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Nulla la delibera condominiale che prevede una servitù nella proprietà del singolo condomino senza il suo consenso

Il consenso è un elemento imprescindibile al fine della costituzione di una servitù volontaria.
Dott. Dario Balsamo - Consulente Giuridico 

Il rapporto tra proprietà esclusiva e condominio e il rapporto tra le varie proprietà esclusive in condominio, sollevano non pochi problemi di corretta qualificazione giuridica. L'ipotesi del peso imposto a carico della proprietà esclusiva di uno dei condomini ed a favore del condominio, o viceversa, rientra, comunque, senz'altro nel campo delle servitù.

Brevemente, è utile ricordare, che la servitù è il peso imposto sopra un fondo per l'utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario (art. 1027 c.c.). Le servitù sono dette prediali, in quanto devono inerire strettamente al fondo a cui vantaggio sono stabilite.

L'utilitas (il vantaggio), deve riguardare prima di tutto la proprietà e con essa si trasferisce automaticamente (ove trascritta).

Altro requisito fondamentale è l'altruità del fondo servente rispetto a quello dominante, concetto espresso con l'espressione latina nemini res sua servit, ossia nessuno può asservire una cosa propria.

Ora, applicando tali concetti all'ambito condominiale, sorge spontanea una domanda: può dirsi ricorrente l'altruità del fondo, anche se gli appartamenti appartengono a persone che sono, a loro volta, contitolari delle parti comuni? Certamente sì.

Il principio nemini res sua servit trova applicazione soltanto quando un'unica persona sia titolare del fondo servente e del fondo dominante e non anche quando il proprietario di uno solo di questi sia comproprietario dell'altro, giacché, in tal caso, l'inter soggettività del rapporto è data dal concorso di altri titolari del bene.

Ne deriva che il suddetto principio non costituisce ostacolo alla costituzione di una servitù a carico di un immobile di proprietà individuale compreso in un edificio condominiale ed a vantaggio della restante proprietà comune. (Cass. civ., sez. II, 17 luglio 1998, n. 6994).

Altro elemento da evidenziare, in materia di servitù in condominio, è che, come asserito dalla Suprema Corte, nell'ipotesi di servitù costituita a vantaggio di un edificio condominiale, non si hanno tante autonome servitù a favore delle unità immobiliari in cui è diviso l'immobile, ma va ravvisata una sola servitù comune a tutti i partecipanti il condominio (Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1982, n. 6603).

Date queste brevi premesse, a parte le c.d. servitù prediali coattive le quali formano un numero chiuso, la costituzione della servitù sulle parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1108 co. 3 c.c., applicabile al condominio in virtù del richiamo di cui all'art. 1139 c.c., richiede il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio che sono titolari della facoltà di disporre del diritto di godimento del bene comune.

Differenza tra servitù volontarie e servitù coattive

Il consenso è quindi elemento imprescindibile al fine della costituzione di una servitù volontaria.

Ora, partendo da tale presupposto, è evidente come, a maggior ragione, la creazione di una servitù in un appartamento di proprietà esclusiva di un singolo condomino, non può avvenire senza il consenso espresso dell'interessato, soprattutto se in presenza di possibili soluzioni alternative.

Questo, in buona sostanza, quanto ha stabilito il Tribunale di Ascoli Piceno con la sentenza n. 357 del 15.03.2018, accogliendo il ricorso di una condomina.

La vicenda. Una condomina impugnava una delibera che aveva approvato l'installazione di una fossa settica per risolvere alcuni problemi di scarico all'interno del condominio. Il problema era costituito dal fatto chela soluzione prescelta e votata prevedeva il passaggio di alcune tubazioni all'interno di un ripostiglio di sua proprietà e l'installazione di pozzetti di ispezione da verificare periodicamente. Di qui la richiesta di dichiarare nulla o quantomeno annullabile la delibera condominiale.

Il Giudice, all'esito di una lunga fase istruttoria, ha ritenuto che la domanda attorea fosse fondata e meritevole di accoglimento, orientando la decisione in tal senso grazie, in particolar modo, alle risultanze della esperita CTU.

Difatti, tra i vari quesiti posti al CTU, vi era, sia quello di valutare se il progetto predisposto dal geometra incaricato dal condominio interessasse o meno la proprietà esclusiva della ricorrente e se la soluzione prospettata ed approvata dal condominio potesse o meno causare pregiudizio alla stessa, sia quello di accertare se la soluzione approvata dal condominio fosse l'unica possibile.

In particolare, l'attenta CTU redatta, segnalava, da un lato, che il progetto del geometra incaricato dal condominio, pur non compromettendo le condizioni igienico-sanitarie relativamente alla proprietà esclusiva della signora, comportava necessariamente per la medesima la creazione di una servitù e, nel caso della posa di eventuali "pozzi" di ispezione, anche l'obbligo di far accedere altri periodicamente alle sue proprietà, dall'altro, che il progetto approvato con la delibera assembleare impugnata non era l'unico possibile ne è il migliore.

Il CTU proponeva, infatti, una soluzione alternativa ed ottimale. Tale intervento avrebbe garantito di evitare interventi invasivi all'interno dell'edificio, agendo quasi esclusivamente su tratti di tubazioni esterne.

Diverso, ad esempio, sarebbe stato il caso in cui, la tubazione condominiale, fosse già presente nella zona sottostante il pavimento dell'appartamento. In questo caso, come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 14292/2017, la corrispondente servitù sarebbe sorta per destinazione del padre di famiglia nel momento in cui, l'originario ed unico proprietario dell'immobile che aveva dato luogo (con la predisposizione della tubatura) alla corrispondente situazione di fatto, ha venduto i singoli appartamenti, quindi, totalmente lecita e insindacabile dal singolo condomino.

Tornando al caso in esame, avendo individuato il CTU una soluzione alternativa che non comprometteva il diritto di proprietà di alcun condomino e pertanto sicuramente più valida di quella di cui alla delibera impugnata, la stessa, essendo lesiva del diritto di proprietà esclusiva avendo previsto la realizzazione di una servitù a carico della ricorrente senza il suo consenso, è da dichiararsi nulla. Sul punto, giova precisare, che sono nulle quelle delibere assembleari che siano prive di elementi essenziali, quelle con oggetto impossibile o illecito, quelle con oggetto non rientrante nella competenza dell'assemblea, quelle che vadano ad incidere su diritti individuali su cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ogni condomino, ed infine quelle invalide in relazione all'oggetto.

L'utilità della servitù e il diritto costituito sul fondo altrui

In conclusione, la domanda di parte attrice deve essere accolta ed alla soccombenza segue la condanna delle convenute al pagamento delle spese di lite in suo favore

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