caso in cui un vicino ci chiede di far passare attraverso la nostra proprietà le tubazioni necessarie a trasportare l'acqua. Un bell'impiccio per noi; ma, entro certi limiti, non possiamo dire di no, anzi, dobbiamo pure essere collaborativi. Sempre che l'obbligo sussista, però: vedremo infatti, ad es., che le abitazioni ne sono esenti.

Si tratta di un obbligo di legge, la quale ne individua anche i limiti.

Naturalmente, anche in assenza di obbligo, le parti possono convenire, ad es. per mantenere i rapporti di vicinato, di procedere comunque; in tal caso, però, non si tratterà di servitù costituita coattivamente, ma per via volontaria.

Vediamo dunque qui cosa prevedono per grandi linee le norme e come sono state interpretate dalla giurisprudenza.

Servitù prediali obbligatorie

La servitù di acquedotto va inquadrata nell'ambito delle servitù prediali obbligatorie. Le servitù rientrano tra i diritti reali di godimento (o su cosa altrui), quei diritti, cioè, che sostanzialmente consentono al titolare di godere (parzialmente) del diritto di proprietà altrui; più correttamente, di esercitare facoltà contenute nel diritto di proprietà, con la compressione di quella medesima facoltà in capo al proprietario.

I diritti reali di godimento sono un numero chiuso: accanto alle servitù abbiamo l'usufrutto, l'uso, l'abitazione, l'enfiteusi, la superficie (v. artt. 952 e ss., c.c.).

Le servitù (v. art. 1027 e ss., c.c.) consistono nel peso imposto sopra un fondo (servente) per l'utilità di un altro fondo (dominante); i fondi devono appartenere a proprietari diversi.

Quanto alla costituzione (v. art. 1031 c.c.), le servitù possono essere coattive, cioè obbligatorie, oppure volontarie; possono anche costituirsi per usucapione e per destinazione del padre di famiglia (cioè, quando risulta che due fondi un tempo appartenuti allo stesso proprietario, sono stati posti o lasciati nella situazione dal quale risulta la servitù v. art. 1062 c.c.); in tali ultimi due casi deve però trattarsi di servitù apparenti, cioè di servitù per il cui esercizio sono destinate opere visibili e permanenti (v. art. 1061 c.c.).

La servitù di acquedotto è una servitù coattiva ed è disciplinata in particolare dagli artt. 1033 e ss., c.c.

Servitù di acquedotto

La servitù di acquedotto riguarda il passaggio di acqua.

Prevede in proposito l'art. 1033, co. 1, c.c. che "Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo temporaneamente, il diritto di utilizzarle per i bisogni della vita o per usi agrari o industriali."

Servitù di acquedotto, i limiti

Ai sensi dell'art. 1033, co. 2, c.c. sono poi esenti dalla servitù in parola "le case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti", a meno che, come ha varie volte affermato la giurisprudenza, non si tratti dell'unica soluzione possibile; è stato ad es. detto che l'esclusione non opera in "situazioni di interclusione assoluta non altrimenti eliminabile" (v. ad es. Cass. nn. 5223/1998 e 8426/1995).

A proposito delle condizioni per la costituzione della servitù, l'art. 1037 c.c. prevede che: "Chi vuol far passare le acque sul fondo altrui deve dimostrare che può disporre dell'acqua durante il tempo per cui chiede il passaggio; che la medesima è sufficiente per l'uso al quale si vuol destinare; che il passaggio richiesto è il più conveniente e il meno pregiudizievole al fondo servente, avuto riguardo alle condizioni dei fondi vicini, al pendio e alle altre condizioni per la condotta, per il corso e lo sbocco delle acque."

Se ne può concludere, come è stato statuito (v. ad es. Cass. n. 9926/2004), che la situazione di interclusione assoluta è richiesta solo nei casi di esenzione di cui all'art. 1033, co.2 c.c. e non anche negli altri.

Quanto al luogo attraverso cui effettuare il passaggio, è stato più volte affermato dalla giurisprudenza che "nella servitù di acquedotto coattivo, la determinazione del luogo attraverso cui deve effettuarsi il passaggio delle acque non può farsi se non con riguardo alla concreta situazione di fatto, considerandosi di volta in volta gli elementi che devono concorrere alla scelta della situazione più equa con il temperamento dei contrastanti interessi, nei rispetto del criterio del minor pregiudizio per il fondo servente e della maggiore convenienza sia per detto fondo che per il fondo dominante" (v. ad es. Cass. n. 20992/2009 e n. 4021/1975).

Impianto idrico comune, singole proprietà e condominio

La servitù di acquedotto non è esclusa nemmeno in condominio, ad es. può capitare ad es. che tizio, nel modificare la propria proprietà necessita per i nuovi attacchi di dovere attraversare la proprietà di Caio. Si tratta però di ipotesi infrequenti.

In condominio, un'ipotesi più frequente di servitù connessa ad impianto idrico è spesso data dalla conformazione della costruzione degli impianti, in particolare quando l'impianto comune è situato nella proprietà esclusiva: ad es. nella situazione decisa dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 20218/2012, ove parte degli impianti comuni (centrale termica, autoclave e impianto di sollevamento delle acque luride) erano collocati nella proprietà di un condòmino, si decise che trattava dell'accennata costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia (conclusione simile nella sentenza della stessa Corte di Cassazione n. 14292/2017).

Differentemente è stato deciso sempre dalla Corte di Cassazione, ad es. nella sentenza n. 7761 del 2010, ove la qualificazione di parte comune degli impianti idrici che attraversavano la singola proprietà ha portato a sanzionare la chiusura dell'impianto operata dal proprietario, con impedimento dell'uso da parte degli altri, come uso illegittimo della cosa comune, in violazione dell'art. 1102 c.c. (che prescrive che tutti devono poter fare parimenti uso della cosa comune); (per tale via nella sentenza non si affrontò la questione relativa alla servitù per costituzione del padre di famiglia, ritenendola superata dalla declaratoria di condominialità dell'impianto e dall'applicazione della normativa ex art. 1102 c.c.)

Un'altra ipotesi di servitù legata agli impianti idrici può aversi nei molteplici casi di costituzione di condominio in seguito a modifiche della costruzione originaria: quando, in particolare, un edificio pensato inizialmente per un'unica proprietà, viene poi diviso: in tal caso, ove sussistano parti comuni secondo l'accezione di cui all'art. 1117 c.c., avremo un condominio; e, ove l'impianto comune o comunque destinato a servire un condomino passi sotto la proprietà dell'altro, potrebbe trattarsi di una servitù per costituzione del padre di famiglia ex art. 1062 c.c.: così ad es.

è stato deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 14657/2012, riguardante la divisione di un immobile e la successiva vendita a terzi di uno dei due immobili.

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