Il caso.All'interno di una villetta a schiera scorrazza un simpatico cane che abbaia tutto il giorno (e la notte); nella villetta confinante, la proprietaria ha installato alcune videocamere di sicurezza puntate proprio sulle finestre del vicino.
Il proprietario del cane - denunziato dalla vicina per rumori molesti - ricambia denunciando che la signora di fronte ha tentando di ammazzare il suo cane con delle polpette avvelenate. A dimostrazione di ciò, deposita le riprese delle proprie videocamere. La querela viene poi ritirata e il procedimento penale si estingue.
Tuttavia, il proprietario del cane cita la vicina davanti al giudice civile e chiede il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa della querela e della lesione della propria privacy domestica.
Questi essendo i fatti, il Tribunale di Catania evidenzia anzitutto la netta differenza tra reato di illecite interferenze nella vita privata(art. 165-bis codice penale) e l'illecito civile di lesione della privacy.
Videosorveglianza e conseguenze penali. Il reato di illecite interferenze nella vita privata ex art. 165-bis c.p. si configura quando le telecamere inquadrano spazi altrui appositamente schermati dai proprietari in modo da escluderne la vista agli estranei.
Secondo la Cassazione,non sono punibili (e non possono, pertanto, dar luogo ad alcun correlativo risarcimento) "le videoriprese aventi ad oggetto comportamenti tenuti in spazi di pertinenza della abitazione di taluno ma di fatto non protetti dalla vista degli estranei, giacche? per questa ragione tali spazi sono assimilabili a luoghi esposti al pubblico" (Cass. n. 44156/2008).
Nel nostro caso i vicini non avevano schermato le finestre, rendendo così le stanze a queste prospicienti assimilabili a "luoghi esposti al pubblico".
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